Stiamo assistendo alla distruzione del pianeta. Fermi, immobili, inermi.
Negli ultimi giorni il tema è tornato di moda in seguito a ciò che sta succedendo nel golfo del Messico. Il continuo scarico di materiali da parte dell’industria della carne, ha causato il proliferare di alghe giganti e fitoplancon, specie nocive per la fauna marina, che hanno causato la morte di oltre 23mila Km quadrati di oceano.
Guardando le immagini di zone come queste, nascono sentimenti contrastanti, di rabbia e tristezza, perché è proprio l’uomo, l’essere superiore che si distingue dagli animali per la capacità di ragionare, ad aver causato e soprattutto continua a causare tutto questo.
Per la prima volta dalla nascita della sua nascita, la Terra ha trovato una razza capace di influenzare così radicalmente il destino di tutte le altre.
L’indignazione per questa situazione non sta solamente all’interno di chi vi scrive, ma in milioni e milioni di persone, che quotidianamente si chiedono: di chi è la colpa?
Le risposte, ovviamente, sono innumerevoli, ed è molto difficile analizzarle tutte. Una cosa, però, si può dire con certezza; tutti fatti sono ricollegabili all’industrializzazione di certi paesi, facenti parte, per la maggior parte, all’area euro-nord americana.
Questa situazione scatena, nella testa di chi vi scrive, una miriade di domande, perché non è concepibile questo repentino cambio di valutazione che l’uomo ha fatto riguardo la natura.
Infatti, se torniamo indietro con la memoria ai tempi scolastici, non possono non riaffiorare tutte le odi , i quadri e musiche scritte in onere della grande madre, la Natura; quella madre che dava da bere e che dissetava , che dava il necessario per costruire una casa nel quale rifugiarsi in caso di pericoli.
Ora tutto è cambiato. Non la natura, lei è rimasta sempre fedele a se stessa; è cambiato l’uomo, la sua mentalità.
L’uomo, grazie alle sue immense doti intellettive, ha studiato, ha ragionato, e ha capito che la natura non è un gigante da rispettare e venerare, ma un qualcosa di fragile, facile da conquistare e da dominare. Ma non c’è solo questo.
L’industria, qualunque tipo essa sia, ha aperto gli occhi all’uomo; alla fatica dei campi, infatti, si è preferito il benessere della fabbrica, gli orari stabiliti, i guadagni sicuri e cospicui. Tutto ciò ha portato l’uomo ad allontanarsi dalla natura, a reputarla non più necessaria, visto che adesso ritiene di poter soddisfare da se tutti i bisogni necessari a vivere.
Si parla spesso di soluzioni, della necessità di fare qualcosa. Tutte queste dichiarazioni, però, sembrano essere solo frasi di facciata, visto che l’unica soluzione ovvia sarebbe quella di cercare di dare un freno a quel tipo di industria che giornalmente immette gas tossici nell’atmosfera o che disbosca migliaia e migliaia di boschi, e investire pesantemente sulle tecnologie che negli ultimi anni stanno dimostrando di essere rispettose della natura
Ma tutto questo, ormai, sembra essere diventato un qualcosa di incontrollabile; la grande industria non cesserà perché l’uomo è troppo attratto dal denaro, ed è disposto, in suo nome, ad un grande sacrificio.
Quello che però non ha capito è che ad essere sacrificata sarà proprio la razza umana, la razza superiore, che si sta avviando verso un inesorabile punto di non ritorno; e presto tutto il loro denaro sarà solamente il ricordo delle nefandezze che hanno compiuto contro il nostro meraviglioso pianeta.
Ma da quando siamo diventati così stupidi.
Francesco Merendino