Alcune notizie sono annunciate trionfalmente e altre non si fanno sentire. Una di queste ultime ha per protagonista Fincantieri e l’Egitto, pochi giorni dopo la definizione egiziana del processo di Giulio Regeni come “immotivato”.
Il 23 dicembre una delle due fregate Fremm acquistate dall’Egitto è stata consegnata alla Marina Militare egiziana. La Spartaco Schergat, ora ribattezzata al-Galala, è stata consegnata all’Egitto a La Spezia, nei cantieri del Muggiano.
La notizia è stata data dalla Rete Italiana Pace e Disarmo.
La fregata al-Galala è solo la prima di due fregate comprate dalla Marina Militare egiziana. Oltre all’altra fregata, la Emilio Bianchi, l’ordine da 10 miliardi comprende tanti altri mezzi. In totale parliamo di 24 caccia, 20 pattugliatori, un satellite da osservazione e 20 velivoli d’addestramento di Leonardo.
La Rete Italiana Pace e Disarmo, nel comunicato, chiede un dibattito parlamentare sull’accaduto.
Il tentativo di temere nascosta la consegna e la successiva partenza alla volta dell’Egitto durante il periodo Natalizio manifesta chiaramente l’imbarazzo da parte del Governo italiano per tutta questa operazione. Non solo nessun rappresentante dell’Esecutivo ha partecipato alla cerimonia, ma non ci risulta alcun comunicato ufficiale da parte dei vari Ministeri in qualche modo coinvolti (Ministero della Difesa, degli Affari Esteri e dello Sviluppo Economico).
Nel comunicato sono citati sia il caso Regeni che quello dello studente dell’Università di Bologna Patrick Zaki.
L’operazione di vendita è inoltre intollerabile in considerazione della mancata collaborazione da parte delle autorità egiziane a fare chiarezza sulla terribile omicidio del nostro connazionale Giulio Regeni e della prolungata incarcerazione del giovane studente Patrick Zaki.
10 miliardi valgono la collaborazione con l’Egitto e il non fare nulla per Giulio Regeni?
Giulio Regeni, Fincantieri e l’Egitto
Il 28 luglio il Ministro della Difesa Guerini aveva parlato di fronte alla commissione d’inchiesta parlamentare per il caso Giulio Regeni.
Non credo che lo sviluppo di relazioni con Egitto sia un freno alla ricerca della verità sulla morte di Giulio Regeni. Noi pretendiamo passi avanti nell’individuazione delle responsabilità sull’omicidio. Lo sviluppo di relazioni con l’Egitto è tuttavia necessario, a partire dallo scenario libico.
Aveva anche parlato dell’impegno di Fincantieri a sostituire le due Fremm vendute all’Egitto. Saranno consegnate alla Difesa entro il 2024.
“Il processo immotivato” e le risposte che mancano
Il 10 dicembre la Procura di Roma ha chiuso le indagini riguardo il caso Regeni. Ciò precede l’apertura del processo contro i quattro agenti dei servizi egiziani coinvolti.
Pochi giorni dopo, la Procura generale egiziana ha rilasciato un comunicato.
“Non c’è alcuna ragione per intraprendere procedure penali circa l’uccisione, il sequestro e la tortura della vittima Giulio Regeni, in quanto il responsabile resta sconosciuto”.
Il comunicato sostiene che il caso sia usato per nuocere i rapporti fra Italia ed Egitto. Una strumentalizzazione della morte di un cittadino italiano, per l’Egitto ucciso da criminali comuni. Per l’Egitto le accuse italiane sono prive di prove.
Dopo il comunicato, Luigi Di Maio, Ministro degli Esteri, aveva sollecitato l’UE a prendere posizione. A ciò si era aggiunto il comunicato di risposta della Farnesina:
“La Farnesina ritiene che quanto affermato dalla Procura Generale egiziana relativamente al tragico omicidio di Giulio Regeni sia inaccettabile. (…) continuerà ad agire in tutte le Sedi, inclusa l’Unione europea, affinché la verità sul barbaro omicidio di Giulio Regeni possa finalmente emergere”.
C’è il bisogno di un’azione concreta. Vendere mezzi all’Egitto non aiuta ad ottenere la verità per un cittadino italiano ed europeo. Questo specialmente dopo le ricostruzioni della Procura di Roma.
La tortura e la morte di Giulio non devono passare inosservati. Dobbiamo esigere ed ottenere la verità su Giulio Regeni.
Giulia Terralavoro.