L’omicidio di Antonino Scopelliti, un giudice che pagò cara la sua vita nella lotta contro Cosa Nostra

Antonio Scopelliti

Il 9 agosto ricordiamo la morte di Antonino Scopelliti, un magistrato che si rifiutò di sottostare al giogo della mafia siciliana.

Il Giudice solo

Era il 1991 quando l’ennesima toga finì nel mirino della criminalità organizzata. Precedentemente lo stesso destino era toccato a Rocco Chinnici, ideatore dei pool, Rosario Angelo Livatino, Alberto Giacomelli e molti altri. Si trattava di Antonino Scopelliti, il Giudice solo come spesso lo chiamavano le persone che lo conoscevano. Non per caso aveva questo soprannome. Lui stesso infatti definiva così la sua professione:

«Il giudice è (…) solo, solo con le menzogne cui ha creduto, le verità che gli sono sfuggite, solo con la fede cui si è spesso aggrappato come naufrago, solo con il pianto di un innocente e con la perfidia e la protervia dei malvagi. Ma il buon giudice, nella sua solitudine, deve essere libero, onesto e coraggioso».

Parole dense, che alludono al suo esitante, ardito e diligente esercizio del sentenziare, ma anche all’indipendenza istituzionale che dovrebbe caratterizzare la magistratura. Parole che lo portarono a morire. Scopelliti infatti faceva troppo bene il suo lavoro, non abbassava mai la testa e si batteva per la libertà, la dignità e la giustizia delle persone.

È a questa citazione pertanto che dovremmo ispirarci per una vita migliore all’insegna del coraggio di dire no alla mafia. Con questo fine ripercorriamo la sua biografia per capire bene cosa ha significato il suo lavoro.

Antonino Scopelliti: formazione e carriera professionale

Scopelliti nasce a Campo Calabro, una cittadina in provincia di Reggio Calabria, il 20 gennaio 1935. Studia al liceo classico e a ventun anni ottiene la laurea in giurisprudenza. Tre anni dopo supera un concorso in magistratura e diviene uditore giudiziario. Lavora prima al Tribunale di Roma e poi a Messina. Successivamente è Vice Pretore presso la Pretura di Roma.

Qui si fa subito notare dal Magistrato d’Appello, che in un rapporto redatto per l’ammissione di Scopelliti all’esame pratico per la nomina di Aggiunto Giudiziario a Bergamo scrive:

«[Scopelliti] ha presieduto n. 10 udienze e redatto complessivamente n. 34 sentenze. Dalla redazione delle sentenze, di cui talune importanti per le questioni di diritto processuale civile e di diritto civile che risolvevano, risulta che (…) possiede un’ottima cultura giuridica e una precisa conoscenza della giurisprudenza».

Notevoli qualità che gli permisero di sostenere la prova e superarla. Ha così il trasferimento alla Procura della Repubblica nella città lombarda in qualità di Sostituto Procuratore della Repubblica.

Lì svolge con successo un’attività investigativa e assicura alla giustizia i membri della Banda Cavallero, autrice di numerose e sanguinose rapine in diversi istituti di credito del Nord. Per questo il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Brescia gli dedica un encomio. Afferma:

«(…) Ho potuto rendermi conto del Suo zelo, e di quelle particolari attitudini alle funzioni del P.M. (Pubblico Ministero), denominate intelligenza, intuito, prontezza, che i Suoi superiori sempre le riconobbero, nell’affidarLe compiti di speciale rilievo».

E non solo: lo promuove a Magistrato di Tribunale nel capoluogo lombardo. Nel rapporto informativo della promozione mandato ai suoi superiori osserva:

«[Scopelliti] Ha confermato vieppiù le sue doti di Magistrato veramente valoroso messe in evidenza nei rapporti precedenti. Ha intuizione rapida ed acuta, profonda preparazione dottrinale e giurisprudenziale. (…) Dotato di facile, forbito eloquio, impronta le sue requisitorie ad alto senso di umanità ed equità, fornendo un contributo determinante nella soluzione dei processi…. (…) Gentile, serio, dignitoso, esemplare nella vita pubblica e privata, instancabile nel lavoro, ha saputo accattivarsi le simpatie ed il rispetto dei Magistrati, del Foro, dei Funzionari e del pubblico che in lui vedono un Giudice di particolare prestigio».

Con il nuovo incarico, Scopelliti si dedica a delicati procedimenti giudiziari, con diverse attestazioni di apprezzamento di notevole rimarco. Sostiene infatti la pubblica accusa nel procedimento nei confronti della Banda Cavallero e si occupa del processo a carico di Mario Capanna per il sequestro del professor Pietro Trimarchi, docente dell’Università Statale di Milano.

Le sue doti professionali riceverono persino dei complimenti dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Milano che, nell’apprendere dell’imminente trasferimento del magistrato alla Procura della Repubblica di Roma, sottolinea come…

«(…) questo Consiglio abbia più volte ritenuto giusto il compito di esprimere – in una leale collaborazione – meditate opinioni (raccolte con ogni scrupolo di prudenza) che, talora, sono manifestate con consapevoli critiche: ma proprio per tale ragione crede sia anche giusto renderLe nota la generale stima di cui il dott. Scopelliti gode nell’ambiente forense milanese. Di qui la ragione di rincrescimento ancor maggiore per la di Lui partenza; non disgiunta dalla speranza – i cui sensi soprattutto desideriamo indirizzare direttamente al dott. Scopelliti – di un Suo ritorno tra noi: campanilisti – se pure con tutta cordialità, come sempre – noi vorremmo proprio che la Curia milanese annoverasse sempre tra le sue file i migliori».



A Roma Antonino Scopelliti si insedia per poco tempo come Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale dell’Urbe per poi tornare a Milano.

Dopodiché assume vari ruoli nel Tribunale della città finché non diventa Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione della metropolia. A questo punto nella sua carriera…

«(…) ha luminosamente confermato nelle delicate funzioni di legittimità le doti di seria e profonda conoscenza del diritto, intuizione giuridica nella risoluzione dei problemi interpretativi, studio completo ed accurato dei singoli procedimenti al suo esame, assoluta indipendenza e imparzialità di giudizio, equilibrio e alto senso di responsabilità, grande capacità oratoria e signorilità di comportamento. (…) Altrettanto eccezionale in termini quantitativi è stato [poi] il suo apporto all’ufficio sia per il numero di udienze a cui ha partecipato sia per il numero di requisitorie scritte elaborate per la Camera di Consiglio della Corte di cassazione».

Arriva quindi a interessarsi di terrorismo e criminalità organizzata e a rappresentare la pubblica accusa in alcuni giudizi su fatti eclatanti, come la strage di Piazza Fontana, la strage di P2 e l’omicidio dell’onorevole Aldo Moro e della sua scorta.

Segue inoltre i processi per la morte del Consigliere Istruttore Rocco Chinnici e della sua scorta. Infine è chiamato a fare il giudice nel maxiprocesso a Cosa Nostra, che lo assissinerà brutalmente il 9 agosto 1991 dopo averle rifiutato una richiesta di difesa.

Una data e un omicidio che non passarono inosservati

Giovanni Bianconi ne L’assedio scrive:

«(…) Quando arrivò la notizia dell’omicidio Scopelliti, Falcone era in ufficio (…), andò sul posto, insieme al ministro Martelli, al quale confermò la propria convinzione:

 

Questa non è una questione calabrese. Qui c’entra la mafia e c’entra il maxiprocesso.

 

Ancora una volta lo Stato fu costretto a radunarsi intorno alla bara di un magistrato assassinato. (…) Quando tutti ripartirono, il piccolo centro della Calabria si ritrovò chiuso per lutto e abbandonato come prima che ammazzassero quell’illustre concittadino che aveva studiato e indossava la toga, s’era fatto strada fino a Roma ed era tornato a morire nella sua terra. A colpi di fucile caricato a pallettoni (…)».

In effetti in seguito si scoprì che Cosa Nostra aveva dato ordine all’Ndrangheta di assassinare il giudice.

Come per Falcone, anche la fine di Scopelliti dovrebbe lasciarci un segno, soprattutto l’orma di un uomo che si batteva per l‘equità della giustizia al di là della paura e dell’opportunismo. Ha sempre cercato di andare a fondo nelle questioni giuridiche e di cercare la verità. Lo stesso dobbiamo fare noi, dicendo con audacia no alla mafia e combattendo contro di essa approfondendo e divulgando le nostre conoscenze sull’argomento.

Nicola Scaramuzzi

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