I cattolici più conservatori, anima della lotta contro le unioni civili e la presunta “ideologia del gender”, sono da tempo sul piede di guerra nei confronti del Presidente del Consiglio Matteo Renzi, reo – a loro avviso- di aver sconfessato, mediante la sua azione di governo, la sua precedente militanza cattolica, che nel 2007 lo aveva portato ad aderire con convinzione al Family Day. L’approvazione del DDL Cirinnà prima al Senato (25 febbraio) e poi, in via definitiva, alla Camera (11 maggio), ha acuito ulteriormente il tono dello scontro. Per limitarci alla più stretta attualità, il portavoce del Family Day Massimo Gandolfini, che già nei mesi scorsi aveva parlato di plateale tradimento del Presidente del Consiglio nei confronti dei cattolici, ha affermato che Renzi “va fermato e a ottobre bisogna dire no al referendum costituzionale”, giungendo a definire e il governo in carica “il governo più antidemocratico della Repubblica”, guidato da un Presidente del Consiglio che “rappresenta una piccola lobby” e non la totalità dei cittadini italiani.
Pur senza citarlo dirattamente, è proprio a Gandolfini che Matteo Renzi ha voluto replicare nel corso della sua intervista a “Porta Porta”, andata in onda giovedì 12 maggio. E’ infatti inequivocabile il suo riferimento al collegamento fra le proteste contro il DDL Cirinnà e il referendum costituzionale, un collegamento ritenuto dal Presidente del Consiglio “forzato” e “strano”, pur nella sua legittimità e rispettabilità. Il giudizio di Renzi su tale punto mi pare largamente condivisibile, poiché l’invito a contrastare il referendum costituzionale ha tutta l’apparenza di una “vendetta elettorale” contro il governo, nonostante il tentativo di Gandolfini di giustificare la sua esortazione sulla base dell’iter parlamentare del DDL Cirinnà, giudicato fortemente antidemocratico. Rimane insomma lo spirito vagamente minatorio dello slogan “Renzi ci ricorderemo”, che fece la sua comparsa al Family Day dello scorso 30 gennaio.
Condivisibile è stata a mio avviso anche la rivendicazione del carattere laico dell’azione di governo, nel senso – esplicitamente affermato – del rispetto per le più diverse sensibilità. Tuttavia, come è purtroppo nella sua indole, Renzi si è fatto prendere la mano ed ha voluto strafare, giungendo a pronunciare una frase che ha suscitato forte riprovazione nel mondo cattolico, e non solo nelle sue frange più conservatrici:
“Io sono cattolico ma faccio politica da laico: ho giurato sulla Costituzione e non sul Vangelo”
Con ogni probabilità Renzi intendeva consegnare ai quotidiani un titolo ad effetto che lo facesse apparire quale leader moderno, convinto assertore della laicità pur nella rivendicazione della sua identità cattolica. Ne è venuta, invece, una frasetta che, pur nella sua aderenza alla realtà delle istituzioni, nel modo in cui è stata formulata suona come una presa di distanza dal Vangelo, punto di riferimento imprescindibile per la vita del cristiano. In questo modo il Presidente del Consiglio ha fornito un clamoroso assist ai suoi detrattori che lo accusano di essere un cristiano assai tiepido, “a corrente alternata”, come ben mostra il duro attacco sferrato da Peppino Zola su La Nuova Bussola Quotidiana:
“Ma ha tradito, come cattolico (così si proclama), anche il contenuto del sacro libro che dovrebbe essere il punto di riferimento di ogni persona cristiana, qualunque cosa faccia ed in qualunque posizione si trovi. Invece, lo scout ha lasciato a casa il Vangelo, che magari leggerà in qualche pausa della sua intensissima attività (più si agita e più fa disastri) ma che, per sua stessa ammissione, lascia rinchiuso nell’ambito stretto della sua sua vita personale e spirituale: essendosi definito “laico”, lo stesso Vangelo non può avere nessuna influenza a livello pubblico, contraddicendo, così, tutta la gloriosa storia della dottrina sociale della Chiesa”
Certo, le critiche di Zola sono solo parzialmente condivisibili, perché nella loro parte conclusiva mostrano un sostanziale rigetto della laicità. Ma il riferimento riduttivo al Vangelo non può che suscitare riprovazione anche fra i numerosi cattolici che credono profondamente nella laicità e nel rispetto della pluralità delle opinioni in ambito religioso. Forse Renzi ne sarebbe uscito in modo assai più elegante se, invece di mettere tra parentesi il Vangelo, avesse citato a supporto delle proprie posizioni uno dei suoi più celebri passi, quello del tributo a Cesare. D’altra parte uno dei suoi più grandi maestri, Giulio Andreotti, definì il clericalismo proprio come la “confusione abituale tra quel che è di Cesare e quel che è di Dio”. Lontana anni luce è poi la statura politica di Alcide de Gasperi, che nel 1952, dopo essersi visto rifiutare un colloquio privato da Pio XII, deluso dalla sua opposizione all’alleanza della Democrazia cristiana con il Partito Nazionale Monarchico e il Movimento Sociale Italiano, manifestò energicamente il proprio disappunto in qualità di alto rappresentante delle istituzioni repubblicane, senza per questo venir meno al suo amore filiale per la Chiesa:
“Come cristiano accetto l’umiliazione, benché non sappia come giustificarla; come presidente del Consiglio e ministro degli Esteri, la dignità e l’autorità che rappresento e di cui non mi posso spogliare, anche nei rapporti privati, m’impone di esprimere stupore per un rifiuto così eccezionale e di riservarmi di provocare dalla Segreteria di Stato un chiarimento”
Renzi, peraltro, non ha certo dovuto fronteggiare la ferma opposizione del pontefice, che si è tenuto ben distante dalla contesa politica sulle unioni civili. La stessa Conferenza Episcopale Italiana, nonostante l’intervento deciso del cardinale Bagnasco, non ha aderito in modo compatto alla mobilitazione per il Family Day, e la nota di Monsignor Galantino in merito alla fiducia posta sul DDL Cirinnà ha evitato accuratamente attacchi diretti nei confronti del governo Renzi. Insomma, per ribattere alle critiche di quella che lo stesso Presidente del Consiglio ha definito “una parte della gerarchia e del mondo cattolico” non era affatto necessario chiamare in causa, con fare sbrigativo, il fondamento stesso della fede cristiana.