L’incubo degli sfollati a Rafah. Quante vittime da immolare ancora per saziare la famelica macchina da guerra sionista?

sfollati a Rafah

Dalla fine di maggio piogge di missili israeliani piombano sugli sfollati a Rafah portando ulteriore devastazione e morte negli accampamenti dove già si lotta per sopravvivere in condizioni igienico-sanitarie precarie. Dopo la strage del 26 maggio, le esistenze degli sfollati a Rafah sono appese ad un filo, costretti all’ennesimo spostamento verso altre aree oppure a restare rischiando di essere immolati per saziare la famelica macchina da guerra sionista.

La demolizione del monumento simbolo di Gaza “I love Gaza” ha sancito la presa del controllo da parte dei carri armati israeliani sul lato palestinese del valico che collega Gaza all’Egitto e quindi l’avvio dell’incursione militare tra gli sfollati a Rafah.

La nostra condanna per trovarci dalla parte sbagliata del mondo e della storia

Chi dall’arido ed inerte macrocosmo occidentale ha sperato fino all’ultimo che lo spettro dell’incursione militare a Rafah non si materializzasse mai, alla fine di maggio ha visto ogni speranza infrangersi contro la lucida follia colonialista d’Israele. La nostra condanna per trovarci dalla parte sbagliata del mondo e della storia la stiamo scontando quotidianamente, i nostri occhi inorriditi e attoniti sullo schermo di uno smartphone fissano immagini scioccanti che identificano il disastro umanitario di una società che è indifferente al dolore e alla morte. La strage perpetrata il 26 maggio dall’esercito israeliano contro gli sfollati a Rafah, accalcati nel campo profughi di Tal As Sultan, ci ha consegnato strazianti rappresentazioni della disumanizzazione a cui i palestinesi sono sottoposti. In quella che era stata definita una zona sicura la morte ha fatto irruzione stroncando la vita di innocenti.

L’inferno del 26 maggio tra gli sfollati a Rafah

Dalla fine di maggio i missili israeliani stanno seminando terrore tra gli sfollati a Rafah già costretti a sopravvivere in condizioni igieniche disperate, il raid del 26 maggio ha causato l’uccisione di 45 persone e il ferimento di altre 200. In quella domenica infernale in senso letterale, 8 missili sono stati lanciati contro gli accampamenti di Tal As Sultan provocando l’incendio delle povere tende dove gli sfollati a Rafah si erano aggrappati ad un ultimo brandello di speranza. Il pretesto usato dai colonizzatori sionisti era quello di colpire dei membri di Hamas ma la realtà che sempre più si palesa, ci racconta di un’intenzione nemmeno tanto velata di compiere uno sterminio di massa. Quando la pioggia rovente di missili si è abbattuta sulle misere tende di nylon in cui gli sfollati a Rafah avevano provato a riadattare le loro nuove case immaginando uno stralcio di quotidianità, la devastazione delle fiamme è penetrata in quello che doveva essere un rifugio intoccabile e come in una tragica rappresentazione dell’inferno in terra, ha ridotto in cenere il tessuto e carbonizzato i corpi dei civili, in maggioranza donne e bambini, che non hanno fatto in tempo a fuggire.

Un mostro famelico sta divorando Gaza

Il fuoco vorace si è materializzato davanti agli sfollati a Rafah e ha inghiottito ogni cosa e ogni essere umano gli si presentasse davanti, l’odore acre ed insopportabile dei corpi carbonizzati è diventato un tutt’uno con l’aria resa incandescente dall’incendio divampato nel campo. Il padre che mostra in preda alla disperazione il corpicino esanime del suo bambino con la testa mozzata e la gamba mutilata, assurge a simbolo di questa ennesima carneficina ed è un urlo disperato rivolto al cosiddetto mondo civilizzato: “vedete di cosa sono capaci, cos’altro deve accaderci ancora per poter essere creduti da voi”.

Un’altra strage si è consumata il 6 giugno, i missili sono piombati su una scuola dell’Unrwa nel campo profughi di Nuseirat, a nord-est di Deir al-Balah, riadattata a rifugio per gli sfollati ma additata dai sionisti come base di Hamas, ingoiando più di 40 civili, soprattutto bambini e donne, la cui unica colpa era quella di essere nati nel posto sbagliato e cercare di sopravvivere in un girone infernale.

Solo due giorni dopo, sempre il campo di Nuseirat è stato dilaniato da violenti bombardamenti allo scopo di liberare 4 ostaggi israeliani che il 7 ottobre erano stati condotti a Gaza da Hamas, secondo fonti statunitensi, a questa sanguinosa incursione avrebbe preso parte anche un’unità militare americana e sarebbe stato utilizzato un camion partito dal molo temporaneo costruito dagli Usa per favorire le operazioni umanitarie ma a quanto pare adoperato come cavallo di Troia.

In questa ennesima strage, la più cruenta di questi 8 mesi, il mostro famelico israeliano ha inghiottito più di 200 civili, 200 vite palestinesi in cambio della liberazione di 4 ostaggi israeliani.

Quanti innocenti devono ancora essere immolati affinché la fame dell’ingorda macchina da guerra sionista possa saziarsi?

La denuncia dell’Unicef: “600.000 bambini intrappolati a Rafah”

Tess Ingram, responsabile della comunicazione dell’Unicef ha recentemente denunciato la devastante condizione quotidianamente vissuta da circa 600.000 bambini intrappolati a Rafah, ormai “esausti, traumatizzati, malati e affamati”, sradicati dalle loro case, sfollati più volte insieme alle loro famiglie e costretti ad adattarsi in rifugi di fortuna.

La realtà vissuta dai bambini sfollati a Rafah è “scioccante e squallida”, ciascuno ha accesso solo a 3 litri d’acqua potabile al giorno e ad un unico bagno ogni 850 persone, i prodotti sanitari, detergenti e pannolini sono impossibili da reperire se non a prezzi proibitivi, così come gli assorbenti mestruali per donne e ragazze che si vedono costrette ad usare pezze logore o ritagli delle tende.

Una squallida situazione igienico-sanitaria

Con la fuga disperata degli sfollati a Rafah, il numero di abitanti è aumentato da 250.000 a 1.4 milioni. L’appello lanciato dall’Unicef pone l’attenzione sulla squallida situazione igienico-sanitaria causata dall’elevata concentrazione demografica in un territorio relativamente ristretto.

Trovare uno spazio libero per gli sfollati a Rafah è impossibile, ogni angolo è occupato, per poter usare il bagno è necessario aspettare ore e spesso si è costretti ad espletare i bisogni fisiologici all’aperto, la dissenteria e ogni altra malattia conseguente alla scarsa igiene sono diffuse.

I bambini intrappolati a Rafah portano già addosso insanabili cicatrici fisiche e psicologiche e questa vulnerabilità complica ancora di più l’adattamento ad una realtà di privazione anche dei bisogni essenziali.

Paralisi delle operazioni umanitarie

L’intensificarsi dell’incursione militare a Rafah, in quell’area definita sicura dallo stesso governo israeliano, e l’ammassamento di carri armati sul lato palestinese del valico con l’Egitto, sta paralizzando le operazioni umanitarie di distribuzione di beni essenziali alla sopravvivenza e di carburante indispensabile perché i camion possano trasportare gli aiuti a Gaza. L’assenza di carburante causa una battuta d’arresto non solo sul fronte dell’approvvigionamento alimentare ma impedisce anche il funzionamento degli ospedali e degli impianti di desalinizzazione delle acque.

800.000 sfollati a Rafah sono stati costretti per l’ennesima volta a spostarsi in altre aree sapendo già in partenza che in nessun posto potranno mai essere al riparo dai bombardamenti, molti hanno provato a fare ritorno nelle loro case trovando però solo macerie e brandelli di mura rimasti in piedi, tra questi poveri resti fatiscenti stanno lottando per ricomporre una normalità che ormai da 7 mesi non esiste più ed è solo un lontano ricordo di una serenità ora tanto agognata.

Jenny Favazzo

 

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