L’emblema della Coscienza ha infervorato le menti di illustri scrittori e poeti; essa ha tormentato e sublimato allo stesso tempo la qualità artistica delle loro opere. La signora Consapevolezza che rimorde l’animo, ma che ancora lo spirito al necessario, costituisce un dono, di cui l’individuo spesso soffocato dal peso insostenibile, si dibatte cercando di liberarsene.
Dalla dialettica colpevolezza-redenzione di Fëdor Michajlovič Dostoevskij, allo “stream of consciousness” di Joyce, alla sfumatura della concezione dei classici che tocca il senso dell’onore, all’accento “evolutivo” di Nietzscthe, fino al sarcasmo di Longanesi che la descrive quale “impedimento che giunge all’inevitabile accordo” (“come con il fisco”).
Nell’immaginario comune il riferimento immediato è alla “Coscienza di Zeno”, romanzo esemplare di Italo Svevo che è un capolavoro stilistico proprio per la straordinaria aderenza alla realtà che lo scrittore coltiva. Ciò che rende interessante questo testo è il contradditorio costante tra le varie anime dell’autore. Il dilemma autobiografico riecheggia il suo stilema vitale animato dall’insofferenza di velleità artistica e il pragmatismo del quotidiano. Svevo spesso si dipinge quale non avvezzo ai dettami concreti della vita reale, esprime sconforto all’idea di una misera vita da impiegato affogata nel gorgo della mediocrità, ma in realtà testimonianze riportano che egli fosse comunque un uomo dotato di un forte spirito pratico, di una coscienza lucida che lo portava a saper dominare anche il reale e non ad esserne solo “padroneggiato”.
Questo è il lusso dei grandi scrittori che dell’arte fanno la propria vita, ma non si perdono in essa senza avere la Consapevolezza. La dialettica tra Sublime e Reale, mai deve spegnersi accontentando l’uno aspetto a scapito dell’altro aspetto. L’ironia sgorga dalla coscienza e avvalora la nostra essenza, questa è una delle tante lectio magistralis dell’avveduta letteratura di Svevo.
“Del senno di poi si può sempre ridere e anche di quello di prima, perché non serve.”
“A differenza della altre malattie la vita è sempre mortale. Non sopporta cure.”
Costanza Marana