Nella penombra di un mondo distorto, dove la realtà s’incaglia con la fantasia più buia, Giulio Cavalli conduce il lettore nel labirinto di DF. L’oscurità di questo paese diviene uno specchio rovesciato della società, un riflesso che svela gli abissi dell’animo umano. Un’epopea cruda e inquietante si dipana tra le pagine di “I mangiafemmine”, tessendo una trama tanto attuale quanto disturbante.
Attraverso il libro “I mangiafemmine”, pubblicato da Fandango Libri, Giulio Cavalli ci trascina nuovamente nel cupo territorio di DF, un luogo che si erge come un sinistro specchio della società attuale, un posto in cui molti preferirebbero non affacciarsi mai. Questo romanzo, crudo e incisivo, si rivela un’opera imprescindibile per coloro che si appassionano alla narrativa distopica e sono alla ricerca di storie in grado di stimolare profonde riflessioni. È la conclusione della trilogia di DF, che aveva preso il via con i titoli “Carnaio” e “Nuovissimo Testamento“.
L’autore, firma forse il suo lavoro più radicale e provocatorio, abbracciando uno stile narrativo riconoscibile, senza timore nel dipingere un mondo già esistente.
Esaminando attentamente la nuova opera di Cavalli, emerge in modo spaventoso il parallelo tra la distopia che l’autore dipinge e la realtà che ci circonda, una realtà che, però, spesso fatichiamo ad ammettere. All’interno di questa storia si presentano figure politiche inventate, contrassegnate da simboli partitici generici, ma che non nascondono affatto le tendenze, le ipocrisie e la corruzione diffuse nella classe politica, non soltanto in Italia ma anche al di là dei confini nazionali.
DF diviene lo specchio deforme di una società in cui affiora un’epidemia di violenza contro le donne, un’epidemia ignorata da una classe politica in piena campagna elettorale. Donne uccise, smembrate dai propri compagni, mentre il candidato premier, Valerio Corti, trascura il problema, ritenendo le vittime come “normali” e non degne di considerazione.
Il romanzo di Cavalli riflette, in modo pauroso, il paradosso di una distopia che trova riscontro nella nostra realtà, con politici fittizi ma facilmente riconducibili alla corruzione diffusa, alle ipocrisie e alle posizioni vuote della politica contemporanea.
L’autore dipinge scene televisive e scontri verbali fra rappresentanti politici che imbarazzano l’intero sistema, distogliendo l’attenzione dai problemi reali. Corti stesso, in una disastrosa intervista, rivela il suo disprezzo verso le donne, negando qualsiasi responsabilità sociale nel caso di violenza su Frida, vittima di un omicidio perpetrato dal compagno.
Ma non è solo nella finzione di Cavalli che si annida il sessismo: la realtà, purtroppo, riflette tali atteggiamenti. Uomini violenti, incapaci di accettare il rifiuto, usurpano il corpo delle donne come oggetto di piacere e possesso. Cavalli, con uno stile chirurgico e freddo, sottolinea questo orrore, spingendo il lettore nell’abisso della misoginia dilagante.
Il romanzo si fa voce di una verità scomoda: il problema non sono solo gli uomini violenti, ma anche coloro che temono di diventarlo, evidenziando la fragilità di una società intrisa di patriarcato.
Le parole di Clementina Merlin, nel romanzo giornalista e attivista, rappresentano la cruda essenza del patriarcato, sottolineando la necessità di una rivoluzione culturale per rompere questo circolo vizioso di violenza e colpa auto-inflitta dalle vittime.
“I mangiafemmine” è un libro claustrofobico, una lettura che stringe lo stomaco e afferra l’attenzione, portando l’angoscia del lettore a livelli estremi. Cavalli adotta uno stile ruvido e crudo, sconvolgente ma necessario per far emergere la drammatica attualità del tema trattato.
Il romanzo è uno spaventoso specchio della nostra realtà, una lettura urgente per tutti coloro che cercano di comprendere e combattere questa epidemia di violenza che ancora affligge la nostra società.