Lo sfruttamento truccato: la produzione non etica del make-up

Immagine di sfruttamento lavorativo di un bambino

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Sfruttamento truccato. Perché questa espressione?Perché ancora troppo spesso, dietro il mondo del make-up, si celano sfruttamenti disumani.

Sfruttamento truccato. Scomporre la metafora.
Moltissime persone utilizzano il trucco. Chi per lavoro, chi per piacere, chi come hobby e chi come necessità. La maggioranza sono donne, ma sempre più uomini e persone non binarie si stanno avvicinando a questo mondo.

Il mondo del trucco, o make-up, è ricchissimo e vario! Ci sono ombretti e rossetti in diversi formati, mascara per ogni necessità, fondotinta per ogni pelle, extention per ciglia, matite per sopracciglia e molto altro.
Grazie all’evolvere, seppur lentamente, della società, il mondo del trucco sta diventando sempre più inclusivo. Trovare la sfumatura adatta al proprio incarnato è sempre più semplice. La reperibilità di trucchi vegani e cruelty free (cioè non sperimentati sugli animali) aumenta a vista d’occhio.

Anche la trasparenza dei brand, per forza di cose, va aumentando. Sempre più consumatori e consumatrici, infatti, contattano le fabbriche o i marchi per porre domande e farsi sciogliere dei dubbi.
Di recente si sta anche lavorando affinché i processi di produzione, e di conseguenza anche i materiali delle confezioni, siano a minor impatto ambientale possibile, riciclati e riciclabili.
Purtroppo, però, lo sfruttamento minorile nel mondo del make-up è ancora vivo e vegeto.

Sfruttamento minorile nell’estrazione della mica

La mica è un minerale, appartenente alla famiglia dei filosilicati. Si tratta di un minerale estremamente versatile nel suo uso. Lo si può trovare nei dentifrici, nei rossetti ed ombretti (ecco spesso cos’è il comunissimo glitter!), smalti per unghie ed anche nella vernice delle automobili.
Dove viene presa, questa mica?
Una grande fetta proviene da delle miniere in India, dove viene estratta da dei bambini. Lo stesso fenomeno è presente anche in Madagascar, ma non con la stessa portata.

L’India è la principale fornitrice di mica per il settore del make-up. Buona parte delle sue miniere si trovano nelle zone ad est del Paese. La regione più proficua è quella dello Stato di Jharkhand. Vi si può trovare il numero più elevato di mica, ma è anche la zona col tasso di povertà più alto, anche per via dello sfruttamento nelle miniere.
Moltissime sono gestite illegalmente, il ché non può che peggiorare le condizioni di lavoro dei bambini e delle bambine. Le stime indicano che circa 20.000 minori vengano sfruttati per estrarre mica, spesso senza neanche sapere a cosa serva.

Moltissime e moltissimi di loro hanno un’età da scuola elementare. Oltre ai rischi di crolli, a cui queste miniere sono soggette, si può incorrere nel pericolo di morsi di serpenti e scorpioni. In un interessante report, molti di loro raccontano come abbiano paura di scendere nella miniera e di quanto sia stancante (i frammenti di mica vengono raccolti manualmente, uno per uno). Alcuni di loro hanno anche assistito a dei compagni cadere ed aprirsi (letteralmente) la testa.
Non è affatto raro per questi bambini e per le bambine sviluppare malattie respiratorie come asma, silicosi e bronchite.

Purtroppo, dovendo contribuire al mantenimento della famiglia, non hanno molta scelta. Stando ad alcune indagini, un esempio di paga, ammonterebbe a 5 rupie (circa 5 centesimi, in Euro) per chilo di mica estratto.

Per queste ragioni alcuni marchi, come Lush, hanno deciso di passare alla mica sintetica. Perfettamente sicura e sostenibile e priva di sfruttamento minorile.
Altri brand, invece, hanno deciso di intraprendere iniziative volte a sostenere culturalmente ed economicamente i bambini (e le loro famiglie), affinché possano studiare invece di andare in miniera.

Perché questo fenomeno prosegue?

Innanzitutto perché esistono metodi per non rendere trasparente il processo di estrazione. Spesso la mica estratta viene venduta a terzi di altre zone del Paese. Questi ultimi la rivendono, con certificati che attestino la legalità del processo. Decisamente uno sfruttamento truccato.
Inoltre le decisioni di chi acquista e l’informazione hanno un gran peso.
Da quando si è iniziato a parlare di questo fenomeno, sempre più marchi hanno deciso di fare passi indietro.
Come l’insistenza e la domanda dal basso, ad esempio, per più prodotti vegani ha portato ad una maggiore attenzione a riguardo, qui vale la stessa ratio.

Se si evitasse di acquistare prodotti contenenti mica (spesso indicata anche come glimmer) si ridurrebbe la domanda. Si potrebbero mandare segnali al mercato e preferire prodotti con mica sintetica.
Stando alle stime 2020 dell’ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro) sono 152 milioni i e le minori vittime di sfruttamento minorile. Le bambine ammontano a 64 milioni e i bambini a 88. Di tutte queste somme, 73 milioni lavorano in condizioni di assoluto pericolo.

Il mondo del make-up non si avvale solamente di questo tipo di sfruttamento, ovviamente. Non è nemmeno l’unico settore in cui è presente dello sfruttamento.
Ci sono i casi di sfruttamento animale, i casi di sfruttamento prettamente femminile, sfruttamento ambientale ed anche alimentare.
Nel proprio piccolo si può provare ad arginare questo sfruttamento truccato (e non). Già non contribuendo attivamente a tutto ciò che alimenta queste dinamiche è un piccolo passo, se fatto da molte persone assieme.
Il cambiamento, anche se spesso troppo lento, è possibile.

Flavia Mancini

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