Oggi il linguaggio dei fiori potrebbe essere considerato una vera e propria lingua morta:
nello stesso modo in cui usiamo il latinismo carpe diem sappiamo che una rosa rossa simboleggia l’amore.
Nell’Ottocento il linguaggio dei fiori permette ai giovani di intrattenere lunghe e complesse discussioni segrete. Nella società odierna non si saprebbe con chi usare questo codice e, soprattutto, si rischierebbe di fraintendere le differenti interpretazioni dei fiori. Sono infatti molteplici i testi su questo romantico simbolismo.
Alcune storie mitologiche
Nell’antica Grecia la flora ricorre spesso nelle storie d’amore, di nascita e di morte.
Un mito racconta che il dio Apollo, innamorato della ninfa Daphne, la insegue senza darle tregua. La giovane non ricambia il suo amore e prega i genitori di essere trasformata in un arbusto per potergli finalmente sfuggire. Da quel giorno l’alloro è la pianta preferita del dio Apollo.
Un altro narra che l’amazzone greca Myrsine vinse una gara d’atletica contro un suo coetaneo e questi, umiliato, la uccide; ma la dea Atena la trasforma in una pianta di mirto. Per questo motivo gli antichi greci cingono il capo degli atleti vincitori delle Olimpiadi con una corona di mirto.
Ancora, nel mito romano la dea Venere nasce dalla spuma del mare e si nasconde dietro un mirto per coprire la sua nudità. Nel linguaggio dei fiori questa pianta, da sempre legata alle donne, rappresenta la femminilità e viene spesso inserita nel boquet delle spose per augurarne la felicità.
Ci sono tante storie e significati diversi per ogni pianta ma il linguaggio dei fiori ebbe il suo apogeo nell’Ottocento.
Come nasce il linguaggio dei fiori?
Alcune fonti datano la nascita del linguaggio dei fiori negli harem della Turchia del Settecento. I fiori sono utilizzati dalle donne per recapitare messaggi in codice al sultano. Questo linguaggio, il Selam, è particolarmente complesso: in base al numero dei fiori, alla disposizione, ai colori e ai tipi si possono comunicare precisi stati d’animo, appuntamenti e rimproveri.
Questa usanza fu esportata in Inghilterra nella prima metà del Settecento da Lady Mary Wortley Montagu, moglie di un ambasciatore inglese in Turchia. La madama era in contatto con il viaggiatore e diplomatico francese Aubry de La Mottraye che intraprese lo studio della florigrafia e contribuì alla diffusione del significato dei fiori.
Il linguaggio dei fiori diventa una profumata epidemia ed ha la sua massima fioritura nell’Ottocento, il secolo del romanticismo e del purismo.
A Parigi nel 1819 è pubblicato con grande successo il libro Le language des Fleurs di Charlotte de Latour. Il testo consente ai giovani di apprendere la simbologia comune necessaria per comunicare segretamente.
Un fazzoletto con viole del pensiero ricamate indicava che non si sarebbero mai dimenticate dell’innamorato, le rose, invece, erano una promessa d’amore. Se l’ago cesellava con perizia il fiore del cotogno, il destinatario poteva ritenersi fortunato, perché la totale fedeltà per il resto della vita era garantita.
Il linguaggio dei fiori, Isabel Allende
L’arte del linguaggio dei fiori è così ricercata e complessa da richiedere particolare attenzione alla mano con cui viene consegnato o ricevuto un fiore: se consegnato al contrario, il significato è l’opposto!
Negli anni a seguire, gli scritti sull’argomento sono stati così numerosi da fornire differenti interpretazioni e il linguaggio dei fiori è divenuto spesso vittima di fraintendimenti.
Il linguaggio dei fiori nel 2020
Le mimose rappresentano forza e femminilità, le rose rosse la passione e quelle bianche la purezza. I girasoli simboleggiano la gioia e le orchidee devozione e purezza. Se l’intento è dichiararsi, meglio evitare di regalare una rosa gialla, interpretabile come segno di gelosia o infedeltà! Il linguaggio dei fiori non è più segreto e nemmeno universale, quindi non ci rimane che apprezzarne la loro bellezza e annusare il loro profumo. In alcuni casi è meglio regalare direttamente una piantina con il vaso, senza comprare dei fiori spezzati poiché alcune persone potrebbero associarli ad un piacere fugace, data la brevità del loro splendore, e rimanerne deluse!
Cristina Meli