Soprattutto noi ventenni, figli di Internet e del nuovo millennio, siamo abituati a pensare che la pornografia sia una delle ultime novità progressiste. In realtà non è così, è un fenomeno dalle radici molto antiche che dall’alba dei tempi è giunto fino al nostro Smartphone. Ciò che sappiamo con certezza è che la connessione ad Internet ha reso le cose molto più facili. Oggi basta un click e possiamo scegliere tra milioni di piattaforme online e altrettante categorie diverse in base ai nostri gusti. Proprio per queste comodità, il numero di utenti dei siti pornografici è aumentato vertiginosamente negli ultimi anni. Ed è questo che ha permesso all’industria pornografica di fatturare miliardi di dollari.
Recentemente Pornhub, il famoso colosso del porno, è finito nell’occhio del ciclone. L’inchiesta del New York Times ha portato a galla verità scomode che molti conoscevano ma che alla luce del sole rischiavano di far crollare le solide basi su cui si tiene ben salda l’industria del porno mainstream. Milioni di video caricati senza il consenso dei protagonisti (revenge porn), spy cam e abusi, anche sui minori. Nel giro di pochi giorni, il numero dei video sulla piattaforma è calato drasticamente. Inizialmente Pornbub aveva provato a limitare la pubblicazione del materiale solo alle attrici e agli attori verificati, dopodiché ha deciso di eliminare tutti i video caricati dagli account senza la spunta blu. Il problema di questa decisione sta nelle reali motivazioni che ci sono dietro. Quando, dopo l’inchiesta, la questione è diventata così scottante da non poter essere più ignorata, Mastercard e Visa hanno deciso di bloccare i pagamenti degli abbonamenti ai servizi premium. A questo punto, Pornhub si trovava con l’acqua alla gola e per evitare di perdere ulteriori guadagni, la decisione più saggia sembrava quella di eliminare i video postati da account sospetti (o semplicemente amatoriali). Un duro colpo per Pornhub, purtroppo non risolvibile così facilmente.
L’inchiesta del New York Times ha solo scoperchiato il vaso di Pandora. Purtroppo, la realtà sugli abusi e sulla pedopornografia non ci è affatto nuova, e non è neppure la prima volta che un sito porno finisce in uno scandalo del genere. Internet è alla portata di tutti, e non solo per il porno, quindi basta poco per trovare in rete tutte le dichiarazioni di ex pornostar che hanno subito veri e propri stupri e violazioni che andavano oltre il limite del proprio consenso sul set. In breve, l’industria pornografica non è tutta rose e fiori come ci appare: scavando a fondo nel lato oscuro di Pornhub troviamo donne che vengono drogate e poi stuprate, video intimi che vengono ripubblicati dagli ex per vendetta, pedo-pornografia e abusi sui minori. Ciò che risulta più sconvolgente è che Pornhub fattura moltissimo anche grazie a contenuti del genere. Come si è detto in precedenza, questa inchiesta non è stata altro se non la goccia che ha fatto traboccare il vaso, molte persone erano a conoscenza del retroscena di Pornhub, eppure parlarne sembrava quasi un tabù.
Il fatto che Pornhub nel corso degli anni abbia guadagnato cifre esorbitanti anche grazie a video proibiti è molto grave. Perché ci sono solo due opzioni: o ne era totalmente all’oscuro, oppure, in barba agli scandali precedenti, alle voci e alle prove, ha sempre deciso di ignorare tutto. E la realtà dei fatti sarebbe preoccupante in entrambi i casi, perché la prima alternativa implicherebbe un’enorme negligenza da parte dei moderatori del sito, ovvero coloro che dovrebbero occuparsi di eliminare tutto il materiale che non rispetta le linee guida della community. Ma questo è molto improbabile: stiamo parlando di milioni di video, come può essere possibile un errore di questa portata? Rimane solo la seconda scelta, che è anche la più problematica: fingere di essere totalmente estranei ai video pubblicati sul loro sito. Infatti, Pornbub riceve un numero inimmaginabile di visite ogni giorno e sebbene quei video fossero una minoranza, avevano comunque il loro pubblico. Questo vuol dire che bambini e persone abusate o totalmente inconsapevoli di essere in rete, hanno attraversato miliardi di schermi per diventare l’oggetto di un erotismo non consenziente.
Dunque, la domanda a questo punto è una: perché, nonostante la sua immagine così amichevole, Pornhub non ha mai fatto nulla per bloccare prima tutti quei video raccapriccianti? Certo, per via del Dio Denaro. Perché era molto più comodo e appetibile (specialmente per le proprie tasche) ignorare tutto e arricchirsi a spese delle vittime piuttosto che esporsi su tematiche così delicate consapevoli del fatto che moltissimi utenti di Pornhub prediligono quel tipo di contenuto. Insomma, meglio rimanere neutrale senza inimicarsi nessuno. Il problema è che questa decisione ha avuto delle ripercussioni sulla vita di molte persone. Perché se un gigante del porno come Pornhub dà la possibilità di pubblicare video del genere, gli utenti si sentiranno legittimati a usufruirne. E questo ha come conseguenza la normalizzazione di stupri e abusi sessuali, anche perché, in mancanza di educazione sessuale, il primo approccio che moltissimi giovani hanno con il sesso è proprio tramite il porno, totalmente inconsapevoli del concetto di consenso. Per non parlare delle conseguenze psicologiche che la diffusione di un video privato ha sulla vita delle singole persone coinvolte. Insomma, è una totale mancanza di rispetto nei confronti delle vittime di stupri, revenge porn e molestie sessuali, le cui voci continuano a rimanere inascoltate. E Pornhub ha permesso tutto ciò, sempre in nome di una smodata fame di denaro, perché nel momento in cui è venuta fuori la verità, ha dovuto scegliere tra rischiare di perdere ulteriori clienti (perché, ricordiamo – Mastercard e Visa avevano bloccato i pagamenti) e tentare di salvare in calcio d’angolo la sua facciata pubblica guadagnata a suon di maglioni colorati. E ancora una volta ha scelto di massimizzare i suoi profitti, come ha fatto per decenni sulla pelle di tante vittime violate, fomentando i deliri di potenza dei loro abuser. La verità è che il mondo del porno non è mai stato dalla parte delle survivor, quindi la scelta presa dal gigante del porno non è nulla di inaspettato, né un caso “particolare”: l’avrebbe fatto chiunque. Pornhub non è l’unico sito di pornografia che ignora la presenza contenuti di questo tipo, in più le ex pornostar che hanno denunciato gli abusi sui set (di qualsiasi piattaforma, non solo Pornhub) non vengono mai prese in considerazione e il porno mainstream continua ad essere considerato come l’ideale di sesso che tutti (gli uomini) vorrebbero. E come se questo non bastasse, sono volate anche varie accuse di sessuofobia di qua e di là. Mindgeek, la società canadese che possiede Pornhub, ha deciso di buttarla nel caos cercando di accusare presunte associazioni che a suo dire vorrebbero abolire la pornografia e che “per cinquant’anni hanno demonizzato Playboy, l’educazione sessuale, i diritti delle persone LGBTQ e delle donne”. Davvero curioso, visto che le principali vittime di questo massiccio traffico di pornografia non consensuale sono proprio le donne. I gruppi che vogliono abolire il porno di sicuro esisteranno, ma non è questo il caso. E tentare di giustificarsi in questo modo, dopo che si è stati colti con le mani nel sacco, conferma ancora una volta la mancata presa di coscienza e responsabilità da parte di Pornhub. Certamente apprezziamo la decisione (tardiva) di Mindgeek di voler limitare i contenuti non verificati, ma la dinamica della vicenda continua a suggerirci che, culturalmente, non cambierà nulla nel mondo del porno, almeno per un po’. Pornhub continuerà comunque a proporre sulla sua piattaforma video finti di stupri o in cui l’immagine della donna viene degradata a oggetto sessuale senza una sua volontà ma totalmente assoggettata ai bisogni dell’uomo, e sarà come se non fosse successo nulla. Essere contrari a questo tipo di contenuti non significa essere “sessuofobici”, bensì essere consapevoli degli effetti che il porno ha sulla propria pelle in quanto donne. Il porno necessita di una rivoluzione femminista che sia in grado di sradicare la donna dal ruolo oggettificante a cui continua ad essere relegata anche nei video a luci rosse. E per fare un passo così grande, ahimè, non basta la voce delle vittime: abbiamo bisogno del supporto da parte delle industrie pornografiche, che volente o nolente, hanno un enorme impatto sulla vita sessuale di milioni di persone. E finché Pornhub continuerà a preferire il denaro alla tutela delle vittime, a voltarsi dall’altra parte davanti alle violenze sessuali, finché continueranno ad esistere categorie in cui le pornoattrici reciteranno la parte di una donna che viene violentata, il mondo della pornografia non cambierà di una virgola.