Draghi l’antipopulista?
Che l’Unione Europea, e non solo, si trovi in una fase storica di deriva populista non è una sorpresa, ma che fosse la BCE, attraverso il suo sodale Draghi a prefigurarne l’uscita è sorprendente.
Eppure, in risposta a quel rifiuto cronico nei confronti della globalizzazione, nei confronti della fiducia per un mercato comune da parte della cittadinanza, è in programma una stretta monetaria che porterà ad un ridimensionamento della crisi.
I dettagli operativi della politica monetaria, illustrati da Mario Draghi, non sono che una netta risposta politica a quell’ondata antisistema.
Si prefigura così una fonte di responsiveness politica nuova, individuabile in un’istituzione monetaria, che pare operare al posto di chi di dovere, ove la classe dirigente mostra una netta incapacità di risposta.
Che sia l’ultimo baluardo contro il populismo? Difficile dirlo, ma affrontiamo per step i fatti.
Contesto sociale
Ove la morsa della crisi ha eroso più vittime, il populismo ha avuto maggior presa.
Questo credo sia il dato base e inconfutabile.
Cosa significa? Al di là di considerazioni per così dire più tecniche, che sia dal punto di vista procedurale che da quello sostanziale, la questione da comprendere è che nel momento in cui la crisi si è profilata nelle case dei più, si è aperta una caccia alla speranza senza eguali.
Speranza che si è perfettamente configurata nella voce di quei partiti e movimenti che parlavano più similmente alla cittadinanza.
Il fatto di poter insultare deliberatamente la classe dirigente, di cui poi tuttavia tutti vanno a far parte, diventa un catalizzatore di fiducia.
È la politica delle volgarità e delle frasi coatte, che nel loro essere spregiudicate e fuori dagli schermi, vengono considerate necessariamente oneste.
Nella ricerca della speranza, non esiste ratio.
È un po’ come quanto accade per la fede, un affidamento cieco, che si rivolge a uomini della provvidenza quasi, come si trattasse di un’entità, salvifica, superiore.
Il contesto, pertanto, risulta quello di frasi qualunquiste, delle volte dalle sfumature inquietanti e inneggianti a una xenofobia oltraggiosa, delle volte utopistiche e prive di cognizione pratica, seguite dalla massa quale l’ipse-dixit aspettato da anni.
I profeti dell’era parlano, e il nuovo oppio dei popoli si fa strada.
Una lezione di politica che ci portiamo dietro sin da Machiavelli. E che ci insegna che la virtù è, insieme, la capacità di calcolare conseguenze ed individuare soluzioni ottimali ad attuare progetti efficaci per il mantenimento del governo.
E con l’utopia, non si governa.
La BCE e Draghi questo l’hanno capito da un pezzo, e alle conversazioni a somma zero con la classe dirigente, hanno preferito passare all’azione.
Politica monetaria restrittiva
Draghi nell’annunciare l’azione che la BCE vuole attuare, parla di ritiro dall’attività di sostegno ai titoli del debito pubblico portata avanti negli ultimi due anni, cosa che andrà a determinare una minore liquidità del debito pubblico europeo.
La minore liquidità andrà a determinare un rialzo dei tassi di interesse, pericoloso sul fronte della stabilità finanziaria – la cui importanza mi pare inutile ribadire.
Fin qui, il discorso economico, può essere più o meno seguito. Emerge tuttavia a fronte di quest’azione un dato politico importante.
La BCE si è occupata fin’ora di attività di sostegno del debito pubblico. L’annuncio del ritiro nell’attività di sostegno dei titoli del debito pubblico, configura ancora una volta il pericolo del rialzo dello spread.
E l’instabilità finanziaria che questo tipo di politica potrebbe causare, è forse l’azione più spregiudicata realizzata negli ultimi anni.
Ma l’intento di Draghi è chiaro: ove, “con le buone” non vi è stato un adattamento alle politiche europee, sarà la coercizione e quel timore delle pericolose conseguenze a far vincere l’europeismo.
Machiavellico, indubbiamente. Che il timore induca all’obbedienza più dell’amore ce lo insegna Il Principe.
È tuttavia questo il modo di far rinascere l’Europa?
Di Ilaria Piromalli