Lo sgombero di Pikpa: giorno della vergogna a Lesbo

Lo sgombero di Pikpa

fonte: Ultima Voce

La polizia ha eseguito lo sgombero di Pikpa, il centro di accoglienza sull’isola di Lesbo. Pikpa era un campo profughi diverso dagli altri: si trattava di un centro di accoglienza aperto a tutti, anche ai più vulnerabili, in cui gli ospiti partecipano attivamente alle decisioni da prendere. Ora saranno tutti trasferiti al vecchio campo di Kara Tepe.

Lo sgombero di Pikpa: Pikpa camp…

Il campo, in un vecchio campeggio sulla strada che dall’aeroporto di Lesbo porta a Mitilene, nasce come un gruppo di solidarietà istituito da residenti locali nel 2012, per sostenere le persone colpite dalla crisi finanziaria greca.

Oggi, ridipinto e decorato dagli stessi ospiti, è gestito dalla ONG Lesvos Solidarity, insieme all’aiuto della comunità locale e di attivisti internazionali.

Nel campo di Pikpa si è creato un nuovo modo di stare insieme, integrato nella società locale. Soprattutto, si è costruito un ambiente in cui le persone possano trovare dignità, amore, sicurezza e rispetto. Il campo Pikpa offre un senso di appartenenza, di casa e comunità.

“Crediamo che nessun essere umano sia illegale e che i confini debbano essere aperti. PIKPA è l’unico centro aperto a Lesbo e il nostro sogno è che tutti i centri di accoglienza per rifugiati siano gestiti in questo modo. Il nostro obiettivo principale è quello di essere solidali con i rifugiati e lottare contro le barbare politiche europee sull’immigrazione. Aumentiamo la consapevolezza e svolgiamo attività di difesa delle violazioni dei diritti umani e di qualsiasi atto di umiliazione, violenza e attacco contro i rifugiati. Lavoriamo con le persone locali per coinvolgerle nel nostro lavoro al fine di promuovere un’azione comunitaria e sostenibile.” – Lesvos Solidarity.




…Non è come tutti gli altri

Dal 2015, PIKPA garantisce alloggi a gruppi vulnerabili, dando supporto a oltre 30.000 persone: disabili, malati, donne incinte, minori non accompagnati e famiglie di vittime di naufragi, nonché alla popolazione locale in tempi di crisi.A Pikpa hanno trovato rifugio membri della comunità LGBT, persone malate e a rischio, persone traumatizzate e vittime di violenza.

Al momento ospitava 74 famiglie, con bambini e mamme sole.

Oltre al supporto medico, legale e psicologico, gli ospiti di Pikpa potevano accedere a diverse attività, fra cui tornei di calcio, yoga, attività di promozione sociale, musica e storytelling. Inoltre, i bambini ospiti del campo sono stati fra i primi a poter frequentare la scuola pubblica greca.

“Ricordo che a Moria dormivo a volte ogni tre giorni. Da quando sono arrivato a PIKPA ho dormito serenamente. Mi sono calmato mentalmente. A Moria ho sempre pensato al lato negativo della vita. Di giorno litigavano e di notte pioveva…”

M *, richiedente asilo siriano di 29 anni.




Lo sgombero di Pikpa: riconquistare l’estrema destra

Pikpa è una delle ultime strutture di solidarietà rimaste in Grecia dopo gli sfratti di massa di progetti abitativi auto organizzati, guidati dal governo greco di Nea Dimokratia. Pikpa è in diretta opposizione ai modelli di “alloggio” promossi dal governo, prevalentemente in campi di accoglienza sempre più “chiusi”: centri di detenzione, prigioni.

La presenza di tali alternative, che lavorano attivamente con i residenti per creare ambienti di vita sani e inclusivi è motivo di imbarazzo per il governo greco e per tutti i governi dell’UE, che non sono riusciti a garantire soluzioni di alloggio umane e sicure, anche durante la pandemia di COVID-19.

Con lo sgombero di Pikpa, il governo ha voluto mettere fine all’ esistenza di un campo profughi “modello” ed esempio di solidarietà, per riconquistare l’appoggio dei gruppi di estrema destra — che da mesi sono responsabili di violenti attacchi nei confronti dei migranti, dei volontari e dei membri delle ONG.

Questo sgombero poi, è ancora più discutibile se si pensa al recente incendio di Moria.

Inoltre, il centro di accoglienza di Kara Tepe gestito dal comune, ha appena confermato dei casi di COVID-19 e dovrebbe essere chiuso a dicembre. Vista la situazione, c’è il rischio reale che i residenti di PIKPA possano finire nel nuovo campo “temporaneo”: Moria 2.0.

Lo sgombero di Pikpa

Due autobus e un camion dell’esercito, incaricati di portare via i residenti e le loro cose. Fare le valigie immediatamente.

Lo sgombero, iniziato venerdì 30/10 è stato poi interrotto, permettendo ai residenti di passare un’altra notte in sicurezza. Ma sabato mattina, all’alba, la polizia è tornata.

La polizia e le autorità della First Reception si sono presentate al campo in tenuta anti-sommossa, per trasferire 74 migranti, fra cui famiglie con bambini e persone estremamente vulnerabili. Accesso negato ai volontari e giornalisti.

I residenti sono stati caricati per ore su pullman della polizia e autobus locali, senza la possibilità di poter scendere per usufruire dei servizi igienici, né di bere o mangiare. Un corteo militare li ha scortati al vecchio campo di Kara Tepe, dove sono stati sottoposti a test rapidi per il coronavirus e distribuiti nei vari alloggi: per lo più tende e container.

Riporto qui sotto una dichiarazione di Mina, residente di PIKPA. L’arrivo improvviso della polizia questa mattina le ha ricordato l’Afghanistan, quando i talebani l’hanno costretta a lasciare la sua casa.




Dopo la distruzione del campo di Moria le condizioni sull’isola sono addirittura peggiorate. In questi giorni, ad esempio, le autorità greche hanno “concesso” ai residenti nel nuovo campo di Kara Tepe la possibilità di accedere a una lista d’attesa per farsi una doccia — un lusso di cui i migranti non possono usufruire da ormai diverse settimane.

E l’Europa?

Intanto l’Europa, dopo alcuni trasferimenti sul continente di minori e migranti a rischio nei giorni successivi all’incendio di Moria, sembra non avere intenzione di fare nulla, nemmeno di stare a guardare.

“Finché l’Europa e il governo greco si rifiuteranno di fornire alloggi dignitosi e accoglienza ai rifugiati, continueremo a sostenere Pikpa, ora più che mai. Questa non è una lotta per difendere un luogo. Questa è una lotta per difendere la solidarietà, la dignità, l’uguaglianza e l’inclusione. Questa è una lotta per resistere all’agenda tossica di segregazione, contenimento, degrado, repressione, xenofobia e odio. Sappiamo di poter contare sul sostegno di tutta l’Europa – attraverso organizzazioni, istituzioni, politici e individui, e mobiliteremo questo sostegno con tutte le nostre forze.”

Afferma Lesvos Solidarity.

Uno striscione recita:

“You can take people out of Pikpa, but you cannot take Pikpa out of people.”

Puoi togliere le persone da Pikpa, ma non puoi togliere Pikpa dalle persone.

Giulia Chiapperini

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