Linguaggio burocratese: le istituzioni infrangono le norme

linguaggio burocratese

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Il linguaggio burocratese infrange le norme basilari del buon senso linguistico poiché utilizza frasi inutilmente complesse e parole che non si usano più nel quotidiano.

Avete mai fatto caso alla lingua formale e obsoleta delle lettere che arrivano a casa da certi enti amministrativi? Oppure le parole inusuali e le frasi arbitrarie dei regolamenti affissi nei treni italiani?

Si tratta del linguaggio burocratese: uno stile complesso e antiquato utilizzato dai pubblici uffici che molto spesso impedisce l’immediata comprensione del messaggio.

Un cittadino italiano che raggiunge la maggiore età o che inizia ad essere indipendente si abitua a questa particolare caratteristica della sua madrelingua. Siamo infatti abituati ad obliterare il biglietto, nonostante poi chiediamo agli altri se lo hanno timbrato. Quando saliamo sul treno sappiamo per istinto che le porte attigue sono vicine.

Si rammenta che è vietato aprire le porte esterne dei treni e salire o scendere quando non sono completamente fermi

Ufficio Complicazioni Affari Semplici

Potremmo ricondurre il termine “rammentare” ad una vecchia professoressa, ma se fossimo dei turisti che hanno appena iniziato a studiare la lingua italiana e che non hanno mai fatto i conti con il linguaggio burocratese? Non sarebbe forse più opportuno che intuiscano immediatamente il messaggio?

La soluzione di viaggio contiene una o più tratte appartenenti a zone inibite

Quando leggiamo questa frase almeno la metà di noi è costretta a riflettere sul suo senso. Oppure c’è chi si limita ad usare il biglietto senza porsi troppe domande.

Il linguaggio burocratese è utilizzato dalle amministrazioni pubbliche e dalle istituzioni prevalentemente in forma scritta. Elabora delle frasi complesse, formali ed oscure impedendo l’effettiva e immediata comunicazione del messaggio.




I dati Istat

Attenendoci ai dati ISTAT i diplomati in Italia sono ancora poco più del 60 % della popolazione, ciò significa che il restante 40 % ha un diploma secondario di primo grado  o solo l’istruzione elementare. Non dimentichiamoci degli stranieri residenti in Italia che corrispondono quasi al 10% della popolazione! Non si può biasimare chi interpreta in questo stile un tentativo di approfittarsi della poca chiarezza per ottenere dei profitti.

Il modello della lingua italiana viene fornito dalla famiglia e dalla scuola. Sarebbe corretto che per le questioni formali ed istituzionali venisse utilizzato un italiano scolastico comprensibile a tutti. Invece in certi casi è proposto un italiano formale e criptico.

L’antilingua di Italo Calvino

Il linguaggio burocratese è un sottocodice della  burocrazia che nel Novecento si è posta come modello nell’insegnamento dell’idioma nazionale. Mentre la lingua italiana è in continua evoluzione, il burocratese rimane lo stesso dai documenti di fine Ottocento. Per la sua caratteristica non comunicativa Italo Calvino lo definisce “antilingua”. Nel 1965 lo scrittore pubblica un noto articolo su questo argomento:

Il brigadiere è davanti alla macchina da scrivere. L’interrogato, seduto davanti a lui, risponde alle domande un po’ balbettando, ma attento a dire tutto quel che ha da dire nel modo più preciso e senza una parola di troppo:“Stamattina presto andavo in cantina ad accendere la stufa e ho trovato tutti quei fiaschi di vino dietro la cassa del carbone. Ne ho preso uno per bermelo a cena. Non ne sapevo niente che la bottiglieria di sopra era stata scassinata”.

Impassibile, il brigadiere batte veloce sui tasti la sua fedele trascrizione: “Il sottoscritto essendosi recato nelle prime ore antimeridiane nei locali dello scantinato per eseguire l’avviamento dell’impianto termico, dichiara d’essere casualmente incorso nel rinvenimento di un quantitativo di prodotti vinicoli, situati in posizione retrostante al recipiente adibito al contenimento del combustibile, e di aver effettuato l’asportazione di uno dei detti articoli nell’intento di consumarlo durante il pasto pomeridiano, non essendo a conoscenza dell’avvenuta effrazione dell’esercizio soprastante”.

Sono passati più di cinquant’anni ma questa “antilingua” è ancora  utilizzata con poco successo. Infatti se ci rechiamo in questura per sporgere una denuncia, l’impiegato per forza di inerzia scrive:

L’anno 2019, il giorno 11 del mese di ottobre, alle ore 11.45….

Vi potrà sembrare l’apertura di un racconto ed invece è l’inizio del documento che denuncia “l’ammanco del suddetto (…)”. Ebbene sì, sembra una barzelletta ma si tratta di un’eredità linguistica che gli uffici ci tengono a preservare con disinvoltura.

E’ comprensibile che il lessico inglese si stia lentamente introducendo in quello italiano se, quando si tratta di essere chiari, la nostra carissima lingua italiana prende la forma di un idioma oscuro.




Semplificazione: un’utopia?

L’antiquata eleganza e la formalità del linguaggio burocratese potrebbero essere barattate con la chiarezza al fine di una maggiore efficacia per il bene del nostro paese. Per questo motivo sono già state avanzate diverse iniziative per la semplificazione della linguaggio  amministrativo, ma la bonifica di questa varietà astrusa non è ancora stata completata.

Il buon senso della norma linguistica presuppone che scrivere in maniera chiara sia un vantaggio per chi riceve il messaggio ma anche per chi lo scrive. Infatti i principi regolativi  insegnati in un corso di linguistica italiana invitano a rispettare la leggibilità di un testo  per garantirne il successo.

Cristina Meli

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