Durante la presentazione del reddito di cittadinanza, il vice premier Luigi Di Maio sgancia la bomba: Lino Banfi è stato nominato nella commissione italiana dell’Unesco.
Una di quelle notizie che mandano in secondo piano quisquilie come l’assistenzialismo, il dramma della disoccupazione e il controllo sui conti dello Stato. Quando poi il comico pugliese è salito sul palco, si è capito di essere di fronte ad un evento storico.
In fin dei conti Lino Banfi è una figura strettamente legata al mondo della cultura. Basti pensare al suo impegno nelle scuole. Spesso infatti ha ricoperto il ruolo del professore o del preside. Che si trattasse di film di serie B (oltretutto in lotta per non retrocedere) poco importa. Sia ben chiaro, stiamo parlando di capolavori cult. Ma non è detto che siano l’apice del prodotto intellettivo del Bel Paese.
Il comico prenderà il posto lasciato vacante dalla scomparsa di Folco Quilici. Ancora non è ben chiaro quale sarà il suo ruolo. In un primo momento pare che avrebbe sostituito Pupi Avati in qualità di referente per la comunicazione. Ora invece si dice che il regista manterrà questo incarico.
La Commissione nazionale Italiana per l’Unesco esiste dal 1950. Prevista dal 1945, quando la Convenzione di Londra ha stabilito che tutti i paesi membri dell’Unesco dovessero averne una. Il suo ruolo sostanzialmente è quello di fare da cerniera tra le iniziative promosse dall’Ente ed il governo. La Commissione rimane in carica quattro anni ed è nominata da governo e parlamento.
Banfi, che in estate aveva pubblicamente dichiarato il proprio apprezzamento per le politiche pentastellate, si è limitato ad una dichiarazione di calibro istituzionale:
Quando mi hanno chiamato ho detto “Che c’entro io con la Cultura?”. In questi casi rappresentanti all’Unesco si sono fatte con persone che si sono laureate, che conoscevano la geografia, le lingue. Io voglio portare il sorriso ovunque, anche nei posti seri.
Ha anche aggiunto che ha partecipato anche per conoscere il premier Conte perché “è corregionale mio, è romanista come me, ed è presidente del Consiglio”.
A mantenere viva la linea comica ci hanno pensato i vice premier. Prima Di Maio che ha lanciato la gag “Abbiamo fatto Lino Banfi patrimonio dell’Unesco”. Poi Salvini, che invece ha preferito utilizzare uno stile più vicino al one man show all’americana. Con una mai troppo lieve vena ironica, si è chiesto: “E Jerry Calà? E Renato Pozzetto? E Umberto Smaila? Apriamo questo dibattito”. Un’uscita che a prima vista sembrava volesse rimarcare le origini padane del leader leghista. Poi però una veloce ricerca su Wikipedia ha smentito questa analisi politica: Jerry Calà è siciliano.