Quando l’equilibrio tra sentimento e amor proprio si spezza, nulla più appare reale, l’illusione enfatizza ogni aspetto del concreto finché autostima e dignità cedono il posto all’ossessione. E’ una limerenza capace di scatenare pericolosi meccanismi.
Ma definiamo questo stato: Limerenza
Questa parola fu coniata dalla psicologa Dorothy Tennov nel suo libro “Love and limerence: the experience of being in love” (1977). La limerenza è quello stato di follia che destabilizza la psiche e fa “perdere la testa” all’innamorato spingendolo a non pensare a nulla più, se non alla persona oggetto del desiderio.
Mettere a rischio se stessi e la propria incolumità psichica – e spesso, purtroppo, anche fisica – porta a definire, in ambito psicologico, tale affezione come patologica e talvolta molto nociva per chi la prova.
E’ amore oppure è un’ossessione?
In effetti la limerenza può somigliare fortemente ad una normale condizione di innamoramento (per lo meno nello stato iniziale): palpitazioni, eccesso di sudorazione, irrefrenabile agitazione fisica e mentale. Tuttavia si differenzia da esso per una successiva fase degenerativa che porta a idealizzare l’oggetto del desiderio fino a farne un’ossessione. La malattia può anche amplificare i sintomi se poi si aggiunge che l’amore per la persona ossessionata non è corrisposto.
Tutto ciò implica numerose conseguenze, talvolta tragiche, in altri casi invece funge da ispirazione per sublimi opere d’arte
Arte e letteratura sono intrise di limerenza
Una mia amica, un giorno, mi disse: “Ogni artista possiede la sua personale ossessione. Senza di essa non regnerebbe in sé l’arte”.
In effetti la tragicità stessa dell’amore ossessivo è da sempre fonte inesauribile di ispirazione per molti artisti che, grazie a questo, hanno dato alla luce opere di un’intensità unica. E’ come se, in qualche modo, fossero sempre alla continua ricerca di scosse, defibrillazioni, disequilibri emozionali. Insomma, gli artisti sono perennemente innamorati del primo amore e perciò un po’ fuori dalla realtà. Che per loro una passione sia reale o solo immaginata, non fa differenza, l’importante è poterla utilizzare per servire la Sacra Musa dell’arte (in realtà, per essi, unico e solo grande amore). Tutto questo a costo della propria incolumità, sacrificando raziocinio e consuetudini, proprio come successe all’usignolo di Oscar Wilde
“L’usignolo e la rosa” di Oscar Wilde
http://https://www.youtube.com/watch?v=alSWfWzmLyw
Questa è forse l’opera che più di tutte rappresenta il termine ” Limerenza “.
Oscar Wilde scrisse di uno studente disperato per il sentimento non ricambiato dell’amata e di un piccolo uccellino che, impietosito dal ragazzo, sacrificò se stesso in nome di questo amore. Con il proprio canto fece nascere una rosa e con il sangue del suo cuore la tinse di rosso. L’usignolo, infine, morì accompagnato dal suo bel canto, che arrivò ad allietare tutti i cuori tranne quello della ragazza. La spietata dama infatti non accettò la rosa come dono dell’amante, perché non ne vide l’anima, non ne percepì la poesia, tanto meno il sacrificio. La rosa fu gettata e calpestata e lo studente rinnegò l’amore per poi tornare sui suoi libri di sapienza.
Il gioco di Wilde: amare l’amore
In questo poema il “gioco” di Wilde fu trasporre l’amore idealizzato del giovane nel cuore di un usignolo, l’unico che davvero avrà il coraggio di morire in nome di questo sentimento. Wilde qui descrive una strana forma di limerenza, forse di stampo più aulico, perché per l’usignolo l’oggetto amoroso è l’amore stesso:
«La morte è un prezzo alto da pagare per una rosa rossa», esclamò l’usignolo, «e la vita è molto cara a tutti. È piacevole sedersi nel verde del bosco, e guardare il sole sul suo carro d’oro, e la luna sul suo carro di perle. Dolce è il profumo del biancospino, e dolci sono le campanule che si nascondono nella valle, e l’erica che soffia sulla collina. Eppure l’amore vale più della vita, e cos’è il cuore di un uccello rispetto al cuore di un uomo?»
da: “L’usignolo e la rosa” di Oscar Wilde
Che la limerenza sia dannosa non ci sono dubbi, ma quando diventa il seme capace di concepire opere come “l’usignolo e la rosa”, un po’ la si cerca. Sono letture empatiche, fortemente coinvolgenti, da percepirne l’anima, proprio quella racchiusa dentro la rosa rossa di Wilde
Ma è possibile abbandonarsi alla passione senza per forza ammalarsi di limerenza?
Di certo è necessario guardarsi dentro, conoscersi fino in fondo, capire cosa si vuole veramente da se stessi e soprattutto come si vogliono vivere i propri sentimenti.
Ma questo è spesso un lavoro arduo; perché in fondo, chi nel corso della propria vita non è mai stato colto dalla morbosità di un amore, dalla spietatezza della limerenza?
La teatrale frase “morirei per te!” è citata spesso in maniera sprovveduta, perché alla fine in pochi avrebbero davvero il coraggio dell’usignolo… E per fortuna direi!
Perché la vita è preziosa ed è di primaria importanza impegnarsi nella ricerca di quella stabilità necessaria alla sopravvivenza, quel volersi un po’ bene e proteggersi dalla sofferenza (per quanto si possa). Allontanare quell’ombra che oscura i pensieri e copre come un velo la bellezza di un fiore che sboccia.
L’amore però non ha logica alcuna
Nonostante ciò mi rendo conto che, in realtà, queste mie parole sono solo fredde e schematiche riflessioni, visto che l’amore è un po’ come un morbo e nel momento dell’affezione il raziocinio è inevitabilmente compromesso. A quel punto si può solo sperare che il “raffreddore” passi presto.
Una cosa però è certa: nessuno saprà mai come moderare l’amore (quello vero), perché esso stesso esula da qualsiasi pragmatica cognizione mentale. Al dunque non ci resta altro da fare che viverlo, perché rinnegarlo (come fece il giovane di Wilde) è il peccato più grave dell’essere umano.
Sabrina Casani