L’isola del silenzio: l’inchiesta su Chiesa e Desaparecidos

Nel suo libro L’isola del silenzio: il ruolo della Chiesa nella dittatura argentina, edito da Fandango, il giornalista Horacio Verbitsky indaga sul coinvolgimento del clero nelle sparizioni dei Desaparecidos.

Il silenzioL'isola del silenzio

Horacio Verbitsky è uno dei più importanti giornalisti argentini, tra i principali esponenti del movimento argentino per la difesa dei diritti umani e responsabile della sezione americana Human Rights Watch. L’isola del silenzio è il frutto di quindici anni di ricerche tra documenti e interviste fatte in prima persona ai protagonisti della storia argentina dal 1976 al 1983: familiari dei Desaparecidos, prigionieri sopravvissuti, ma anche militari e membri del clero.

Le pagine scritte da Verbitsky sono dense di nomi e avvenimenti svoltisi per tutta la durata della dittatura militare, conclusasi nell’83 con il restauro della democrazia. L’isola del silenzio prende il nome da un’isola in cui furono deportati alcuni Desaparecidos chiamata, appunto, El Silencio. Questa venne acquistata dall’esercito, con la collaborazione di membri ecclesiastici, per deportarvi i prigionieri detenuti nell’ESMA, prima dell’arrivo della Commissione interamericana per i diritti umani. La narrazione prende avvio da quella imminente ispezione.
Il titolo, però, vuole riferirsi anche al silenzio complice della Chiesa durante la dittatura militare e, in particolar modo, negli arresti dei civili.
Il fulcro dell’opera di Verbitsky, infatti, è raccontare il coinvolgimento della Chiesa nelle operazioni delle forze armate che hanno detenuto il potere per i sette anni di dittatura.

Le vicende raccontate ne L’isola del silenzio sono, come già detto, frutto di testimonianze e documenti attraverso i quali l’autore è riuscito a ricostruire le atrocità e le menzogne messe in atto dalle forze armate. Verbitsky punta principalmente a svelare il ruolo della Chiesa in questo genere di operazioni. Un ruolo rivelatosi a tal punto essenziale da non riuscire a capirsi chi fosse al servizio di chi: se la Chiesa alle dipendenze della dittatura o viceversa. Dal resoconto emerge un coinvolgimento a tutto tondo delle sfere ecclesiastiche nell’appoggio alla dittatura; due forze unite da sentimenti di egemonia politica, in nome dei quali hanno agito perpetrando gli atti più efferati in totale segretezza.

Contesto storico: il colpo di stato e i Desaparecidos

Per un periodo di sette anni l’Argentina ha avuto come governo una dittatura militare che nel marzo del 1976, con un colpo di stato, destituisce la presidentessa Maria Estela Martinez de Peron. Al suo posto, si insediano diverse figure militari che restano al potere fino al 1983.

Durante l’arco di questi sette anni furono promossi arresti ingiustificati di civili considerati nemici del governo. Alcuni di loro erano accusati di far parte dei Montoneros, una forza armata resistente nata in quegli anni; altri erano sospettati di comunismo, affiliati alla sinistra o al peronismo. Il più delle volte, come accade in ogni dittatura, bastava un minimo sospetto per essere arrestati senza alcuna giustificazione. Tutti loro sono passati alla storia con il nome di Desaparecidos. Alcuni sopravvissero, di altri non si seppe nulla: in totale si contano 30.000 persone scomparse, un numero probabilmente inesatto.

Nel suo reportage Verbitsky racconta e descrive particolari raccapriccianti e dolorosi. Che fossero in atto delle gravi violazioni dei diritti umani, atti di violenza e torture la storia lo ha svelato; ma leggere le testimonianze di quanto vissuto dai prigionieri dà la vera contezza di tutta la violenza di quel buio periodo della storia contemporanea.
A fare da sfondo a queste brutalità ci sono la città di Buenos Aires e l’ESMA, l’ex scuola di Marina militare, adibita a prigione clandestina per i Desaparecidos. Qui detenevano i prigionieri in condizioni disumane, spesso incatenati e incappucciati, ammassati al buio e torturati fino alla morte.

Il ruolo della Chiesa

Bersaglio principale de L’isola del silenzio è la Chiesa e il ruolo preponderante che ebbe in tutta la vicenda.
Per capire da subito il grado di coinvolgimento e l’appoggio che la Chiesa dava al regime militare, Verbitsky ne parla già dalle primissime pagine. A supporto di ciò, riporta un quanto mai eloquente discorso del provicario Victorio Bonamin, di fronte un’adunata militare che, scrive l’autore, “suonò come un proclama golpista”.

Le parole dell’ecclesiastico non lasciano spazio a interpretazioni: “quando c’è spargimento di sangue, c’è redenzione: Dio sta redimendo la nazione argentina per mezzo dell’esercito argentino”.
Appare subito chiaro, quindi, non solo il coinvolgimento della Chiesa ma il totale benestare nei confronti dei golpisti e dei metodi utilizzati. Un coinvolgimento che andò ben oltre le parole tramutandosi in anni di complicità. Ed è questa complicità che Verbitsky vuole smascherare, mettendola per iscritto e citando minuziosamente le fonti da lui utilizzate.




Il doppiogioco di Grasselli

Nelle pagine del libro sono molti i nomi delle sfere ecclesiastiche presentati da Verbitsky; ma quelli che ricorrono maggiormente sono per lo più tre: il nunzio Pio Laghi, il cardinale Caggiano e il vicario Grasselli. Quest’ultimo in particolare si è mostrato essere uno dei principali contatti tra le famiglie dei Desaparecidos e i prigionieri stessi. A lui si rivolgevano mogli e familiari degli scomparsi per avere informazioni quanto meno sullo stato di salute dei loro cari. Grasselli si mostrava sempre comprensivo e disposto a collaborare per ricavare notizie. Notizie che in realtà giàaveva: egli sapeva chi era vivo e chi no, dove si trovassero e quali fossero le loro condizioni; ma nelle risposte che dava era sempre fumoso e ambiguo. Come ambigua era anche la sua posizione.  Possedeva un registro con i nomi dei civili arrestati accanto ai quali poneva un X nel caso di morte.

Grasselli a volte aiutò anche dei ricercati a fuggire all’estero, peccato che l’intestazione dei biglietti aerei da lui procurati risalisse al conto corrente della Marina militare. Questo fatto, unito alle conoscenze che aveva dei nomi e delle condizioni dei Desaparecidos, fa ben capire il suo coinvolgimento e il suo ruolo doppiogiochista. Lui rimane una delle figure maggiormente presenti nel corso dell’intero libro, comparendo dall’inizio alla fine.

Le accuse a Bergoglio

Ma a suscitare particolare scalpore ne L’isola del silenzio, sono le accuse rivolte all’attuale Pontefice. Bergoglio, allora un semplice sacerdote, rappresentava il massimo esponente dei gesuiti in Argentina. Le accuse sarebbero quelle di aver segnalato due gesuiti e averli fatti arrestare e portare all’ESMA: si tratta di Orlando Yorio e Francisco Jalics.
Bergoglio si è sempre dichiarato estraneo all’arresto, sostenendo invece di aver provato ad aiutarli a fuggire, poiché minacciati di morte.
Non sono dello stesso parere Yorio e Jalics che, sopravvissuti, hanno raccontato la loro esperienza accusando a più riprese Bergoglio.

Anche nel libro, fedele alle documentazioni raccolte, non traspare la verità in toto ma rimane un alone di mistero sulla figura dell’odierno Pontefice. Proprio Yorio definirà l’agire di Bergoglio dell’epoca con il termine di “doppiezza”, mentre Jalics deciderà, col tempo, di non esporsi più a riguardo. Bergoglio ha sempre continuano a difendere il suo ruolo nella vicenda. Un ruolo indubbiamente ambiguo e mai chiarito, lasciando molti dubbi sia da parte dell’accusa che della difesa.

Né Bergoglio né i suoi intimi hanno detto una parola sulla prova inconfutabile sulla doppiezza di cui lo accusano Yorio e Jalics
(H. Verbinsky, L’isola del silenzio)

La sorte dei Desaparecidos

Oltre alle accuse alla Chiesa e ai suoi rapporti con le forze armate, L’isola del silenzio dà voce alle vittime di quella tremenda dittatura.
Nel libro si raccontanto i soprusi fisici e psicologici cui furono sottoposti tutti coloro che venivano considerati nemici. Una volta fatti prigionieri tutti venivano sottoposti a orribili torture; tra gli strumenti utilizzati figura la picana, un pungolo che trasmette scariche elettriche. Raccapricciante, poi, il racconto di come molte donne incinte venissero uccise una volta partorito e i figli dati in adozione, per lo più a famiglie delle forze armate.
Ma non tutti i prigionieri venivano assassinati. Alcuni erano lasciati in vita a svolgere compiti burocratici o altre mansioni all’interno dell’ESMA. Taluni, col tempo, avevano anche il permesso di avere contatti con le loro famiglie e andarle a trovare durante i weekend.

Non era un gesto di benevolenza: tutto ciò faceva parte del perverso programma di rieducazione escogitato dai militari. Questo programma aveva lo scopo di plagiare i prigionieri “adatti” tramite condizionamenti, per renderli collaboratori e strappare informazioni su conoscenti da denunciare. I selezionati per questo programma venivano, così, a trovarsi in una situazione psicologica molto pesante: se da un lato potevano ritrovarsi con i familiari, dall’altro i militari facevano capire loro di essere perennemente controllati. Non solo: se avessero tentato qualcosa di sospetto, sarebbero state le loro famiglie a pagarne le conseguenze . Oltre a questa tortura psicologica, i prigionieri rieducati avevano anche il peso di sentirsi complici di quelle brutalità.

Un libro per conoscere la verità

Approcciarsi a L’isola del silenzio non è impresa semplice. Nonostante lo stile scorrevole, infatti, nelle pagine si susseguono una serie di nomi ed eventi implicati gli uni agli altri che potrebbero risultare difficili da seguire. Ulteriore difficoltà sta nel leggere i racconti di quelle atrocità tenute in piedi da un sistema di omertosa complicità.

Verbitsky non fa il favore al lettore di risparmiargli i dettagli peggiori e più disumani. A colpire particolarmente sono le dolorose testimonianze dei sopravvissuti e delle loro famiglie; ma anche leggere la fredda indifferenza dei complici dalle loro stesse parole.
L’isola del silenzio non ha nulla di romanzato: lo stile ricorda quello dell’inchiesta e le sue pagine sono una fedele ricostruzione di tutta la fitta documentazione riportata nelle note finali. Sebbene una delle critiche sia una sorta di faziosità che non mostrerebbe i crimini dei Montoneros, è bene ribadire l’intento del libro che concerne il ruolo della Chiesa.

Prima di approcciarsi alla lettura è consigliabile avere presente il background storico in cui si svolgono i fatti e prendere appunti per seguire al meglio le complicità intricate.
Si tratta indubbiamente di una lettura consigliata per tutti coloro che desiderano scavare nella verità di una delle peggiori pagine della storia recente.

 

Marianna Nusca

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