La lucidità terminale (in inglese terminal o paradoxical lucidity) è quel fenomeno per cui persone affette da forme gravissime di demenza (ad esempio malati terminali di Alzheimer) recuperano improvvisamente le proprie capacità mentali per poi morire a breve distanza. Il fenomeno è reale, non si tratta di una leggenda metropolitana, eppure non è mai stato indagato scientificamente, fino ad ora perlomeno. Ora è giunta notizia dalla facoltà di Medicina dell’università del Michigan di una ricerca pubblicata su Alzheimer’s & Dementia che fa il punto della situazione su quanto si sa del fenomeno.
La ricerca è il frutto dell’impegno di un gruppo di lavoro interdisciplinare organizzato dal National Institute sull’invecchiamento che fa parte dei National Institutes of Health (istituti nazionali di sanità) e condotto dal dottor George A. Mashour della Facoltà di Medicina dell’Università del Michigan.
Non siamo ancora alla spiegazione del fenomeno e del resto non è davvero quello il punto: delle persone morenti recuperano brevemente lucidità prima di passare a miglior vita? Buon per loro, almeno ottengono di salutare i parenti! La ricerca fa il punto su quanto sappiamo della lucidità terminale, su quanto ancora ignoriamo, fa delle ipotesi su possibili meccanismi coinvolti e mette in luce in maniera dettagliata quanto indagare questo fenomeno potrebbe essere utile alla ricerca sulle malattie neurodegenerative.
Eccolo il punto, per noi malattie come l’Alzheimer sono progressive e irreversibili, le terapie che stiamo faticosamente scoprendo servono a rallentare il processo, fin quasi ad arrestarlo (temporaneamente) nelle prime fasi della malattia, ma ciò che è perso è perso, indietro non si torna. Eppure quando parliamo di lucidità terminale parliamo di persone il cui cervello era praticamente andato che tra lo sbigottimento di familiari e operatori sanitari si “risveglia”, sembra strano che ci sia voluto tanto per concludere che sia qualcosa da indagare assolutamente.
Però non sarà facilissimo da attuare questo piano di studiare il fenomeno, quello che occorre è una valutazione precisa ed oggettiva del tipo di lucidità che viene riguadagnata, in altre parole servirebbe di lavorare con questi pazienti ma prima di tutto essendo il fenomeno imprevedibile risulta difficile da realizzare, inoltre già mi immagino la scena: “buongiorno signore, ben svegliato, anzi bentornato, comunque lei stirerà le gambe a breve, potrebbe per favore dedicare questi momenti di lucidità alla scienza? ” come minimo occorrerà studiare bene l’approccio ai potenziali soggetti dello studio.
Roberto Todini