L’Islamofobia: odio e paura per i musulmani nel 2024

Islamofobia e odio per i musulmani

Fino agli anni ‘90, l’Islamofobia non è mai stata studiata in modo approfondito e, al contempo, non si è mai data una sua definizione chiara.

A partire dagli attacchi alle Torri Gemelle nell’11 settembre 2001 in Europa, la stampa, i media e l’opinione pubblica hanno alimentato la narrazione secondo cui musulmano equivale a terrorista. Una convinzione ormai radicata, l’Islam è violenza, sangue, oppressione, imposizione e per tali ragioni, non compatibile con la democrazia, l’Europa, la modernità, l’affermazione e la libertà.

Una narrazione distorta che nasce da una lettura impropria del Corano, sostenendo la presenza di versetti violenti, soprattutto contro le donne, un mito questo che paragona quanto accade nei gruppi estremisti alla normalità, all’Islam e a tutti i musulmani.

La propaganda sulla religione islamica tra “Hard Islam”, “Soft Islam” e Islamofobia

Le narrazioni sviluppate in Europa e in Italia si presentano distorte e stereotipate ed è attraverso tali racconti che è possibile definire il significato dei concetti che prendono il nome di: Hard Islam” e “Soft Islam”.

Quando assistiamo ad un dibattito pubblico inerente il mondo musulmano, le notizie sono legate da un unico filo conduttore: donne succubi dei mariti, bambine costrette fin dall’infanzia alle rigide regole della cultura islamica, arretratezza sociale, economica e tecnologica, violenza, sangue e dominio. Un elenco infinito che racchiude quanto rappresentato dal concetto di “Hard Islam”, uninformazione ricca di stereotipi, all’interno della quale sono messi in risalto gli elementi di contrasto e le differenze tra la cultura, stile di vita e religione tra l’Occidentale e l’Oriente e, di conseguenza, l’Islam.

Se l’Occidente rappresenta il bene, il progresso e la democrazia, l’Oriente rappresenta il male, l’arretratezza e l’antidemocrazia. Tuttavia, qual è lo scopo di tale rappresentazione? Mostrare il nemico in totale degrado con la finalità di annientarlo e alimentando paura e odio per i musulmani.

Eppure, l’Islamofobia non è presente soltanto nella società moderna. Dal Medioevo fin quasi al Novecento, non solo era messa in dubbio l’esistenza stessa dell’Islam in quanto religione, ma parlando dei musulmani venivano utilizzate denominazioni dispregiative quali: “mori”, “saraceni”, “maomettani”, identificandoli come appartenenti ad una setta che seguiva un falso profeta.

Tale narrazione presenta l’Islam come una religione immune alla secolarizzazione, alla laicità, alla modernità e alla globalizzazione, ma soprattutto, un mondo dominato dalla violenza, dall’irrazionalità e, a tal proposito, un pericolo e una minaccia alla convivenza, alla democrazia, ai diritti umani e alla laicità, da tenere fuori dal proprio territorio.

Tuttavia, questo è un racconto parziale di ciò che davvero è l’Oriente e l’Islam. Si assiste ad un’invasione dell’”Hard Islam” che oscura quanto definito con “Soft Islam, ovvero, la componente maggioritaria, caratterizzata dall’Islam “normale” e quotidiano. Un mondo ricco di complessità, contraddizioni, spinte emancipative e che riflette le stesse tensioni che agitano l’Occidente. Considerare tale riflessione aiuterebbe ad annullare o, almeno, a ridurre la distanza sociale e culturale fra Oriente e Occidente.

Inoltre, la contrapposizione tra “Hard Islam e “Soft Islam” ci deve portare a ragionare in termini di “Islams”, al plurale: società plurali e non monolitiche, in movimento e non immutabili, in conflitto e tensione e non pacificate sotto il mantello della religione.

È proprio in relazione a quanto detto fin qui che vediamo ormai delineata una nuova forma di razzismo che prende il nome di Islamofobia.

Lo straniero e chiunque sia percepito come “altro” rispetto alla civiltà occidentale è definito “homo islamicus” soprattutto se appartenente a determinate etnie, culture o religioni. Un uomo fanatico, irrazionale, arretrato, in grado di compromettere l’integrità di un popolo.

Cosa si intende con Islamofobia?

Islamophobia, a challenge for us all: Islamofobia, una sfida per tutti, è il report pubblicato nel 1997 dal think-tank britannico Runnymede che parlava dell’Islamofobia per indicare l’ostilità e il disprezzo per l’Islam, unito alla paura e all’avversione per tutti o per la maggior parte dei musulmani.

L’Islamofobia è un sentimento d’odio che non sempre rimanda ad una vera esistenza di situazioni caratterizzate da pericoli o minacce. Anzi, la maggior parte delle volte si tratta di atteggiamenti senza nessuna giustificazione. Si è, pertanto, dinanzi ad un odio, ad un’avversione, che inizialmente si diffonde indirizzandosi verso una religione, l’Islam, ma in un secondo momento, sortisce effetti negativi nella vita quotidiana di individui che subiscono discriminazioni di tipo sociali, economiche e politiche. Da qui le successive conseguenze: l’esclusione sociale, la violenza, il pregiudizio e la discriminazione, contribuendo a creare una frontiera invalicabile tra un “noi” e un “loro”. 

Contrariamente ad altri Paesi Europei, in Italia l’Islamofobia e il razzismo non sono oggetto di un discorso pubblico considerato legittimo. Essi sono infatti costantemente occultati e sottoposti a un’implicita censura da parte dei media come dalle istituzioni.

Come affrontare il problema dell’Islamofobia?

A fare da megafono ai discorsi d’odio ci sono i media italiani e i politici, che si avvalgono di generalizzazioni retoriche nei racconti presentati.

Tra i tanti casi possiamo ricordare l’evento “Bahja Pool Party”, accaduto nell’estate 2023. A tal proposito, le parole dei politici, appartenenti al partito della Lega, hanno innescato un meccanismo di adesione da parte dei propri sostenitori, creando una campagna d’odio contro le donne musulmane che indossano il burkini.

Tra i tweet pubblicati in quei giorni si leggeva: “Cacciateli tutti, non vogliono integrarsi” e ancora: “Bisogna fermare questa invasione, che sta distruggendo le nostre radici e cultura” oppure: “Perché i loro mariti le lasciano andare da sole in piscina?“.

C’è una soluzione per disinnescare tutto questo odio? Se l’ignoranza è la causa di tale fenomeno, allora, la conoscenza è l’unica arma per sconfiggerlo.

Il Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres, in occasione dell’ultima Giornata internazionale per la lotta contro l’Islamofobia, che si celebra il 15 marzo, si è espresso in questo modo:

«Dobbiamo rafforzare le nostre difese implementando politiche che rispettino a pieno i diritti umani e che proteggano l’identità religiosa e culturale. Dobbiamo riconoscere che la ricchezza risiede nella diversità e aumentare gli investimenti politici, culturali ed economici nella coesione sociale. Dobbiamo combattere il bigottismo contrastando l’odio che si sta espandendo a macchia d’olio sul web».

In conclusione, per non cadere in odio e discriminazioni, bisognerebbe contrastare le forze della divisione riaffermando la comune umanità, non solo nella Giornata internazionale per l’Islamofobia, ma ogni giorno e sensibilizzare la comunità affinché si vada oltre le apparenze costruendo un dialogo senza pregiudizi.

 

Lucrezia Ciotti

Exit mobile version