La storia di Luigi Giacomo Passeri, da 10 mesi detenuto a Il Cairo e abbandonato dall’Italia

Giacomo Passeri

Quella che sta vivendo Luigi Giacomo Passeri, trentunenne pescarese detenuto da 10 mesi nel carcere Badr 2 de Il Cairo, è una vicenda che sembra essere senza via d’uscita. Arrestato in Egitto nell’agosto del 2023 per detenzione di cannabis mentre era in vacanza da solo, Giacomo si trova tuttora nel carcere della capitale egiziana. Oltre ad aver subito un intervento per appendicite senza aver ricevuto le cure adeguate, il cittadino italiano aspetta un processo che viene continuamente rimandato perché l’accusa non si presenta in tribunale. Così, da quasi un anno Giacomo ha pochissimi contatti con la sua famiglia e i suoi amici e ad oggi è stato solo illuso dall’ambasciata italiana, che da oltre 5 mesi non si interessa delle sue condizioni psicofisiche.

Luigi Giacomo Passeri: chi è il trentunenne italiano detenuto da 10 mesi in una delle prigioni più dure dell’Egitto

Come racconta ad Ultima Voce il migliore amico di Luigi Giacomo Passeri  Simone Andrenacci, la vita di Giacomo, nonostante i tantissimi ostacoli che ha incrociato nel suo cammino, prima del suo arresto in Egitto era una vita felice. Nato in Sierra Leone da padre italiano e madre sierraleonese, Giacomo è l’ultimogenito di cinque figli e in seguito alla guerra civile è tornato con la sua famiglia a Pescara. Cresciuto nella città adriatica, Giacomo è un ragazzo solare che, soprattutto dopo la morte del padre e fino al suo arresto, ha contribuito ad aiutare economicamente la sua famiglia, senza mai perdere l’allegria.

A un certo punto della sua vita, Giacomo si trasferisce a Londra, seguito dopo poco tempo da Simone e altri due amici, avvia una prosperosa carriera come pizzaiolo nella capitale inglese continuando ad aiutare economicamente la mamma rimasta vedova. L’estate del 2023 sembra essere la solita bella estate, con le ferie per tornare in Italia e le nuove mete da esplorare. Giacomo e Simone vanno in vacanza in Puglia, dopodiché Simone torna a Londra, mentre Giacomo, che aveva ancora una settimana di ferie di cui godere, resta qualche altro giorno in Italia per poi cogliere l’occasione e partire per l’Egitto grazie ad un’offerta last minute. Da allora, nessuno ha più notizie del pescarese.

L’allarme lanciato dalla famiglia e dagli amici all’ambasciata italiana è l’inizio di un’odissea

Giacomo Passeri non torna a Londra e non si presenta al compleanno di Simone, che comincia ad allarmarsi. Dato che Giacomo è descritto come uno spirito libero, poco social e avventuriero, che non è estraneo alle sparizioni temporanee, all’inizio la sua famiglia è poco allarmata. Simone, invece, capisce che c’è qualcosa che non va e decide di contattare l’ambasciata italiana a Londra.

Qualche giorno dopo, Simone viene ricontattato dall’ambasciata: hanno trovato Giacomo, è ancora in Egitto ed è stato arrestato il 24 agosto per detenzione di sostanze stupefacenti, si trova nel carcere Badr 2 a Il Cairo, ma sta bene. In seguito, l’ambasciata italiana consiglia alla famiglia di prendere un avvocato con una parcella da 70.000 euro per difendere Giacomo, oppure di procurarsi assistenza legale in Egitto. Non riuscendo a trovare l’esorbitante somma, i famigliari seguono un altro consiglio dell’ambasciata, cioè quello di procurarsi un avvocato del posto. Come rivela Simone:

Sicuramente abbiamo sbagliato noi perché ci avevano detto che gli avvocati in Egitto non sono affidabili, infatti così è stato, con le udienze del processo che vengono sistematicamente rimandate perché anche l’accusa continua a non presentarsi. Abbiamo sbagliato noi a fidarci dell’ambasciata italiana.

Dal racconto di Simone emerge infatti un comportamento ambiguo dell’ambasciata italiana: i funzionari, che all’inizio non dispongono di molte informazioni, rassicurano Simone senza dare ulteriori dettagli sullo stato di Giacomo perché non è un parente. Nel frattempo, Giacomo viene lasciato da solo in un Paese straniero per una dubbia accusa, da cui non può nemmeno difendersi, sta scontando una pena surreale in un ambiente estremamente pericoloso non solo per le pessime condizioni igienicosanitarie, ma anche perché si trova in una delle carceri più problematiche d’Egitto. In seguito, Simone scopre che Giacomo non sta bene come gli hanno fatto credere.



Il giovane pescarese, che racconterà a Simone di essere riuscito a farsi degli amici grazie al calcio, subito dopo il suo arresto viene operato per appendicite, in condizioni precarie, mentre la ferita stenta a rimarginarsi, dato che gli altri detenuti hanno cercato più volte di infettarla. Con l’aiuto dei nuovi alleati, Giacomo e Simone riescono a mettersi in contatto grazie a un’astuzia e, non senza difficoltà, si sentono tramite lettere un paio di volte al mese.

Le memorie dal carcere di Luigi Giacomo Passeri: da 10 mesi vive in condizioni disumane tra assassini e terroristi

Quella delle lettere di Giacomo è una narrazione difficile: al momento condivide la cella con più di 20 detenuti, senza sanitari in camera e con un’ora d’aria al giorno, che, come uno spiraglio di speranza, gli ha permesso di trovarsi dei compagni grazie allo sport e alla sua bravura nel calcio. Continua Simone:

Lui nel calcio è sempre stato fortissimo e si è guadagnato il rispetto dei detenuti anche grazie a questo suo talento. Ha dovuto stringere amicizia con persone che dentro il carcere hanno la possibilità di difenderlo. Nelle lettere, nonostante cerca di mantenere la positività per sopravvivere, a volte mi accorgo che la sua speranza sta morendo, vive in condizioni disumane, l’igiene è praticamente inesistente, condivide gli spazi con assassini e terroristi. Lui non è né un assassino né un terrorista, Giacomo è un bravo ragazzo che ha sempre aiutato la famiglia, è vero che è accusato di un grave reato in Egitto, ma quanto lo sta scontando, senza avere nemmeno la possibilità di difendersi?

L’ambasciata non aiuta, sono più di 5 mesi che nessuno si accerta delle sue condizioni di salute. Il fratello ha anche provato ad andarlo a trovare per vedere come sta, non gli è stato dato il permesso. Non ce la facciamo più, la famiglia è finanziariamente a terra a causa delle spese legali, l’ultima spiaggia è stata aprire una raccolta fondi su GoFundMe per trovare un avvocato che sia in grado di tutelare Giacomo. Avanziamo alla cieca, da soli.

Gli sforzi della famiglia e degli amici per riportare Giacomo a casa nel totale (dis)interesse delle istituzioni italiane

Il ruolo dell’ambasciata italiana è stato praticamente nullo: alcuni funzionari sono andati un paio di volte a trovare Giacomo in carcere, illudendolo che la sua pericolosa odissea sarebbe finita presto. In corso d’opera, qualcosa deve essere cambiato, perché nessuno si palesa più da Giacomo e alla famiglia viene chiesto di attendere un processo che viene reiteratamente rimandato, mentre l’unico consiglio fattibile dell’ambasciata, cioè quello di procurarsi un avvocato del posto, non ha fatto altro che peggiorare la situazione, già  estremamente delicata.

Ad amici e famigliari sta sorgendo quindi il lecito dubbio che ci sia un qualche interesse nel trattenere Giacomo Passeri, un cittadino italiano, in carcere a Il Cairo, come se fosse una merce di scambio. Infatti, a quanto pare l’Egitto ha accusato Giacomo di possedere una quantità di stupefacente estremamente improbabile e il fatto che l’accusa continui a non presentarsi alle udienze facendo rimandare il processo fa allontanare sempre di più la speranza di vederlo tornare sano e salvo in Italia, mentre il governo di Giorgia Meloni sostiene che il Paese governato da al-Sisi sia sicuro.

Ad oggi, Giacomo è praticamente un ostaggio in Egitto, la sua famiglia è stata lasciata da sola e l’unica possibilità delle persone che gli vogliono bene di rivederlo vivo è la solidarietà delle persone che contribuiranno alla raccolta fondi lanciata su GoFundMe con lo scopo di trovare un valido avvocato per Giacomo. Nel totale silenzio delle istituzioni, provare ad aiutare questo ragazzo è una questione di coscienza individuale, mentre chi dovrebbe curare gli interessi collettivi ha abbandonato lui, la sua famiglia e tutte le persone che gli vogliono bene.

Nella speranza che Giacomo possa riabbracciare presto la sua famiglia e i suoi amici, l’appello per le istituzioni è quello di tutelare i diritti di Giacomo, che sicuramente non merita né di essere trattato come una merce di scambio né di scontare una pena così pesante per un’accusa che in molte parti del mondo non è neanche un’accusa.

 

Aurora Colantonio

 

 

Exit mobile version