Ultima in Europa per crescita economica ma, culturalmente parlando, l’Italia resta il paese più influente del mondo.
E’ quanto emerge dall’ultimo rapporto del Cultural Influence Ranking 2019 stilato da Us News & World Report, grazie alla consulenza della Bav Group e la Wharton business school dell’università della Pennsylvania.
Secondo la graduatoria dei paesi capaci di esercitare una maggiore influenza culturale, l’Italia risulterebbe la prima, surclassando la Francia e la Spagna.
Una bella rivalsa verso i cosiddetti cugini del mediterraneo, ma principalmente una buona occasione per riflettere sulle reali potenzialità di un paese che detiene quasi il 70% del patrimonio artistico mondiale, dettando le linee guida per quanto le tendenze, senza considerare l’aspetto artistico in generale: musica, pittura, poesia, letteratura e cinema.
Per stilare questa classifica, i ricercatori hanno preso in considerazione ben sette parametri quali; intrattenimento, moda, stile di vita, influenza del patrimonio culturale e artistico, modernità, prestigio e tendenza.
Perché l’Italia è la influencer della cultura e dello stile
Dai primi posti raggiunti negli ultimi anni, l’Italia sale ufficialmente sul podio per la sua capacità naturale ad attrarre e influenzare i dettami culturali nel mondo, senza dover patire la concorrenza estera.
Essere una cultura influente rappresenta una grande conquista che l’Italia non avrebbe mai dovuto perdere; questo perché nel suo DNA esistono tutte quelle caratteristiche essenziali a creare un modello guida nel quale è facile immedesimarsi.
Il rapporto di Us News si è soffermato proprio sulle peculiarità più rinomate: la buona cucina, la moda e la vita semplice e una lunga eredità popolare capace di aprire una larga breccia sul mercato globale, grazie a prodotti facilmente vendibili, proprio per il loro carattere di italianità.
Anomalia di un paese chiuso in se stesso
L’anomalia più evidente dell’Italia sta nella sua rassegnata abitudine a veicolare le informazioni e le dinamiche che la trascinano irrimediabilmente agli ultimi posti.
Così ecco che un patrimonio storico distribuito in poco più di 300 mila chilometri quadrati di superficie, capace di diventare un set naturale per l’identificazione della nostalgica “dolce vita”, sembra influenzare l’immaginario comune del nostro paese all’estero, piuttosto che diventare il manifesto di una definitiva rinascita dal torpore politico, economico, esterofilo e al tempo stresso compulsavo-populista di un modello sociale arrabbiato e diffidente, chiuso in se stesso e inconsapevole delle sue naturali potenzialità.
Basterebbe una presa di coscienza forte del valore e della natura di un paese come l’Italia, che vede nelle tradizioni, nella cucina, nell’arte e nella semplicità la sua vocazione per tornare a risalire la china, anche per quanto riguarda la consapevolezza dei diritti acquisiti; libertà di opinione, di genere, di culto e percezione del potere politico, che stanno progressivamente perdendo colpi, trascinando questo paese verso l’istituzionalizzazione della burocrazia e il declassamento del pensiero.
Fausto Bisantis