Loss & Damage è il risarcimento per perdita e danni che il Nord del mondo dovrebbe destinare ai paesi vittime del cambiamento climatico. La Scozia fa da apripista. Sette milioni di sterline finanzieranno progetti per la resilienza del Malawi.
La Scozia prende sul serio le accuse mosse dai paesi del Sud del mondo nel corso della COP27 per i quali è responsabilità morale e finanziaria dei paesi occidentali risarcire per perdite e danni quanti ora soffrono a causa del cambiamento climatico. Un cambiamento climatico a cui la scozia non è estranea: due secoli fa fu pioniera della rivoluzione industriale, aprendo la strada alla disastrosa era del combustibile fossile. Ad oggi, pur non essendo più tra i maggiori emettitori di CO2 d’Europa, si fa carico del primo risarcimento danni da disastro climatico. A beneficiare del fondo, sette milioni di sterline in totale, sarà il Malawi stato sudafricano vittima in passato di violente alluvioni.
Chi rompe paga (?)
“Chi rompe paga” dice il proverbio, sintetizzando quello che in giurisprudenza chiamiamo “Risarcimento del danno”. Qualunque atto rechi danno ingiusto ad altri obbliga chi lo compie a risarcire la vittima. Ma cosa accade quando il colpevole non è identificato o difficilmente identificabile? È quanto accade quando ci spostiamo dal piano del diritto civile a quello del più globale fenomeno del cambiamento climatico. Ormai da anni le emissioni di gas serra sono aumentate, le temperature medie globali in rialzo e molti paesi, specie tra le zone più povere del mondo, vittime di un clima instabile. Di chi è la colpa? “Dell’Occidente” sentiamo dire spesso, ma non sembra una risposta sufficiente. Certo l’Occidente non è estraneo al problema ma è anche vero che non tutti gli Stati dell’emisfero Nord consumano ed inquinano allo stesso modo. Europa, Stati Uniti, Federazione Russa: nessuno di loro, preso singolarmente, avrebbe mai potuto produrre una crisi climatica di questa portata che pure, purtroppo esiste. Esiste e si manifesta in zone del mondo già provate dalla povertà generando violenza, instabilità politica e sociale, flussi migratori impressionanti. Sono le terze parti a far le spese del comportamento scellerato di un non ben identificato colpevole.
Che fare?
Loss & Damage
Ammettere che il risarcimento del danno non sia applicabile in questo caso non pare un’opzione possibile per quanti hanno partecipato alla COP27 d’Egitto. Entrato in agenda con il nome di “Loss & Damage” il tema è stato ampiamente trattato. Tutti i paesi partecipanti hanno concordato sulla necessità di discutere “disposizioni di finanziamento” per perdite e danni ai paesi vittime del cambiamento climatico. Perdite e danni da disastri climatici che la multinazionale delle assicurazioni AON, nel 2022, stimava intorno ai 227 miliardi di dollari.
Chi però dovrebbe farsi carico del risarcimento? Chi è il diretto responsabile della crisi climatica?
Certamente nessun singolo Stato occidentale avrebbe potuto causare danni tanto gravi. Il problema sta nel totale. Ciascuno di loro ha la responsabilità di rimediare per quanto gli concerne a quella quota, seppur minima, di danno che certamente ha causato attraverso emissioni e consumi. Nessuno di loro ha creato la crisi ma ha certamente contribuito a formare uno dei tanti tasselli che, sommati insieme, costituiscono la crisi climatica globale. Ed è suo dovere rimediare. È tempo che i singoli stati riconoscano quel pur minimo ruolo rivestito nella crisi e muovano un primo passo verso l’uscita dal problema. Un primo, piccolo passo che certamente non ci porterà al traguardo ma sicuramente ci toglierà dalla condizione di immobilità in cui versiamo.
Loss & Damage: l’esempio della Scozia
È una filosofia che la Scozia sembra aver perfettamente compreso. Pioniera della rivoluzione industriale, due secoli fa fu tra i paesi che aprirono la strada ai combustibili fossili, al loro uso e abuso in nome del progresso. Nonostante non sia, ad oggi, tra i maggiori emettitori occidentali, la piccola Scozia sarà il primo paese europeo a farsi carico del risarcimento danni di uno degli stati più poveri del mondo, il Malawi.
Vittima di lunghi periodi di siccità intervallati da devastanti alluvioni, l’80% della popolazione del Malawi migra regolarmente per trovare terreni più sicuri in cui abitare e lavorare. Un territorio martoriato e una popolazione sofferente verso la quale la Scozia ha rivolto lo sguardo.
Risarcimento milionario
Il governo scozzese, guidato dall’ala sinistra dello Scottish National Party, in coalizione con il Green Party, ha destinato fondi per un totale di £7 milioni a una serie di progetti volti ad aumentare la resilienza del paese sudafricano. Gran parte del fondo coprirà le spese per la ri-costruzione di villaggi distrutti dalle precedenti alluvioni, come Mambundungu, mentre £500 mila ridaranno vita alla scuola Mphatso, in Ngabu, distrutta da un’alluvione nel 2022. Barriere contro le alluvioni si dirameranno per ben sette chilometri lungo il fiume Phalombe arrivando a proteggere persino il cimitero di Mbenje.
Lode alla Scozia, dunque, ma c’è un altro aspetto interessante da dover sottolineare. Un aspetto che il presidente Lazarus Chakwera ha colto perfettamente
“Spesso quando si forniscono soldi per “aiutare la popolazione in difficoltà” il fondo cessa nel momento in cui l’emergenza passa”
commenta
“Ma noi non stiamo affrontando alcuna emergenza. Questi fondi rappresentano la volontà di un Paese ricco di prendersi le proprie responsabilità circa i danni del cambiamento climatico. Rappresentano la possibilità di realizzare quei progetti di resilienza a lungo termine di cui tanto parliamo”.
Loss & Damage: non la solita paternale
Con un solo colpo, la Scozia prende su di sé parte della responsabilità della crisi climatica che, se non ha costruito, ha certamente contribuito a creare. Lo fa destinando fossi che nel lungo periodo aiuteranno il Malawi ad essere resiliente, scrollandosi così di dosso quel fastidioso modo tutto occidentale di fornire aiuti rivestiti di sano paternalismo a quanti ne hanno bisogno. Un piccolo passo della Scozia, che, si spera verrà emulato al più presto.
Segnali incoraggianti vengono dall’Austria, Belgio, Danimarca e Germania, ma non è abbastanza.
“Serve una tabella di marcia chiara che rifletta la portata e l’urgenza della sfida”
sostiene Antonio Gutierrez, segretario delle Nazioni Unite
“il risarcimento del danno è un imperativo morale; una questione di solidarietà e giustizia climatica”.