Lontano dagli occhi (People, 2021) di Matteo de Bellis, ricercatore di Amnesty International, ricostruisce con precisione e lucidità l’evoluzione delle politiche migratorie messe in atto dall’Italia nel Mediterraneo. Un testo prezioso per comprendere la sostanziale continuità nella logica perversa e disumana che ne sta alla base. Ma che contribuisce anche a far conoscere alcune delle migliaia di storie e dei nomi dietro l’esperienza spesso tragica della migrazione.
Percezione e strumentalizzazione del fenomeno migratorio
Sebbene il fenomeno migratorio sia ormai da anni al centro dell’attenzione pubblica in Italia, non ci sono segnali di miglioramento per quanto riguarda la gestione dei flussi, il sistema di accoglienza dei migranti e la condivisione delle responsabilità europee. L’approccio emergenziale e la continua strumentalizzazione politica e propagandistica sembrano piaghe inestirpabili dalla retorica del discorso pubblico, nel nostro paese come altrove. Come sottolinea de Bellis, le politiche adottate dall’Italia si basano su una percezione distorta, spesso consapevolmente esagerata del fenomeno migratorio.
Viziate in partenza dal pregiudizio e improntate a far leva sul diffuso sentimento di paura, le norme in materia che si sono succedute negli anni hanno registrato un complessivo fallimento. Molto chiaro dal punto di vista umanitario e sociale, ma anche, a voler considerare le cose in maniera cinica, dal punto di vista dei risultati auspicati. Le migrazioni infatti non sono diminuite in maniera sostanziale e definitiva.
È evidentemente erroneo, come sottolinea l’autore di Lontano dagli occhi, l’assunto di partenza. Percepire le migrazioni come un problema da risolvere non è solo sbagliato, ma anche inefficace.
“Finché continuiamo a interpretare le migrazioni come problema, crisi o emergenza, non possiamo stupirci che le soluzioni politiche messe sul tavolo restino di carattere escludente e securitario”.
L’approccio opposto, sostenuto dal ricercatore, consiste invece nel considerare le migrazioni innanzitutto come un fenomeno connaturato all’essere umano. A partire da qui, è possibile intuire che le migrazioni, “se gestite in maniera saggia, possono offrirci strumenti per risolvere problemi, piuttosto che ulteriori problemi da risolvere”.
Le politiche migratorie in Italia
Lontano dagli occhi ripercorre le tappe più significative (e più tragiche) delle politiche italiane in materia di migrazioni, soprattutto nel Mediterraneo centrale. Restituendo anche il contesto politico di riferimento, de Bellis inquadra con meticolosità le decisioni e le logiche che hanno portato a stabilire il quadro normativo. Un viaggio che comincia riportandoci indietro all’Italia di vent’anni fa e che ci fa comprendere quanto le cose non siano affatto cambiate in meglio da allora. Sebbene non sia stata la prima a disciplinare la materia, la cosiddetta legge Bossi-Fini del 2002 viene ricordata come uno degli interventi normativi più significativi e scellerati per quanto riguarda le politiche di immigrazione.
Il problema principale di questa legge consiste nella volontà di limitare il più possibile l’ingresso di persone migranti nel nostro paese, criminalizzando lo status irregolare. Tra le decisioni più discusse ci fu quella di circoscrivere la possibilità di ingresso a persone già in possesso di un contratto di lavoro in Italia. La legge rifletteva perfettamente la volontà, non solo italiana ma anche europea, di ridurre al minimo i canali legali d’immigrazione, confidando erroneamente sull’effetto di deterrenza.
La “cooperazione” con la Libia
Una seconda strategia adottata per contenere i flussi migratori fu quella di instaurare rapporti di cooperazione con paesi extra-comunitari da cui i migranti transitavano. Esemplare in questo senso è il caso della Libia. Fu in particolare Silvio Berlusconi a intessere un rapporto strumentalmente amichevole con il colonnello libico Mu’ammar Gheddafi. Egli rappresentava la soluzione al “problema” dell’Italia e dell’Europa e fu lautamente finanziato nella sua “caccia allo straniero fondata su arresti e deportazioni di massa”.
Queste azioni di forza, invece di allontanarli, convinsero i partner europei che Gheddafi fosse un leader affidabile, su cui puntare per chiudere la rotta del Mediterraneo centrale.
La strategia era semplice e chiara: affidare il lavoro sporco a un attore extra-europeo per salvare la “fortezza Europa” da arrivi indesiderati. Altrettanto lampante era però la minaccia di ricatto che un accordo di questo tipo poteva comportare.
L’Italia peraltro, non si limitava a finanziare la Libia. Attraverso pattugliamenti congiunti fu in prima linea per almeno un anno nell’intercettare i migranti in mare e ricondurli in un paese evidentemente non sicuro. In seguito al ritiro del personale italiano nel 2010 le forze libiche continuarono la propria attività con anche maggior libertà di manovra.
Mare Nostrum
La situazione si complicò nel 2011 quando scoppiarono le rivolte in Libia e il paese sprofondò nel caos. La situazione dei centri di detenzione libici divenne ancora più infernale e le richieste di riscatto per i migranti imprigionati divennero prassi comune. Al prolungarsi della crisi libica corrispose anche un aumento dei naufragi dei migranti in mare. In particolare quello avvenuto il 3 ottobre 2013 a Lampedusa, che causò 366 vittime, provocò grande indignazione. Venne quindi lanciata l’operazione militare e umanitaria Mare Nostrum, allo scopo di effettuare il maggior numero possibile di salvataggi. L’operazione non mancò di suscitare polemiche, specialmente in merito ai costi e al cosiddetto “pull factor”. In sostanza l’argomento era: più migranti si salvano, più ne arriveranno. Tralasciando ogni considerazione morale su una tesi del genere, i dati dimostravano la sua falsità.
Il Memorandum d’intesa
Il Memorandum d’Intesa con la Libia del 2017 non modificò la direzione adottata fino a quel momento. Con questo documento si ripristinava la collaborazione tra i due paesi, in continuità agli obbiettivi precedentemente fissati. L’Italia si impegnava a rafforzare la Guardia costiera libica e riconosceva la legittimità dei “centri di accoglienza” per i migranti. De Bellis ricorda che si tratta in realtà di “centri di detenzione dove adulti e bambini venivano rinchiusi a tempo indeterminato – senza alcuna tutela legale, senza alcun pronunciamento di un giudice, senza la possibilità di fare ricorso – in palese violazione del diritto internazionale. Luoghi di torture e abusi sistematici, nei quali stupri e pestaggi erano all’ordine del giorno”.
Questo è solo uno degli aspetti critici del Memorandum che, come spiega l’autore, riflette l’enorme pressione politica del momento. La “difesa della frontiera” a tutti i costi fu alla base di questo accordo e delle violazioni dei diritti umani che legittimava. A corollario di questa strategia, non restava che limitare e demonizzare la presenza delle ONG in mare.
“Porti chiusi”
È bene ricordare l’arrivo al Viminale di Matteo Salvini, per quanto accompagnato da una retorica violenta e inaccettabile contro i migranti e le ONG, non comportò una discontinuità. “Il messaggio del ministro Salvini – “portate le persone soccorse dove volete, ma non in Italia” – era decisamente in linea con la strategia Minniti, che puntava a delegare i salvataggi ai libici e che, per farlo, non aveva esitato ad aprire la stagione della caccia alle Ong”.
De Bellis sottolinea che gli strumenti di cui Salvini poté servirsi nella sua “battaglia” erano già stati ampiamente predisposti dal governo precedente. Questo non significa minimizzare le sue responsabilità, basti pensare ai “decreti sicurezza”. Ma è un dato importante da tenere a mente per comprendere che i problemi dell’Italia nella gestione delle migrazioni non iniziano (e soprattutto non finiscono) con la presa del potere di determinate parti politiche. Le criticità sono trasversali e, come si è detto, transnazionali.
La logica dell’esternalizzazione delle frontiere è stata e continua ad essere avallata anche a livello europeo. La cooperazione con la Libia continua ad avere luogo, con tanto di ringraziamenti da parte del premier Draghi. Nonostante le reiterate denunce da parte delle organizzazioni internazionali e dei giornalisti, l’Italia e l’UE preferiscono sorvolare sui trattamenti inumani a cui sono sottoposti i migranti. Le ondate di indignazione ciclicamente sollevate dalle morti nel Mediterraneo e dalle torture nei centri libici sono effimere, se non inutili.
Senza un ripensamento complessivo e un’unità di vedute sulla questione migratoria, continueremo a piangere su tragedie annunciate. Per questo motivo un testo come Lontano dagli occhi è fondamentale per prendere coscienza degli errori del recente passato. Approfondire la questione è essenziale per non cadere nel tranello della retorica politica e di operazioni di maquillage che nulla cambiano nella sostanza.
I canali su cui agire sono tanti: dalla cooperazione internazionale alla politica europea dei visti, fino al sostegno delle operazioni di salvataggio. Una riflessione sul diritto alla mobilità, sul sistema di accoglienza e sulle disuguaglianze sempre più acute che spingono alla migrazione non può più essere rimandata.
Giulia Della Michelina