È tornata alla ribalta LifeStraw, la cannuccia che depura l’acqua.
Grazie a LifeStraw è possibile bere acqua in qualsiasi condizione, dal rubinetto di casa fino alla pozzanghera, passando per laghi e ruscelli.
Ad un primo impatto si è portati a pensare subito ad una gita fuori porta, durante la quale è possibile trovare fonti d’acqua della cui potabilità potremmo non essere sicuri. Eccoci a immaginarci scarponcini, zaino in spalla e cannuccia speciale, pronti a bere qualsiasi cosa senza rischi, tra le montagne o in una nuova città.
LifeStraw però pensa più in grande.
Gli ideatori del dispositivo hanno pensato al problema della sete nel mondo. In alcune zone del Pianeta infatti, purtroppo, le fonti d’acqua sono ridotte o irreperibili. Il problema si accresce se si pensa che, molte delle fonti disponibili in queste zone, si trovano in condizioni tali da rendere l’acqua non potabile.
Ed è proprio in questi casi che LifeStraw dimostra la propria utilità, rendendo potabili le scarse fonti d’acqua che si trovano nelle zone più aride. Nel 2011 l’azienda produttrice ha lanciato un progetto proprio su questo tema nel Kenya occidentale.
Il progetto in questione è il Carbon for Water.
La Verstergaard Frandsen, azienda produttrice della LifeStraw, ne ha dotato il governo kenyiota per 30 milioni di dollari, in cambio di crediti carbonio.
Secondo la presentazione di Carbon for Water, il progetto avrebbe permesso alle famiglie del posto di bere l’acqua senza doverla bollire precedentemente, oltre a ridurre l’incidenza di disagi dovuti all’acqua non potabile, come la diarrea.
Se da una parte LifeStraw, grazie a questo progetto, è apparsa a molti come la soluzione di una piaga che affligge ancora troppe persone nel mondo, c’è chi invece ha storto il naso.
Kevin Starr ad esempio, ha riportato una serie di critiche all’innovativa cannuccia ed a Carbon For Water, in un articolo pubblicato sulla rivista americana Stanford Social Innovation Review. Secondo Starr innanzitutto le famiglie costrette a bollire l’acqua, in Kenya, sono molte meno di quelle dichiarate dai promotori di Carbon for Water. In secondo luogo alcuni studi avrebbero dimostrato, in Paesi come il Congo, che nemmeno l’efficacia di LifeStraw nella prevenzione della diarrea sarebbe dimostrabile. Infine, pare che il filtro della cannuccia andrebbe sostituito ogni tre anni circa. Questo significa che, scaduti i filtri, le famiglie, o il Governo, dovrebbero riacquistarli. La cosa renderebbe il progetto una gran trovata commerciale oltre che pubblicitaria, mascherata da iniziativa umanitaria: dove sarà la verità?
Mariarosaria Clemente