La giovanissima valsusina Linda Raimondo è divenuta il nuovo volto della divulgazione scientifica per ragazzi. Catapultata in Rai come presentatrice del programma Missione Spazio su Rai Gulp, Linda Raimondo si è confidata ad Ultima Voce. L’abbiamo intervistata nella sua casa ad Almese.
Nella sua cameretta, dove sfoggia il suo enorme telescopio, le lenzuola con le immagini di un astronauta nello spazio, i libri di fisica sulla scrivania. Nella cameretta di una ventenne non ancora donna, si svela la sua semplicità ancora intonsa. Sorprendentemente approdata negli schermi Rai, mantiene ancora la modestia e la curiosità di una giovane ragazza al I anno di Università.
Le abbiamo subito chiesto cosa ha significato diventare improvvisamente un personaggio pubblico in così giovane età.
Tutto è iniziato partecipando a vari concorsi dell’agenzia spaziale europea e nel 2017, appena tornata dall’America dopo sei mesi di studio, avevo partecipato ad un altro concorso con un mio amico. Il giorno del mio 18esimo compleanno, mi sveglio e scopro di aver vinto la borsa. Poiché era un concorso internazionale, nei giorni precedenti erano già stati nominati i team vincitori dei vari paesi europei. Scopro che il team vincitore era il nostro team. Il regalo di compleanno più bello. Con la Rai la mia vita è cambiata parecchio. L’altro giorno ero ai palinsesti della Rai a Milano. Ero lì in veste del volto della divulgazione scientifica per ragazzi. C’erano tutti i conduttori della Rai, da Carlo Conti alla Clerici, a Flavio Insigna. Ancora adesso non ci ho fatto l’abitudine. Mi sembra di essere un pesce fuor d’acqua.
Il rapporto coi coetanei è cambiato?
All’Università i compagni sono nuovi. All’inizio non conoscevo nessuno. Ai nuovi compagni non ho mai detto cosa facevo. Alla fine questa cosa è uscita fuori. Con i miei amici di vecchia data, alcuni sono rimasti altri no, ma penso sia anche fisiologico.
La cosa difficile è che molto spesso gli impegni mi vengono detti all’ultimo. Ho spesso pochissimo tempo per capire quando devo spostarmi, dove andare, ecc. In generale mi impegno affinché tutti si incastri.
La notorietà è iniziata con la tv o già con i concorsi?
Già con i progetti, i giornali hanno cominciato a parlarne, in particolare con l’ultimo. In Islanda ho avuto la possibilità di fare cinque giorni di addestramento da astronauta. Più tardi è arrivata la Rai.
Raccontaci l’esperienza in Islanda. Deve essere stata parecchio formativa ed emozionante.
Gli astronauti dell’Apollo11, prima di andare nello spazio, si erano addestrati proprio lì in Islanda. Questo è molto importante per un territorio così piccolo, quasi sconosciuto. Un ragazzo islandese ha così pensato di organizzare questa sorta di addestramento, però solo per ragazze, in contrapposizione agli equipaggi dell’Apollo11 che erano composti da soli uomini.
Il sogno di diventare astronauta è oggi accessibile alle donne tanto quanto agli uomini?
Non so mai cosa rispondere a questa domanda, che mi viene spesso posta. Ad oggi, io sono ancora all’Università e non sono entrata propriamente nel mondo della ricerca o degli astronauti. Questa differenza uomini-donne non la vedo ancora tanto. Posso dire che all’Università, saremo un 20% di ragazze. A livello lavorativo, non lo posso ancora dire.
Come è arrivato il posto su Rai Gulp?
Il programma si chiama Missione Spazio ed è un formato che già esisteva. Nel 2015, era uscita una serie di 12 dvd da 50 minuti l’uno, in cui tutti gli astronauti italiani raccontavano la loro esperienza. Una cosa interessante perché era il primo progetto divulgativo che raggruppava tutti gli astronauti italiani. Al tempo, comprai questi dvd. Dentro di me ho sempre sperato di poter far parte di loro, ma mai avrei immaginato di essere contattata da uno degli autori della serie divulgativa. É avvenuto l’anno scorso. Stavano cercando un ragazzo o una ragazza che presentasse ciascun episodio. Non volevano il classico conduttore televisivo, ma cercavano un giovane appassionato di astronomia, fisica.
Come sono arrivati a te, Linda?
Da quando mi sono iscritta a facebook fino all’anno scorso, ho sempre passato il tempo a cercare persone nel campo, ossia fisici, astrofisici, astronauti. Mi sono fatta conoscere da questi facendo loro domande, rompendo anche loro le scatole. Agli autori di Missione Spazio hanno fatto il mio nome e sono stata contattata.
Questo mondo sembra vasto, ma standoci dentro ci si accorge di quanto la cerchia sia piccola. Gira e rigira, tutti si conoscono.
Ha contato il fatto di essere una ragazza graziosa e gioviale secondo te?
Penso che più di tutto abbiano contato i concorsi cui ho partecipato. Da qualche anno, inoltre, organizzavo incontri, conferenze ecc. La parlantina di fronte ad un pubblico ce l’avevo già.
La passione per l’astronomia com’è nata? Ha influito la famiglia?
É una passione che ho sempre avuto, fin da quando ero piccola. Vivi qui ad Almese, un piccolo paese della Val di Susa. Questo è stato una fonte di ispirazione per me. Intorno a me, c’è il bosco. Non c’è tutto questo inquinamento luminoso che c’è a Torino, nei centri abitati. Da piccola, mi ricordo, col mio vicino di casa, andavamo nel prato dietro casa. L’unica cosa che faceva luce erano le lucciole e le stelle. Forse è nata un po’ così la passione. Poi, mio padre è sempre stato un po’ appassionato di questa cosa. Tramite i suoi racconti, sono rimasta affascinata, come il famoso racconto dell’allunaggio. Dalle sue parole trovo la stessa emozione che sento oggi osservando e avvicinandomi a questo mondo.
É comunque una passione personale. Mio padre è impiegato e mia madre è casalinga. In famiglia non ci sono fisici o appassionati di astronomia.
Avevi confidato precedentemente che ti piacerebbe che la Sierra Nevada Corporation ti desse la possibilità di pilotare sullo spazio. Il sogno rimane quello di diventare astronauta? Oppure, ad oggi, ti piace più fare la divulgatrice?
La mia passione è rimasta la stessa. Il sogno è lo stesso, ma un conto è dirlo quando sei piccolo e non sei ben cosciente di ciò che stai dicendo. Nel momento in cui cresci, ti rendi conto di quanto sia difficile. Difficile dal punto di vista della selezione. Partono in 10 mila e ne vengono selezionati sei. É qualcosa di straordinario riuscirci. Per questo motivo ho deciso di aderire ad una frase dell’astronauta italiana Samantha Cristoforetti: “É importante avere un sogno, ma non bisogna diventarne schiavi”. Io ho questo sogno, ma al tempo stesso non devo vivere solo per quello.
Proprio perché non voglio esserne schiava, ho deciso di intraprendere la strada più difficile. In genere, gli astronauti ad oggi sono quasi tutti ingegneri. Ho scelto però di iscrivermi a fisica perché mi piace di più. É un qualcosa di più teorico, di più vasto, che ti porta alla conoscenza più pura. Questa è la cosa che mi affascina molto. Mentre l’ingegnere, alla fine, è uno che costruisce, ma senza il fisico che gli dice cosa fare, difficilmente può fare le cose da solo. La scelta di fisica sicuramente mi allontana dal mondo degli astronauti, ma almeno so che, nel caso non diventassi astronauta, ho fatto qualcosa che mi piace.
Oltre alla fisica e all’astronomia, hai altre passioni?
Aldilà di queste attività qui, sono una ventenne come le altre. Mi piace stare con gli amici, uscire. Diciamo che adesso ho molto meno tempo, anche rispetto ad un anno fa. Ho sempre scadenze una dietro l’altra. Non mi pento però. Mi reputo fortunatissima perché questo qua è diventato un po’ un lavoro ed è anche quello che mi piace.
Giulia Galdelli