L’ombra lunga della destra

È lunga come l’ombra di un palo a mezzogiorno del 21 dicembre, giorno del solstizio d’inverno, così lunga che ricorda quella che aveva drammaticamente iniziato a distendersi oscurando l’Europa il secolo scorso. È l’ombra della destra, che nel suo cammino verso la massima estensione, finisce inesorabilmente per coinvolgere un numero crescente di persone, talvolta eterogenee per status sociale, ma comunque tutte disposte, per diversi motivi, a far germogliare il seme di quei fiori lunari, che come le ipomee sono velenosi per natura.




Gli affascinati di quella ideologia, si mostrano anche con apparente garbo ed eleganza, non indossano tutti la medesima divisa accompagnata dall’espressione arcigna sul volto, tipica di quei uomini in perenne battaglia o dalla fronte sfuggente e troppo bassa dei “delinquenti nati” dipinti da Cesare Lombroso. La maggior parte resta silente, in eterna attesa e talvolta assume anche caratteristiche camaleontiche, riuscendo ad infilarsi anche nei luoghi dove certi valori, non solo sono sconsigliati, ma decisamente censurati, condannati e vietati. Alcuni sono anche ignari delle proprie idee, confondendole con i sentimenti e le emozioni, eppure quel richiamo atavico di superiorità e supremazia è sempre lì, se pur sedato, in attesa di emergere dichiarando la sua ragione d’essere.

In un perenne conflitto tra il Sole bianco e il Sole nero, è ancora una volta l’Austria a stupire per la nascita di una destra estrema consolidata anche da un responso partecipativo di assoluta importanza, dove Hofer ha sfiorato di vincere le presidenziali, dopo aver conquistato il 35% al primo turno; ma la lista è lunga e coinvolge prima di tutti l’Ungheria dove il Primo ministro Orban guida il Paese dal 2010 sulla base di un eccezionale 44% e prosegue con gli esempi dei nuovi populismi trasformati, che in Polonia è rappresentato dal partito di diritto e giustizia di Kaczynski, che possiede la maggioranza dei seggi in parlamento, per poi proseguire con la politica anti immigrazione che governa la Norvegia con Jensen e i conservatori, fino ai tentativi sfiorati di Le Pen in Francia e a quelli caserecci nostrani rappresentati principalmente da Salvini (con la simpatia crescente del Movimento cinque stelle e delle compagini estremiste, che tenteranno ancora una volta, accodandosi, l’entrata in Parlamento).

Il clima è questo e cresce da anni. Complice di questa situazione è la disunità Europea, rea di aver generato disuguaglianze e scontenti tra i Paesi che negli anni vi hanno aderito. A mio avviso un’unità non può essere solo economica e non possono amalgamarsi tra di loro volontà distanti e ancora lontane dai valori intrinsechi ad una democrazia che possa definirsi tale. Ce molto lavoro da fare e non bisogna prendere sottogamba il clima di esasperazione che sta inquinando alcuni Paesi, tra i quali l’Italia.

Non sono secondarie le dichiarazioni recenti di due esponenti del PD, una di un consigliere comunale (fortunatamente subito sospeso), Diego Urbisaglia, reo di uno slancio mediatico di odio gratuito verso Carlo Giuliani, e l’altra della Prestipino che parla di “difesa della razza” come sostegno alle mamme. Entrambi si sono scusati delle loro sciocchezze, ma le scuse in questi casi, lasciano il tempo che trovano e le sciocchezze, talvolta, hanno un retrogusto pericoloso, soprattutto quando a dirle o a compierle non sono bambini, ma adulti, per di più con responsabilità politiche.

Non secondaria poi, è l’evidenza di come la confusione abbia ormai offuscato anche i limiti morali delle distinzioni di appartenenza politica. Se non è più chiaro dove stare e cosa pensare e dire per il membro di un partito, come può esserlo per un normale cittadino?

Sull’immigrazione sono stati fatti errori macroscopici dal Governo Renzi, e tutta quella parte populista e avversa al governo (prima di Renzi e ora di Gentiloni), ne sta traendo gioia e occasione per alimentare i propri consensi attraverso lo spargimento di una rinnovata intolleranza e attraverso l’aumento del senso di frustrazione tra i cittadini con più difficoltà. Allo tesso modo l’Europa sta abbandonando l’Italia in questa tragedia quotidiana e ha fatto bene il Presidente Mattarella, ieri, quando finalmente ha deciso di bacchettare chi irresponsabilmente, oltre ad abbandonare il nostro Paese, ci ha invitato, come l’Austria, ad atteggiamenti di indifferenza (e disumanità) nei confronti dei migranti, anche utilizzando squallide e velate minacce, che sembrano i capricci isterici di avventori di bar, che bisticciano su una partita di calcio.




L’Italia deve alzare la voce e deve mettere l’Europa davanti le sue responsabilità, compresa la Germania, che l’ha fatta da leone con la Grecia, scordando come i suoi governi nell’ultimo secolo, hanno per tre volte evitato di pagare la totalità dei loro debiti: la prima volta nel ’24, attraverso un prestito obbligazionario americano, poi allungato a dismisura nel ’28 e completamente abbandonato dal ’33 per mano dei nazisti; poi dibattuto nel ’53, con la conferenza di Londra, quando il debito della seconda guerra mondiale venne dimezzato di due terzi, ma che nel 1990 con la riunificazione, la Germania si scordò nuovamente di pagare, e così i danni dell’occupazione tedesca durante la seconda Guerra Mondiale, non sono mai stati pagati, tantomeno alla Grecia.

Come un secolo fa, le forme estreme incarnate dalle destra, hanno bisogno di una crisi economica, di una crisi morale e di un capro espiatorio. Tutte le caratteristiche, come carte coperte, sono state rivelate e nuovamente disponibili sul tavolo da gioco e i rischi purtroppo li conosciamo già. C’è solo un fattore determinate ad impedire che la partita sia vinta sulla base dei punti ottenuti attraverso l’utilizzo di quelle tre carte: la memoria.

La memoria è il jolly, l’asso piglia tutto che vince su ogni carta, su ogni punto tenuto in mano e allora essa va custodita, tramandata, mai trattata con superficialità, mai data per scontata.

Cambiano gli addendi ma il risultato non cambia: ieri erano gli ebrei, oggi sono i migranti e pur restando consapevoli di avere il dono prezioso e innegabile della memoria, è ora di stare attenti ai revisionismi, che si muovono lenti e costanti e sui quali bisogna agire con la fermezza della medicina, come se fossero un virus, un virus di cui purtroppo non tutti possiedono gli anticorpi.

In attesa del vaccino, restiamo vigili.

 

 

Emanuele Cerquiglini

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