Il 3 settembre 1982 il generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, una delle figure più emblematiche nella lotta alla criminalità organizzata e al terrorismo, venne brutalmente assassinato insieme alla moglie Emanuela Setti Carraro e all’agente di scorta Domenico Russo. L’agguato avvenne nella città di Palermo e rappresentò un colpo devastante per il tessuto sociale e politico italiano.
Il 3 settembre 1982 rimarrà impresso nella memoria collettiva italiana come il giorno in cui venne tragicamente assassinato il generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, insieme alla moglie Emanuela Setti Carraro e all’agente di scorta Domenico Russo. Il tragico evento ebbe luogo a Palermo, precisamente in via Isidoro Carini, in un attentato che sconvolse l’intera nazione. Il generale Dalla Chiesa era una delle figure di spicco nella lotta contro la mafia e aveva un passato di impegno nella lotta al terrorismo, il che lo rendeva un simbolo della determinazione dello Stato italiano nella sua battaglia contro il crimine organizzato.
La sua tragica fine avvenne dopo soli tre mesi dal suo incarico in Sicilia, un incarico che lo portò a diventare una delle vittime più illustri del potente cartello mafioso. Il generale e la sua famiglia furono brutalmente colpiti da un commando mafioso mentre uscivano dalla Prefettura. Armato con Kalashnikov AK-47, il gruppo di fuoco mafioso non risparmiò né il generale né sua moglie, né l’agente di scorta che li accompagnava a bordo di un’Alfetta. Questo atto spietato ebbe un impatto profondo sulla società italiana, portando a una riflessione ancora più intensa sulla presenza e l’influenza della mafia nel Paese.
Le ultime parole del generale Dalla Chiesa suonarono profetiche e svelarono la sua consapevolezza delle minacce che lo circondavano. In un’intervista con Giorgio Bocca, il generale descrisse la sua situazione: circondato dalla mafia, osteggiato da varie parti, e privato dei poteri che aveva richiesto quando era stato assegnato a Palermo dopo i suoi successi nella lotta al terrorismo. Il suo impegno nella lotta contro la mafia aveva radici profonde, iniziando come giovane ufficiale dei Carabinieri a Corleone e continuando a Palermo negli anni ’60 e ’70. Successivamente, dopo l’assassinio di Pio La Torre nel 1982, Dalla Chiesa assunse il ruolo di super prefetto con l’obiettivo di smantellare la struttura militare di Cosa Nostra e di rompere le connessioni tra la mafia e la politica italiana.
Nonostante l’identificazione di un gruppo di fuoco di Cosa Nostra come responsabile dell’omicidio del generale, rimangono interrogativi e ombre sulle circostanze e le connessioni politiche che hanno circondato questa tragedia. L’allora procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso, sollevò dubbi sulla completezza delle indagini e sulla possibile esistenza di interessi interni alle istituzioni che avrebbero potuto contribuire all’eliminazione del generale. Questi dubbi sono rimasti senza risposta anche 40 anni dopo l’attentato, come sottolineato dai giudici della corte d’assise.
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L’uccisione del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa rimane un punto di riferimento nella lotta contro la mafia e un simbolo della tenacia e della determinazione dello Stato italiano nel combattere il crimine organizzato. La sua morte ha lasciato un segno indelebile nella storia italiana, un monito costante contro il potere oscuro della mafia e un richiamo all’importanza della giustizia e della legalità nella società.