Di Rosanna Marani
L’educazione al rispetto nei confronti degli altri e soprattutto nei confronti della donna, vittima sacrificale dell’arroganza virile che di virile ha nulla se non la malsana considerazione di considerare la donna un oggetto per il suo trastullo e succube, come da tradizione millenaria e ancora non corrosa dalla civiltà che impone invece, radicali cambiamenti di opinioni becere, comincia anche dal lessico.
E’ parte dall’educazione sentimentale, dallo sviluppo dell’intelligenza emotiva in famiglia e a scuola e dovrebbe essere supportata e divulgata dai media e dai social, definendo lo stupro per quello che è: un delitto contro l’umanità.
Lo stupro è il capolavoro dell’orrido perpetrato da colui che vegeta in un deserto emozionale. Una aridità secca che secca i sentimenti dell’umano sentire. Una aberrazione psicologica che rendono la mente che l’ha partorita, un antro oscuro e il cuore, un sasso.
Ripeto ad alta voce: VIOLENTATA. VIOLENZA. STUPRO.
Parlo da donna.
Ma lo stupratore, questo similuomo capace di tale bestialità, che alla bestia non appartiene, sa, conosce cosa sia la violenza della tua intimità?
Lo stupro? L’offesa infamante dello stupro?
Il furto della tua femminilità?
Il ladrocinio della tua purezza?
Il dissanguamento della tua identità?
Il fardello che ti porterai per tutta la vita addosso?
La sopportazione della tua sessualità confusa, rifiutata, nascosta come un peccato capitale?
La deriva che ti conduce al tuo annientamento nella droga, nella prostituzione, nell’alcol?
La ferita di un ladrocinio che mai si sanerà nella percezione della integrità della tua identità?
Sa che una donna rapinata della sua sensualità, per tutta la sua esistenza continuerà a lavarsi, a scorticarsi la pelle, ad infliggersi ferite con le lamette o rasoi, a tentare il suicidio ossessivamente, prima di accettarsi, se resta viva, per tentare di togliersi di dosso la sporcizia, il marchio, dell’ignominia maschile?
Sa che la donna coverà rabbia, furia nella sua linfa e che mai appagherà il senso di ingiustizia che la tormenterà in ogni sua recondita fibra, per il resto dei suoi giorni?
Sa che la donna vivrà fino al suo ultimo respiro con il dolore e con la sensazione di essere colpevole per essere stata vittima di un carnefice?
Lo stupratore, capisce la turpitudine del suo gesto?
No, non capisce che l’umanità è nuvola di dignità, che l’umanità è soffio di empatia.
Questo ottuso cannibale di vergogna degli uomini perbene, che non prova vergogna di sé, non è degna di essere chiamata persona, uomo.
È solo un tubo digerente.
E questa scritta, è la sua croce: chi semina vento raccoglie sempre la tempesta.
La tempesta di scarnificazione della sua appartenenza al genere umano, che si abbatterà sul suo abominevole atto, compiuto per affermare la sua brutalità, quella brutalità di una presunta supremazia, mossa dalla sua nullità di essere al fine di esibire uno scalpo di pube.
Si, io lo so. Ho conosciuto uno stupratore.