Artista contemporaneo la cui poetica si rivela vigile, meditativa, “ostensoria” di una rivelazione. I suoi schizzi accennati sono un simulacro in cui tutto conduce ad un’attesa, un focus puntato sull’ideale, tratto dal peso gravitazionale della coscienza.
Guccione descrive il momento creativo assemblandolo al suo epilogo, l’introitus coincide con la chiusa, percorrendo un vero e proprio viaggio spazio-temporale che approda a un’espressione neo-figurativa. Come una catarsi che porta a un’epifania ontologica, che si purifica e salva attraverso l’habitus artistico. L’artista partendo dallo spirito rinascimentale, approfondendo il tratto romantico tedesco fino allo stilema espressionista, fonda una pittura senza tempo, in cui l’esito finale mai soddisfa appieno il pensiero antistante.
Guccione approda a un neo-concettualismo in cui la tempestività dell’intuizione, l’attimo in cui si disvela il celato si rivelano gli oggetti della sua indagine artistica. Egli è un abile disegnatore, il tratto è il suo stilema, core imprescindibile del suo costrutto artistico a cui risulta subordinato il colore.
Guccione sperimenta, spesso non porta a termine le opere, tenendole sospese, in attesa di una postuma risoluzione. Un’estetica del non finito, una ratio del vago, una profonda tensione verso la negazione. Questo atteggiamento denota un suo disagio interno, un suo timore verso ciò che è definito, certo e per questo perduto. L’unico elemento che accoglie come fondante e superiore, anche alla sua stessa realizzazione, è il pensiero a priori. Un idealismo marcato che fagocita tutto, inglobando la ricerca verso un perfettibile, essendo già perfezione l’idea stessa.
Il processo di “epifania” che si nasconde dietro ai soggetti viene colto dall’artista che lo profonde nel suo lavorio artistico, sebbene accennandolo, quasi trascendendolo, al fine di conferire al corpus quel tocco di misterico. Il senso del provvisorio intelaia in un tessuto connettivo i suoi quadri, dotati di una fibra persistente e intrisi di un’aura di disincanto.
Un’artista sui generis che ha sposato l’etica del paradosso, ma che è ligio al concetto di coscienza.
Costanza Marana