C’è un Italia che non festeggia il Primo Maggio, un’Italia di cui l’Istat non parla
C’è un Italia malata fatta da giornalisti senza scrupoli, dei gufi pennivendoli, che allarma la popolazione sostenendo che tanti, troppi, italiani, arresisi ad una crisi inarrestabile, scelgono la via del silenzio e scompaiono in suicidi annunciati.
E c’è un Italia ottimista sicura d’avere lasciato alle spalle un momento di debolezza economica che ha visto un po’ di disoccupati ma che pian pianino li sta riassorbendo. Questa Italia si fa forte del fatto che l’Istat non registra più casi di suicidio dal 2012.
E siccome le statistiche sono fatte sui numeri del 2010 possiamo ben dire che da sei anni non si uccide più nessuno. Nessuna famiglia sconta il dolore della perdita del proprio caro. Nessun figlio ha da recriminare con uno stato assente ed inerte. Con politiche farlocche che inventano nomi nuovi da dare al vecchio precariato. Sistemi nuovi per ingannare il popolo con fredde statistiche dove gli avanzamenti dello 0,1% di occupati sono venduti come segno di ripresa e di controtendenza. Nessun prefetto, presidente di regione, assessore regionale, sindaco ha omesso di mettere in campo tutte le misure per debellare un così triste fenomeno. O no?
Girata la domanda all’ISTAT, l’ufficio stampa dell’ente risponde:- “E’ vero, dal 2010 non rileviamo e pubblichiamo i dati sui suicidi e sulle cause. Ma dietro questa scelta non c’è alcun intento di oscurare o minimizzare il fenomeno”.
Questa è l’Italia di Monti, Letta e Renzi. L’Italia della normalizzazione, dei mass-media simpatizzanti ed accondiscendenti, delle veline governative da leggere nei TG.
L’Italia di un Premier che ovunque vada a presentare le sue slide e i suoi slogan viene accolto da uomini, donne, operai, insegnanti ed ex lavoratori che, la sera nei riassunti dei TG diventano “ poche decine di manifestanti e sette/otto feriti tra le forze dell’ordine con 5/6 “ antagonisti “ segnalati alla Procura”.
Poi le foto restituiscono ragazzi e ragazze manganellati con visi insanguinati ma di loro non c’è traccia nei resoconti degli speakers.
Un sito, Crisitaly.org, segue la crisi e su questo aspetto la pensa diversamente: pubblicare quante più notizie sia possibile recuperare su i suicidi in Italia. E’ una tragedia leggere, giornalmente, l’elenco degli uomini e delle donne che si arrendono ad un presente che non offre più speranze per un futuro dignitoso.
C’è un paesino di poco più di seimila anime nel Cilento in provincia di Salerno: Camerota.
Qui, come ogni mattina, un uomo si è recato presso l’abitazione dell’amico con il quale avrebbe, per l’ennesima volta, tentato di racimolare, in giro per le campagne, un po’ di rottami da rivendere. Giusto il necessario per ottenere il denaro sufficiente a comprare qualcosa per la cena. Ma questa volta lo ha trovato impiccato sull’uscio di casa, con una coroncina del Rosario al collo e poche righe per la moglie e per la bambina verso cui sentiva di non potere essere più un padre e un marito amorevole, visti i continui “ non posso…”. Era l’ennesimo ex operaio che il Primo Maggio avrebbe compiuto 60 anni. E’ lui il nuovo simbolo della politica insensibile verso l’unico problema che in Italia sta chiedendo prezzi sempre più alti in termini di sangue, carne e speranze. E derubricare il tutto alla solita gufata sarebbe ignobile da parte di chi si crede gallo ed è soltanto un pollo.
Complimenti per l’articolo ma…
Siamo sempre lì.
Cosa fare per evitare ciò?