Lo sviluppo dell’AI apre le frontiere verso applicazioni in campo tecnico e sperimentale innovative, ma la comunità scientifica e legiferante vuole fare un passo indietro e attende la pubblicazione del “Libro Bianco”
Negli ultimi mesi, l’evoluzione delle possibili applicazioni dell’AI ha aperto la strada a un nuovo modo di intendere molti dei servizi che ci vengono offerti: dal mondo della food delivery fino all’osservazione del canto delle balene. Progressi che però ad oggi preoccupano: cosa ci dobbiamo aspettare nel lungo periodo? Quanto saremo influenzati e quanto potrebbe cambiare il nostro approccio alla vita quotidiana in un mondo dove un clic di una palpebra potrebbe permettere un acquisto online?
E per quanto riguarda la privacy, una delle grandi questioni di etica del nostro paese? Postare, condividere, commentare: da un lato un mondo più interconnesso, dall’altro la tendenza a voler ricercare un angolino segreto dove rifugiarsi. Perché da sempre, un mondo grande affascina ma spaventa.
E proprio partendo da una riflessione su etica, moralità e privacy la Commissione Europea ha avviato i lavori sul mondo dell’AI per presentare a fine febbraio il “Libro Bianco”, sull’evoluzione e sui rischi connessi all’intelligenza artificiale e alle sue applicazioni. Libro di cui recentemente hanno pubblicato un piccolo estratto.
Una questione morale che non riguarda solo astruse regole comportamentali o dibattiti filosofici, ma è intrinsecamente connessa con l’evoluzione del diritto stesso.
Riconoscimento biometrico e facciale, utilizzo di armi sempre più “autonome” e automatizzate: sviluppi che mettono a rischio i diritti fondamentali dell’uomo in quanto essere e in quanto cittadino.
“L’uso di tecnologie di riconoscimento facciale da parte del settore pubblico o da quello privato dovrebbe essere vietata per un periodo di tempo (da tre a cinque anni), durante il quale una metodologia per valutare l’impatto di queste tecnologie e possibili misure per mitigare i rischi possano essere identificate e sviluppate”. (estratto dal testo)
Da un lato dunque la necessità di sfruttare le nuove tecnologie e rimanere al passo con i governi esteri, come quello cinese e quello americano che investono molte risorse nello sviluppo dell’AI, dall’altro garantire la sicurezza dei dati dei cittadini europei e stabilire una norma di comportamento comune che rispetti i diritti fondamentali su cui si fonda l’Unione Europea.
Dibattito che deve svolgersi anche in materia di responsabilità, dividendo quella dei produttori da quella di sviluppatori e fruitori.
Anche il CEO di Google, Sundar Pichai, ha dichiarato che l’attesa è la scelta migliore
Una dichiarazione che sicuramente riflette una mossa astuta e consapevole: in caso di una lacuna normativa, aspettare significa evitare di incorrere in possibili sanzioni o provvedimenti (il caso facebook ormai ha fatto scuola).
Ceo che richiede inoltre un allineamento delle norme internazionali soprattutto tra UE e USA, per permettere di seguire una linea di sviluppo e comportamento similari.
Troppo veloce però rimane l’evoluzione nel corso degli ultimi anni: ci ricorda un po’ il mito della caverna di Platone, dove gli schiavi potevano vedere solo le ombre riflesse sulle pareti e non la realtà esistente. Se noi potessimo liberarci delle catene del costante “aggiornamento” quale sarebbe la realtà effettiva? Quali sono le ombre che ci distraggono?
Chiara Nobis