L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, avvenuta quasi tre anni fa, ha segnato una svolta decisiva per il panorama energetico mondiale. Questa crisi ha avuto un impatto immediato e significativo, distruggendo la principale fonte di gas naturale per l’Europa e causando uno shock sui mercati globali dell’energia. L’impatto della guerra russa ha generato un periodo di elevata volatilità, che inizialmente ha portato a profitti straordinari per i produttori di combustibili fossili. Tuttavia, con il tempo, questi rendimenti eccezionali hanno iniziato a raffreddarsi.
La volatilità iniziale e i super-profitti delle compagnie petrolifere
L’impatto della guerra russa ha favorito i produttori di combustibili fossili nei primi mesi del conflitto, grazie all’impennata dei prezzi del gas e del petrolio. Le compagnie energetiche, come Shell ed ExxonMobil, hanno registrato guadagni record nel 2022, con profitti che hanno raggiunto cifre senza precedenti: $56 miliardi per ExxonMobil e quasi $40 miliardi per Shell.
Questo boom è stato alimentato dall’aumento dei prezzi del petrolio Brent, che ha superato i $100 al barile, e dal picco dei mercati del gas naturale, spinti dalla necessità di sostituire le forniture russe con importazioni via mare dagli Stati Uniti e dal Medio Oriente.
Tuttavia, questo scenario di profitti elevati non era destinato a durare. Già nel 2023, i mercati dell’energia hanno iniziato a mostrare segnali di debolezza. Il calo dei prezzi di gas e petrolio è stato significativo, portando a una riduzione delle entrate per molte aziende. L’impatto della guerra russa si è quindi evoluto da un fenomeno di breve termine a un elemento che ha ridefinito le dinamiche di domanda e offerta a livello globale.
L’impatto della guerra russa sulla transizione energetica in Europa
Uno degli effetti più visibili dell’impatto della guerra russa è stato il cambiamento radicale nella struttura delle forniture energetiche europee. Prima del conflitto, l’Europa dipendeva in larga misura dal gas naturale russo, trasportato attraverso una rete di gasdotti. La crisi ha costretto i Paesi europei a diversificare rapidamente le proprie fonti di approvvigionamento, incrementando le importazioni di gas naturale liquefatto (LNG) da Stati Uniti e Medio Oriente.
Questo adattamento ha ridotto la dipendenza dell’Europa dalla Russia, ma ha anche contribuito a un calo dei prezzi del gas sui mercati internazionali. Nel 2024, i prezzi medi del gas negli Stati Uniti, misurati attraverso il benchmark Henry Hub, sono scesi a $2,33 per milione di unità termiche britanniche (MMBtu), segnando una riduzione del 62% rispetto ai livelli del 2022. L’impatto della guerra russa, quindi, ha portato a un riassetto delle dinamiche energetiche europee, che ora si basano su una combinazione più diversificata di fonti e rotte.
L’impatto della guerra russa sulla stabilità del mercato petrolifero
Nonostante l’iniziale boom dei profitti, le principali compagnie petrolifere stanno ora affrontando sfide significative. Shell, per esempio, ha avvertito gli investitori che i suoi guadagni derivanti dal trading di gas e petrolio per l’ultimo trimestre del 2023 sarebbero stati nettamente inferiori rispetto ai mesi precedenti. Allo stesso modo, ExxonMobil ha annunciato un calo dei profitti derivanti dalla raffinazione del petrolio e un indebolimento generale delle sue attività.
L’impatto della guerra russa ha inoltre messo in luce una questione fondamentale: fino a che punto il mondo continuerà a fare affidamento sui combustibili fossili? Le nuove politiche di transizione energetica e il crescente impegno verso la sostenibilità stanno riducendo la domanda di petrolio e gas, mentre l’offerta continua a crescere grazie a nuovi progetti in fase di sviluppo.
L’Agenzia Internazionale dell’Energia ha avvertito che questa espansione non è in linea con gli obiettivi climatici globali e potrebbe portare a un eccesso di offerta, esercitando ulteriore pressione sui prezzi per il resto del decennio.
L’impatto delle politiche statunitensi e l’incognita Trump
Negli Stati Uniti, le politiche promosse dall’amministrazione Trump hanno dato nuovo impulso al settore dei combustibili fossili, incentivando la produzione di petrolio e gas. Tuttavia, queste misure potrebbero non essere sufficienti a garantire un ritorno ai livelli di profitto visti durante i primi mesi del conflitto in Ucraina.
Trump ha chiesto ai Paesi dell’Opec di aumentare la produzione di petrolio per abbassare i prezzi globali, con l’obiettivo di ridurre le entrate della Russia e, potenzialmente, accelerare la fine della guerra.
Questa posizione ambivalente ha sollevato interrogativi sulle priorità del presidente, che sembra oscillare tra il sostegno al consumatore americano – attraverso la riduzione dei costi del carburante – e il supporto all’industria petrolifera statunitense, interessata a mantenere prezzi elevati per salvaguardare i margini di profitto. Anche qui, l’impatto della guerra russa emerge come un fattore determinante nelle decisioni politiche ed economiche, influenzando non solo i mercati energetici, ma anche le strategie geopolitiche delle principali potenze mondiali.
Elena Caccioppoli