L’OIM lancia l’allarme: dal 2014 ad oggi 25 mila morti nel Mediterraneo

OIM

25.341. Questo è il numero di migranti morti o scomparsi nella tratta migratoria mediterranea dal 2014 ad oggi. Lo riporta il dossier dell’OIM, che dal 2014 prova a restituire quantomeno un’identità alle vittime di questi drammi umani. La pubblicazione è stata accompagnata da una nota dell’organizzazione in cui si sottolinea che il conteggio è sicuramente sottostimato, dal momento che reperire informazioni sui migranti risulta sempre molto complicato. Un dato allarmante, che certifica quanto la situazione sia diventata insostenibile. Ma andiamo con ordine: analizziamo il dossier.

I dati riportati dall’OIM

Dal 2014 ad oggi sono stati più di 194 mila i tentativi di arrivo in Europa. Di questi il 58% si è tradotto in arrivi irregolari nel continente, mentre il 41% è stato intercettato in mare da guardia costiera e ONG. La maggior parte di questi viaggi della speranza attraversa la rotta mediterranea centrale, che è diretta verso l’Italia e, in misura minore, verso Malta. E’ proprio in questa tratta che si realizza il massacro: sono più di 20 mila i migranti morti o scomparsi dal 2014. Numeri quasi dieci volte più grandi di quelli registrati nelle altre due rotte mediterranee – quella occidentale, diretta verso la Spagna, e quella orientale, che conduce a Grecia, Cipro e Bulgaria- nello stesso numero di anni.

Quasi tutti muoiono per annegamento, perdendosi nelle profondità di quello che un tempo era il “Mare Nostrum”, ma di cui oggi non abbiamo più alcun controllo. Poco importa se il numero di migranti è diminuito grazie allo scandaloso “Memorandum” con la guardia costiera libica – che non salva, bensì imprigiona i migranti nei lager presenti in Libia- all’operazione UE/Frontex: avremmo potuto, e dovuto – se è vera la narrazione che ci raccontiamo noi occidentali, definendoci il “faro della civiltà umana”- evitare la morte dei 986 bambini a cui era stato promesso un futuro migliore in Europa, la nostra casa.

La legislazione sul tema: chi soccorre i migranti?

Tutti denunciano il problema migratorio e dei relativi naufragi, ma in pochi si assumono la responsabilità di agire in modo concreto per contrastare questi fenomeni. Di questa esigua minoranza fanno parte anche le tanto discusse ONG, che un certo tipo di stampa etichetta come “trafficanti di morte”. Conviene allora chiedersi, per fare chiarezza, chi, dal punto di vista legislativo, abbia l’obbligo di prestare soccorso ai naufraghi in mare. In questo senso ci avvaliamo di quanto già espresso in un altro nostro articolo, relativo all’incontro organizzato da Mediterranea Saving Humans.

L’articolo 98 della convenzione delle Nazioni Unite UNCLOS dispone che uno Stato deve esigere dal comandante di una nave che batte la sua bandiera di prestare soccorso in mare a chi ne abbia bisogno, purché non si metta a repentaglio la nave o l’equipaggio. Inoltre, vige l’obbligo per ogni Stato costiero di istituire e mantenere un servizio di ricerca e soccorso relativo alla sicurezza in mare.

La Convenzione internazionale SAR (safe and rescue) stabilisce l’obbligo di fornire assistenza ad una persona in pericolo in mare a prescindere dalla nazionalità, dallo status e dalle circostanze. Una volta soccorsa, una persona deve essere consegnata in un luogo sicuro.

In ultimo, la Convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare (SOLAS) impone l’obbligo al comandante di una nave di assistere una persona in pericolo il più velocemente possibile. Inoltre impone a ogni Stato di creare le condizioni necessarie al salvataggio di persone in pericolo lungo le loro coste.

Le nostre responsabilità

Insomma, il diritto internazionale ci imporrebbe di offrire un porto sicuro a questi sfortunati schiumatori del Mediterraneo, in quanto Paese costiero aderente alle Convenzioni. Tuttavia, anziché dare la priorità alla protezione della vita umana, si è preferito che il fenomeno diventasse eminentemente politico e, pertanto, disponibile a più interpretazioni. Il risultato è che, mentre noi discutiamo della liceità o meno di accogliere i profughi, questi muoiono senza lasciare traccia, senza neanche poter lasciare un corpo su cui i familiari possano piangere. Vite perse nell’indifferenza generale, ridotte a numeri buoni ad animare i talk show o a riempire le pagine dei giornali.

Daniele Cristofani

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