“Linkoglioniti” è il primo ebook di Ettore Ferrini e la sua terza pubblicazione, dopo “Non ho niente contro i preti … altrimenti lo avrei spruzzato dappertutto” e “Il Sacro e il Propano” (scritto a quattro mani con Gabriele Moretti), entrambi editi da Ink Edizioni. Autore indipendente e firma fissa de Il Vernacoliere, Ettore Ferrini si forma come autore di satira direttamente sul web e attraverso i social network, di cui diventa il più feroce osservatore.
Raccontaci “Linkoglioniti”: come nasce l’idea?
“Linkoglioniti è un termine che mi ha suggerito Alessandro Berutti, un amico conosciuto proprio su Facebook parecchi anni fa, e col quale condividiamo una sorta di masochistico interesse verso questi personaggi che lui definisce anche “disagili”, altra parola fortemente evocativa, che ben rappresenta la mancanza di elasticità mentale, requisito fondamentale dell’intelligenza. Infatti i linkoglioniti sono coloro che condividono “links” senza verificarne né provenienza né attendibilità, e non si formano un’opinione basandosi sulle notizie ma (de)formano le notizie basandosi sulle proprie opinioni. Se gli anni ’80 e ’90 erano l’epoca del “l’ha detto la televisione dunque è vero” oggi invece viviamo nell’era del “l’ho letto su internet”, che se possibile è ancora peggio, dato che chiunque vi ha accesso e le maglie dei controlli sono larghissime.”
Sui social network si condivide buona parte di sé stessi: dalla genitorialità alle opinioni politiche, passando per il tifo calcistico a cosa si è mangiato a pranzo; ma davvero crediamo di essere così interessanti da meritarci un pubblico live h24?
“Così pare, e c’è anche di peggio. Adesso, e per tutta l’estate, sarà un continuo postare di piedi raggrinziti dall’acqua o impanati nella sabbia. A volte mi chiedo se alla gente stia più a cuore divertirsi davvero o farlo credere agli altri. Comunque no, credo che nessuno, neanche la donna o l’uomo più geniale del pianeta meriti un palco 24 ore, perché inevitabilmente finisce per essere meno interessante, per non sorprendere più, e se c’è un’emozione che il pubblico non perdona è la noia. Puoi far ridere, piangere, farti amare o odiare ma mai annoiare.”
Questa condivisione continua ci arricchisce a livello umano e intellettuale? Oppure è un tipo di scambio che impoverisce le relazioni umane?
“Dirò qualcosa di impopolare ma io non sono così convinto che leggere continuamente cosa pensa una persona su qualsiasi argomento sia sempre positivo. Spesso avrei preferito rimanere nella mia beata ignoranza, non venire a sapere che persone che stimavo fossero favorevoli alla pena di morte, all’uso delle armi, talvolta perfino alla tortura. Invece Facebook mi ha mostrato, impietosamente, lati oscuri che tali sarebbero rimasti per molto tempo, forse per sempre, e francamente avrei preferito così.”
Tu però hai scelto di usare Facebook per far circolare le tue idee e le tue opinioni: pensi che i social network possano essere uno strumento utile per informarsi ed imparare? Molti sottolineano come il dibattito online sia spesso aggressivo, sgrammaticato e sordo al vero scambio, diciamo che l’utente medio tende ad imporsi più che ad ascoltare.
“Io uso Facebook principalmente per provocare, per instillare dubbi, credo che in questo senso i social possano svolgere un ruolo importante: chi è genuinamente interessato ad informarsi poi prosegue le sue ricerche altrove. Il mio compito, e quello di chiunque faccia satira, è spingere le persone a farsi delle domande, non quello di dar loro delle risposte. Per ciò che concerne il dibattito, è vero, spesso è del tutto sterile, gli italiani hanno la tendenza a trasformare tutto in una partita di calcio, perché è l’unico linguaggio che comprendono e spesso purtroppo anche l’unico che conoscono.”
Molti polemizzano contro le bufale, persino il Governo si espresso in modo negativo contro “i bufalari” colpevoli di ingannare le persone e favorire teorie del complotto o dietrologie pericolose, come nella questione dei vaccini o del trattamento dei migranti.
“La responsabilità secondo me non è dei cosìddetti “bufalari” ma innanzitutto di chi dovrebbe fare giornalismo e invece risulta indistinguibile da essi, vuoi per il sensazionalismo acchiappa click, vuoi per gli interessi personali che non di rado trasformano le testate in imbarazzanti organi di partito. Secondariamente ci sono ragioni riconducibili all’utente, che può passare le ore a dibattere d’un rigore negato ma non si prende dieci secondi per verificare una fonte. Un esempio di come si possa mandare in tilt il sistema con pochissimi mezzi è Ermes Maiolica, a suo modo un genio, che non manca regolarmente di evidenziare quanti “linkoglioniti” popolino il web, promettendo loro un telefonino o addirittura un’automobile se solo scrivono nei commenti di quale colore la preferiscono. Non riesco a fargliene una colpa.”
Qual è il rapporto tra la satira e i social network? È cambiata la satira rispetto a quando era circoscritta ai giornali o alla tv?
“Sì, ritengo di sì. Uno dei primi autori di satira che ho seguito sul web è stato Tony Troja che con le sue canzoni irriverenti colpiva il potere, all’epoca rappresentato principalmente da Berlusconi, come in televisione non sarebbe stato possibile fare. Ricordo ancora le risate liberatorie che mi scatenò la sua Vaffansilvio. Questa grande libertà d’accesso e di espressione ovviamente ha dato un palco anche a chi non ha niente da dire, ma almeno siamo noi a promuovere o bocciare e non un editto dall’alto.”
Ultima domanda: perché hai scelto di fare satira? Avresti potuto usare qualsiasi altro linguaggio divulgativo o giornalistico: com’è che uno si sveglia la mattina e si dice “da grande voglio fare l’autore di satira”?
“Son cresciuto a pane e Vernacoliere, la creatura del più importante autore satirico italiano, Mario Cardinali, e ne ho sempre ammirato gli autori, in particolare il Maestro Federico Maria Sardelli che ha sempre avuto la capacità di fotografare la realtà con una sintesi invidiabile: la tracotante ignoranza dell’insegnante in Asylo, la rivincita del villico bibliotecario contro la signora imborghesita, lo sberleffo alla poesia moderna, in cui l’unica cosa che conta è andare spesso a capo. Ecco, io quest’iconoclastia l’ho amata subito, così come l’occhio sapido e attento di Claudio Marmugi nell’osservare e raccontare i fenomeni di massa, il Troio di Andrea Camerini, che già dal nome è una rivoluzione linguistica senza precedenti e poi Fabio Nocchi, un vero talento capace di visioni straordinarie e tutti gli altri, troppi da nominare. Ecco, io non volevo essere “come” loro ma di sicuro volevo essere “insieme” a loro e ormai dal 2010 ci sono e non ho nessuna intenzione di mollare.
C’è ancora tanto da ridere. ”
E noi non aspettiamo altro, potremmo aggiungere. Intanto se volete leggere un estratto, potete farlo qui https://www.amazon.it/Linkoglioniti-Ettore-Ferrini-ebook/dp/B07284LBS6