Liliana Segre senatrice a vita. La nomina è arrivata ieri, dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Una nomina importante, un nome che ha dietro di sé tutto il peso dell’Olocausto. La neo senatrice è testimone diretta degli orrori di Auschwitz, una dei pochi bambini ad essere sopravvissuta ai campi di concentramento.
Perché proprio Liliana Segre senatrice a vita?
Quando furono emanate le leggi razziali, nel 1938, Liliana Segre aveva solo 8 anni. Fu cacciata dalla scuola perché ebrea. Ma allo stesso modo non avrebbe potuto entrare in una biblioteca, andare in spiaggia, avere un apparecchio radiofonico. I cartelli affissi fuori dai negozi intimavano: “Vietato l’ingresso agli ebrei“, “Negozio ariano”, “Vietato l’ingresso ai giudei e ai cani“. No, non sto facendo la recensione del film La vita è bella, riporto solo note di un passato italiano neanche troppo lontano. Nelle annotazioni di un tipografo ebreo si legge:
Niente carte annonarie per prelevare latte e cibi di ogni sorta, niente sigarette, niente buoni per prelevare (a pagamento) indumenti o vestiario di qualsiasi tipo. Insomma si doveva crepare di inedia!”
Liliana Segre, orfana di madre, tentò di riparare in Svizzera con il padre per sfuggire al clima d’odio che si respirava in Italia, ma fu respinta. Ne seguì l’arresto, e il dopo arresto si può riassumere in tre parole: viaggio per Auschwitz. Fortunatamente per Liliana, il suo non fu un viaggio di sola andata, si può dire che lei sia una miracolata. Ecco perché Sergio Mattarella ha nominato Liliana Segre senatrice a vita. La sopravvivenza nei campi di concentramento era una rara eccezione. Basta leggere i numeri per capirlo: di 776 bambini italiani deportati, soltanto 25 furono sopravvissuti.
I commenti a caldo dei rappresentati delle istituzioni
Il segnale che arriva dal Colle con questa nomina è chiaro: su valori come antisemitismo, antirazzismo e antifascismo, contro la violenza e il negazionismo non si discute. Parole di sostegno e approvazione per la decisione di rendere Liliana Segre senatrice a vita arrivano anche dai rappresentanti delle istituzioni. Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha detto:
Da senatrice ci indicherà il valore della memoria.
Il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni gioisce:
è un segno molto importante avere un testimone in Parlamento.
Matteo Renzi:
è una bellissima notizia.
Pietro Grasso è:
onorato di dare il benvenuto, ancora nella veste di Presidente del Senato.
La Presidente della Camera Laura Bordini defiinisce Segre:
una donna forte, coraggiosa, sopravvissuta all’orrore.
Sono solo una nonna, sminuisce la Segre
In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, Liliana Segre sdrammatizza sul peso della sua nomina.
Io sono una donna qualsiasi. … Mattarella mi ha parlato con garbo, è una persona molto carina, sono grata. Ho risposto: ma io sono una nonna. … Pensavo di far parte di una schiera di anziani.
(Sono) il simbolo di un mondo perduto, da cui per caso mi sono salvata. Ho trasferito tutto questo nella memoria, ho raccontato senza odio e senza vendetta. La vita riserva delle grandi sorprese. Vedermi così onorata da quello stesso Stato che 80 anni fa mi aveva mandato nel lager.
Il 25 gennaio Liliana Segre sarà al Quirinale. Riferisce di essere stata più volte invitata in passato, ma ha sempre preferito rimanere a Milano per parlare a duemila ragazzi in teatro. Si definisce la nonna di quei ragazzi e anche la nonna di se stessa.
Quando parlo di me bambina nel lager, ho una grande pena. In quel momento mi sdoppio e, confesso, questo sdoppiarmi lo sento talvolta come un pericolo. Mi domando sempre come ha fatto quella ragazzina a salvarsi. Mi rivedo con la testa rapata, i piedi piagati dalla marcia della morte…
Alla domanda su quale sia un libro a lei caro, Liliana Segre risponde:
‘La tregua’ di Primo Levi. Io l’ho vissuta la tregua e se non l’hai vissuta non puoi capire. E’ il passaggio dall’uscita dal lager al ritorno nella cosiddetta società civile. Primo Levi vagabondò per mesi in diversi Paesi europei prima di tornare. Io fui liberata il primo maggio del 1945, curata con la penicillina perché avevo una brutta ferita sotto un braccio, e per quattro mesi rimasi libera in Germania con un gruppo di soldati italiani, di quelli che avevano detto no alla Repubblica Sociale, e un paio di sopravvissuti al lager. Quei mesi sono stati importantissimi, eravamo malati gravissimi, avevamo bisogno di leccarci le ferite da soli.
E al ritorno
non c’era più nulla della mia vita passata. Ero una selvaggia che non sapeva più stare nella società borghese.
Parole agghiaccianti, ma che vale la pena di riportare. Per non dimenticare.
Lorena Bellano