Licenziata perché sposata con una donna, è successo ad Ancona

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È possibile perdere il lavoro perché omosessuali? Sembrerebbe proprio di sì, in base a quanto è accaduto ad Ancona. La dipendente di una caffetteria-pasticceria è stata licenziata perché sposata con una donna.

Auguri alle spose!

La protagonista di questa storia è una quarantenne che da ben sette anni lavorava in una pasticceria di Trecastelli. L”unione civile’ con la sua compagna è avvenuta due anni fa, ad ottobre del 2016 e poi, dopo due mesi, a dicembre di quello stesso anno, è stata licenziata perché sposata con una donna.




Ritenendo di essere vittima di discriminazione sessuale la dipendente ha fatto ricorso presso il giudice del lavoro, il quale le ha dato ragione. La donna ha vinto la causa e il giudice ha disposto che il licenziamento venga annullato e che lei ritorni a lavorare nella pasticceria.

La suddetta pasticceria le aveva inviato una lettera di licenziamento per riduzione dell’attività lavorativa: “C’è crisi”, questa era la motivazione ufficiale; ma la dipendente (addetta al banco) sostiene che sia stata l’unione con la sua compagna la causa della perdita del posto di lavoro. Unione che avrebbe creato molto scalpore. In un primo momento, la donna aveva provato a risolvere la situazione attraverso l’avvocato Francesco Gobbi, non ottenendo i risultati sperati, si è poi rivolta al giudice, Tania de Antoniis, che ha affermato:

«Nel merito va dichiarata la nullità del licenziamento in quanto irrogato entro l’anno dall’unione civile».




La legge sulle unioni civili

Difatti la legge 76/2017 (meglio nota come legge Cirinnà) afferma che «le disposizioni contenenti le parole ‘coniuge’, ‘coniugi’ o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche a ognuna delle parti dell’unione civile». Inoltre, il codice delle pari opportunità tra uomo e donna (decreto legislativo 198/2006) «ritiene nulli i licenziamenti attuati per causa di matrimonio, presumendo che siano stati irrogati per tale causa quelli intimati entro l’anno dalla celebrazione delle nozze».




Tra l’altro la legge Cirinnà è entrata in vigore il 5 giugno del 2016, pochi mesi prima che la donna licenziata si sposasse con la sua compagna, la loro era stata una fra le prime coppie omosessuali a convolare a nozze, grazie alla legge sulle unioni civili. L’avvocato Gobbi è felice del risultato ottenuto, però Gianluca Saccomandi, legale della pasticceria, ci tiene a mettere in chiaro: «abbiamo tempo fino all’8 aprile per presentare reclamo: il mio assistito non sapeva dell’unione civile, perché la dipendente non ne aveva parlato con nessuno e nella stessa data si era presentata regolarmente in pasticceria».

La sentenza del tribunale di Ancona è stata resa pubblica il 9 marzo, chissà se i datori di lavoro presenteranno ricorso o accetteranno di reintegrare la vecchia dipendente.

Carmen Morello

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