L’Australia ha cambiato una parola del suo inno nazionale. Una sola, ma importante.
L’inno australiano ha una parola nuova. Una sola: nel primo verso “one” ha sostituito “young”, per riconoscere la storia precoloniale del paese.
“Uniti e liberi”
A dare l’annuncio ufficiale del cambiamento è stato il Primo Ministro, il liberale Scott Morrison. Lo ha fatto in un articolo pubblicato giovedì sul Sidney Morning Herald dal titolo “Now is the time to recognise that Australia is ‘one and free’” (“Ora è il momento di riconoscere che l’Australia è ‘unita e libera’”).
La decisione è stata accolta favorevolmente anche dal principale leader dell’opposizione, il laburista Anthony Albanese e segna un primo punto d’arrivo in una discussione iniziata tempo fa.
“Advance Australia Fair”
L’inno australiano è stato scritto da un compositore scozzese, naturalizzato australiano: Peter Dodds McCormick. Composto nel 1878, divenne sin da subito celebre come canzone popolare.
Ma è solo nel 1973 che il Governo allora in carica decise che l’Australia doveva dotarsi di un proprio inno nazionale. Già, perchè fino a quel momento l’unico inno ufficiale era quello inglese, “God Save the Queen”. Furono fatti concorsi e sondaggi e, infine, un referendum attraverso il quale, nel 1977, la popolazione scelse quella di McComick tra le canzoni proposte.
Nel 1984 la prima e la terza strofa – con alcune rivisitazioni – divennero ufficialmente l’inno australiano, “Advance Australia Fair”. Quello inglese fu declassato a ‘inno reale’, eseguito solo in presenza della famiglia reale o in particolari occasioni.
L’ultimo cambiamento è appena arrivato: dal 1° gennaio l’inno australiano ha una parola nuova: uniti.
Attenzione alle parole
Le polemiche attorno al testo di una canzone dell’ottocento potrebbero sembrare pretestuose o inutili. Ma bisogna considerare che l’attenzione alle parole che compongono l’inno nazionale, è stata alta sin dalla sua adozione. L’Australia ha cambiato una parola al suo inno già nel momento in cui lo ha scelto, sostanzialmente. Anzi: ne ha cambiata più di una. Ad esempio vennero eliminati diversi riferimenti alla Gran Bretagna. Oppure si scelse di sostituire tutti i termini maschili con termini neutri, passando da “Australia’s son” (figli – maschi – dell’Australia) a “Australians” (australiani, maschi e femmine). Insomma: spirito nazionalista e un approccio progressista alle questioni di genere. Ma nessuna attenzione agli aborigeni, gli abitanti originari della terra australiana.
Gli australiani sono “young”?
Il testo dell’inno ha attirato diverse critiche, soprattutto per il fatto di ignorare la millenaria storia aborigena dell’Australia, concentrandosi solo sui secoli più recenti ed esaltando il periodo coloniale. In una nazione che, negli anni, ha preso sempre più coscienza della questione aborigena, non deve stupire che si sia arrivati recentemente a proteste e dimostrazioni. Tempo fa, fece scalpore la bimba che, a soli 9 anni, rifiutò di cantare l’inno perché rappresentava una forma di “razzismo istituzionale”.
“When it says ‘we are young’ it completely disregards the Indigenous Australians who were here before us for over 50,000 years,”
“Quando dice 'siamo giovani' ignora completamente gli Indigeni Australiani che erano qui prima di noi da più di 50.000 anni”
Più di recente, a dicembre, i Wallabies – la nazionale di rugby – ha cantato l’inno in lingua Eora, l’idioma degli aborigeni della zona di Sidney.
Cambiare una parola
La prima proposta ufficiale riguardo alla sostituzione di “young” con “one” è arrivata dalla Governatrice del Nuovo Galles del Sud, Gladys Berejiklian, lo scorso novembre. La proposta è stata accolta favorevolmente dal Ministro per gli Affari Indigeni, Ken Wyatt. Ed è, evidentemente, piaciuta anche al Premier, che ne ha avvallato e ufficializzato il cambiamento. Nonostante l’opposizione di alcuni esponenti conservatori. Cambiare una parola può sembrare un atto di poco conto, ma si inserisce in un contesto che da tempo richiede più inclusività per la cultura di origine aborigena e la sua storia millenaria.
“Cambiare ‘young and free’ con ‘one and free’ non toglie niente, ma aggiunge molto” ha scritto il Premier nel suo articolo del 31 dicembre. ‘L’Australia è una nazione relativamente giovane, ma la sua storia è antica’ – prosegue Morrison. E aggiunge: ‘McCormick scrisse quelle parole molto tempo prima che la sua canzone divenisse l’inno’
“da allora abbiamo anche imparato ad apprezzare lo spirito senza tempo dell’antica terra che chiamiamo casa e il legame con questo luogo delle popolazioni indigene che si sono prese cura del nostro paese per migliaia di anni”
Può bastare?
La situazione degli aborigeni in Australia è spesso tragica e quasi sempre difficile. Povertà, alcolismo, discriminazioni sono problemi concreti per la maggior parte della popolazione di origine aborigena. Gli aborigeni hanno meno possibilità lavorative, guadagnano in media il 33% in meno del resto della popolazione, ad esempio. Nei Territori del Nord, a fronte di una popolazione indigena del 20%, sono più dell’80% gli incarcerati di origine aborigena. Sono solo alcuni esempi della difficile situazione per questa parte della popolazione australiana. Dunque, forse, rendere l’inno più inclusivo e non più rappresentativo di una sola parte degli Australiani può essere il segnale che qualcosa stia cambiando. Un gesto simbolico – certamente importante – ma che dev’essere solo la premessa a un cambiamento radicale – politico, culturale, sociale – che miri a garantire alle popolazioni indigene gli stessi diritti del resto dei cittadini australiani. L’inno australiano ha una parola nuova. Certo: non basta una parola per rendere unita, davvero, una nazione. Ma può essere un primo passo.
Simone Sciutteri