Lucha y Siesta sotto sfratto: una violenza istituzionale

Lucha y Siesta sotto sfratto dalla Regione

La Regione Lazio vuole porre la Casa delle Donne Lucha y Siesta sotto sfratto e con questa tutta la rete di coscienza culturale e politica femminista che le attiviste hanno creato da quindici anni.93 femminicidi in 9 mesi. Con questo dato si apre il comunicato pubblicato il 9 ottobre scorso per sottolineare quanto grave sia l’emergenza della violenza di genere. Il 25 novembre è la giornata internazionale contro la violenza maschile sui corpi delle donne e le attiviste di Lucha y Siesta non accettano una tale repressione nel nome della propaganda politica. 

Una storia di femminismo e autodeterminazione 

Quindici anni fa, le attiviste femministe della città metropolitana di Roma e dei suoi dintorni si sono unite in un progetto di occupazione di un’ex stabile. La struttura era un’inutilizzata e abbandonata rimessa dell’ATAC di Roma, in via Lucio Sestio, nel quartiere del Quadraro della Capitale. Lì hanno costruito uno spazio dedicato a sole donne, con un’assistenza fisica e telefonica 24 ore su 24, che oggi è in pericolo. La Regione Lazio, attraverso la proposta dell’assessora alle Pari Opportunità, Simona Baldassarre, ha deciso di porre Lucha y Siesta sotto sfratto, deliberando la decisione di procedere allo sgombero. 

Questo attacco può cancellare un’esperienza di quindici anni che aveva trovato, sotto la Giunta Regionale di Zingaretti, un compromesso verso il riconoscimento legale. Due anni fa infatti, invocando la legislazione sui Beni Comuni, l’istituzione regionale ha riconosciuto le mancanze del sistema socio-sanitario in materia di violenza e, d’altro canto, l’importante lavoro di cura e accoglienza di volontarie.

Il centro anti violenza, dall’occupazione del 2008, ha promosso numerose attività nei confronti del territorio e della sua popolazione, che stimolavano confronti politici. Presto, grazie alle attiviste femministe, Lucha y Siesta è diventata un punto di riferimento per tutte le donne vittime di violenza o di relazioni tossiche. È diventato presto il fulcro di dibattiti e attività culturali, campagne di sensibilizzazioni contro la cultura dello stupro e in favore a quella del consenso. Come anche ha sostenuto un’attivista dello spazio sociale, “la cura e la solidarietà sono le cose più importanti”. Proprio quella cura nei confronti dell’altra e quella solidarietà verso chi ha delle difficoltà sono oggi messe a repentaglio. Sfrattare Lucha y Siesta significa compromettere uno dei lavori indipendenti che, sul territorio di Roma, ha dimostrato di essere il più efficiente. 

“Se toccano Lucha, toccano tutt3”

La Casa delle Donne di Lucha y Siesta ha fornito tanti aiuti alla città di Roma, dando un sostegno costante e solido ad ogni soggettività che vivesse rapporti violenti. A livello culturale è altrettanto importante poiché ha saputo fornire, in questi quindici anni, strumenti di analisi sociologica, crescendo le nuove generazioni e cercando di rieducare quelle più anziane. Il fenomeno sociale femminista a Roma è riuscito a portare avanti una battaglia contro la violenza di genere ma la differenza è che non si è fermata al solo sportello di ascolto. Operatrici, psicologhe e attiviste si sono unite a questo progetto comune e si sono sostituite ad un servizio sanitario assente e sull’orlo del collasso e ad una giustizia che – sopratutto nei confronti delle donne – si è dimostrata incapace. 

Tante donne hanno infatti avuto l’opportunità di avere una vita dignitosa e di offrire lo stesso ai loro bambini. La grande rete romana di Lucha y Siesta è riuscita a offrire loro un tetto, un’accoglienza immediata, un lavoro: insomma, la possibilità di cominciare di nuovo l’esistenza, di voltare pagina. La Regione sta dimostrando che porre Lucha y Siesta sotto sfratto significa non riconoscere l’importanza che la struttura ha avuto e ha ancora riguardo al tema della riabilitazione dalla violenza e del diritto all’autodeterminazione. Chi vive quei territori e conosce la rete femminista sta portando avanti una forte protesta di piazza. Lo slogan più riportato tra i cori, gli striscioni e le foto sui social network è “Se toccano Lucha, toccano tutt3”. Significa appunto toccare e ledere tutte quelle soggettività che ogni giorno lottano contro la violenza sistemica e patriarcale di genere. 



Lucha y Siesta sotto sfratto: la miopia della Regione e la risposta delle solidali

Come anche scritto nel Comunicato della Casa delle Donne, Lucha y Siesta ha rappresentato un supporto nei confronti del Servizio Sanitario Nazionale. In molte situazioni, le ASL di Roma hanno fatto affidamento alle attiviste, in mancanza di equipe e personale socio-sanitario. Lucha y Siesta ha provveduto anche a spazi di dibattito ed educazione in scuole e università, come a La Sapienza, e ha garantito supporto medico in condizioni di gravidanza e parto. Grazie a questa forte spinta di attivismo autonomo da ogni influenza istituzionale, il movimento femminista si è allargato sempre di più, estendendosi in uno spazio più inclusivo con appartenenze diverse in materia di genere, classe e cultura. Oggi infatti si può parlare di una rete transfemminista

Lucha y Siesta ha veramente ascoltato Roma e la sua popolazione. Quella stessa fetta di popolazione subalterna sostiene con tutta la sua forza la condizione di Lucha y Siesta sotto sfratto, per rivendicare quanto è stato importante ascoltare i bisogni collettivi. La protesta infatti è contro una Regione che non crede veramente nell’autonomia della donna, ma che anzi cerca di imporre il proprio violento volere nei confronti di chi vuole essere libera. L’accusa nei confronti della Regione Lazio è infatti quella di essere miope, perché non in grado di osservare i miglioramenti di un territorio e i risultati positivi che una struttura autogestita ha saputo raggiungere. La miopia regionale e nazionale è anche quella che non riconosce quanto la violenza di genere, in Italia, stia dilagando esponenzialmente

Le mobilitazioni in vista dei prossimi giorni

Il 12 ottobre le attiviste e le solidali si sono trovate in una grande manifestazione di piazza, molto partecipata, per esprimere tutto il supporto a Lucha y Siesta. Riunite sotto la sede della Regione Lazio, hanno protestato contro la delibera e le sue eventuali conseguenze. La Giunta Regionale di Francesco Rocca potrebbe mettere a bando lo stabile e si pensa che, dopo la chiusura della Casa delle Donne, ci possa essere uno spostamento delle varie volontarie in altri centri antiviolenza e consultori. 

Presto ci saranno aggiornamenti, ma in ogni caso questo solo tentativo di chiudere il centro si è dimostrato un affronto contro il bene collettivo e il benessere delle donne. Ancora una volta, le istituzioni hanno dimostrato quanto siano più importanti le passerelle e le propagande politiche rispetto all’ascolto del territorio. 

Lucrezia Agliani

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