Cinquant’anni fa circa, una ragazza – sguardo fermo e sorridente, circondato dai capelli a caschetto – parlava ai leader dei governi: nelle sue parole c’erano statistiche, dati comprovati – fu una delle donne scienziate del MIT – e oltre a questi una profezia: “The Limits to Growth” (I limiti dello sviluppo) era un rapporto che già nel 1972 guardava al futuro del Pianeta parlando di “sviluppo sostenibile”, risorse limitate e un possibile “overshoot” della Terra.
Cinquant’anni fa circa, una ragazza – sguardo fermo e sorridente, circondato dai capelli a caschetto – parlava ai leader dei governi: nelle sue parole c’erano statistiche, dati comprovati – fu una delle donne scienziate del MIT – e oltre a questi una profezia: “The Limits to Growth” (I limiti della crescita) era un rapporto che già nel 1972 guardava al futuro del Pianeta parlando di “sviluppo sostenibile”, risorse limitate e un possibile “overshoot” della Terra.
Non era Greta, eppure la somiglianza risulterebbe difficile da negare.
[“Last Call” (Ultima Chiamata) è il docu-film che racconta la vicenda di Donella Meadows e del “Rapporto sui Limiti dello Sviluppo“, a cui collaborò.]
Donella – meglio nota come Dana – Meadows nasceva nel 1941 in Illinois. Studia chimica, poi biofisica, e dopo un anno in viaggio in Sri Lanka, entra come ricercatrice al Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Cambridge. La sua carriera è inserita, sin dal principio, nel cuore dell’interesse per l’ambiente: le viene riconosciuto un titolo come studentessa in Conservazione e Ambiente, premiata dalla Fondazione MacArthur fra quei talenti dotati di “straordinaria originalità e dedizione ai loro obiettivi creativi, e un’evidente capacità di perseguirli nella giusta rotta”. Riceve inoltre il Premio Walter C. Paine per l’Insegnamento della Scienza, e poco dopo la sua scomparsa – avvenuta nel 2001, all’età di 59 anni, per meningite – le viene conferito il Premio della Conservation Law Foundation, un’organizzazione per la difesa dell’ambiente. La pagina di Wikipedia (in inglese) a lei dedicata, la presenta così:
“Attraverso i suoi libri e i suoi articoli, è diventata un modello d’ispirazione, nonché una voce del movimento per la sostenibilità ambientale.”
A soli trent’anni infatti – insieme a un gruppo di ragazzi e ragazze venticinque-trentenni, ancor prima dei Fridays for Future, accomunati dall’interesse per il Pianeta – prende parte al progetto del Club di Roma. Fondata a fine anni ’60 dall’italiano Aurelio Peccei e dallo scienziato scozzese Alexander King con sede a Roma, presso la villa Farnesina, l’associazione – che è tuttora operativa, ma con sede in Svizzera – si pone come fulcro dei cambiamenti globali, in grado di anticipare i principali problemi che l’umanità si troverà a fronteggiare, e tentando di studiare soluzioni e scenari alternativi. È proprio all’interno di questa cornice infatti, che prende vita il Rapporto sui Limiti dello Sviluppo (o meglio sui “limiti della crescita”, dall’originale The Limits to Growth), pubblicato nel 1972, e reso ancora più eclatante allo scoppio – appena un anno dopo – della crisi petrolifera del ’73. Donella, dotata di straordinarie conoscenze da scienziata, ma soprattutto di un’ottima penna, è colei a cui viene affidato il compito di scriverlo, nonché evidentemente diventarne una dei più carismatici portavoce: non a caso, l’opera è nota anche come “Rapporto Meadows”.
L’opera viene commissionata a Dana e ai membri dell’Istituto di Tecnologia del Massachusetts (MIT) poiché si tratta di una simulazione al computer della crescita esponenziale – tanto economica che demografica – all’interno di un pianeta – il nostro – le cui risorse sono tuttavia limitate. L’obiettivo quindi, non consiste nel fare semplici previsioni, bensì descrivere un insieme di possibili scenari, al variare di diversi fattori “chiave”: popolazione, produzione di cibo, industrializzazione, inquinamento e consumo di risorse naturali non rinnovabili. Già allora risultava chiaro che queste variabili sarebbero cresciute in maniera esponenziale, mentre la disponibilità di risorse non avrebbe saputo mantenere il passo, nonostante la spinta della tecnologia. Alla fine, due dei possibili scenari vedono appunto un “overshoot con collasso” del sistema mondiale entro la metà, massimo la fine del ventunesimo secolo, mentre una terza ipotesi riguarda una progressiva stabilizzazione. Basandosi sui loro modelli, i ricercatori giungono infine a tre essenziali conclusioni: nel 2072 – continuando con il “business as usual” (di cui si discute parecchio adesso, in vista della ripresa post-coronavirus) – i limiti dello sviluppo si riveleranno in un improvviso e incontrollabile declino sia della popolazione che dell’industria: nell’ordine, questo comporterà un picco della produzione industriale nel 2008 seguito da una rapida depressione; verso il 2020 saranno la quantità di cibo e di servizi pro-capite a subire il medesimo andamento di picco e declino, e infine nel 2030 sarà la popolazione mondiale a raggiungere il massimo e poi calare vertiginosamente.
Il secondo punto offre però subito una speranza: i trend esponenziali del 1972 possono essere cambiati, così da ottenere una stabilità economica e ambientale che sia anche sostenibile sul lungo termine. (ma evidentemente, ciò non è accaduto, e si è preferito agire diversamente).
Il terzo infine, è un ammonimento, una specie di “chiamata alle armi”:
Prima le persone inizieranno a desiderare il secondo punto – cioè una stabilità economica e ambientale che sia anche sostenibile sul lungo termine – migliori sono le possibilità di farcela.
Qualcosa pare però andato storto, e l’umanità sta ancora tardando a darsi una svegliata…
Un’affermazione di Dana riguardo alle possibilità dello sviluppo sostenibile è rimasta:
“Quando le si chiedeva se abbiamo abbastanza tempo per prevenire la catastrofe, lei rispondeva sempre che di tempo ne abbiamo esattamente abbastanza, iniziando da adesso.”
– (Amory Lovins ricorda così Donella Meadows)
Ci saranno sempre dei limiti dello sviluppo. Possono essere auto-imposti, ma se non lo sono, saranno imposti dal sistema. Nessuna entità fisica può crescere per sempre. Se i manager delle aziende, i governi, gli esseri umani non scelgono, e non si impongono i propri limiti, per contenere lo sviluppo all’interno delle capacità dell’ambiente, allora sarà l’ambiente a scegliere di far valere i limiti.
( – dal libro di Dana “Thinking in Systems: a Primer “)
I limiti dello sviluppo, oggi: l’eredità di Donella Meadows
Il Club di Roma è tuttora attivo, e nel frattempo ha ospitato membri rinomati come la Principessa Beatrice dei Paesi Bassi, Mikhail Gorbachev, il re Juan Carlos I di Spagna, e numerosi premi Nobel.
Il club di Roma è tuttora operativo, e il 14 marzo 2019 ha inviato il proprio supporto a Greta Thunberg e agli studenti in sciopero dei Fridays for Future.
L’eredità di Donella Meadows e del Rapporto sui Limiti dello Sviluppo continuano a essere portate avanti dal marito di Dana Dennis Meadows – anch’egli scienziato e membro del gruppo – da Jørgen Randers – che de “I Limiti dello Sviluppo” ha scritto un aggiornamento, e attualmente collabora con il governo norvegese per tagliare le emissioni di gas serra del paese – e fra i tanti, dal docu-film “Last Call” realizzato dal regista italiano Enrico Cerasuolo.
Tra l’altro poi, il testo originale del Rapporto pubblicato nel ’72 è oggi disponibile gratuitamente online, tramite il sito della Fondazione dedicata a Dana.
Inoltre, poco prima della sua morte, la Meadows aveva realizzato uno dei suoi sogni più intimi: una specie di ecovillaggio in cui a far da padrona sarebbe stata chiaramente la sostenibilità. Cobb Hill è un insieme di persone, con case costruite secondo principi di bioedilizia, risparmio energetico e auto-sostentamento grazie a un’adiacente azienda agricola. Un modello “in miniatura” del mondo che Donella avrebbe desiderato:
Allora, che idee avete per il futuro?
Che cosa volete veramente?
Cosa serve per fare di questo, un mondo in cui siete contenti di alzarvi e andare al lavoro?
Che vi faccia sentire meravigliosamente per il possibile futuro dei vostri figli e nipoti, ed entusiasti di ciò che potranno portare avanti?
Che tipo di mondo sarebbe?
La risorsa più scarsa non è il petrolio, nè i metalli, l’aria pulita, il capitale, il lavoro o la tecnologia. È la nostra volontà di ascoltarci e di imparare l’uno dall’altro, e di ricercare la verità anzichè cercare di avere ragione.
Alice Tarditi