La globalizzazione tecnologica dell’Ibm non piace a Trump
Sembra impossibile solo a immaginarlo ma è successo veramente. L’IBM, colosso informatico statunitense, nato prima di Microsoft e Google e con fabbriche da New York alla Silicon Valley, conta oggi più dipendenti in India (sono 130 mila, un terzo dei totali) rispetto agli Stati Uniti.
Si può forse parlare di globalizzazione tecnologica? Probabilmente sì.
L’ IBM, infatti, non è la sola azienda informatica Statunitense ad avere più dipendenti “fuori base” ( si pensi a Oracle e la Dell) ma è la sola a contare più dipendenti in un solo paese straniero rispetto agli Stati Uniti. Una globalizzazione, questa, contro cui si è scagliato l’attuale presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, sostenendo che gli stranieri rubino agli statunitensi i posti di lavoro nel settore tecnologico.
Non la pensa così Vanitha Narayanan, direttrice delle operazioni dell’ Ibm in India, che ha ribadito quanto sia già di per sé immaginabile: “è stata l’azienda a stabilire dove aumentare i posti di lavoro, in base alla disponibilità di lavoratori qualificati e al budget dei clienti.”
I dipendenti indiani hanno una marcia in più?
Ma quando e dove è iniziata la storia dell’ IBM in India?
La prima sede è stata aperta nel 1951 nelle città di Mumbai e Delhi; nessuno avrebbe immaginato che, di lì a qualche anno, ci sarebbe stata un’espansione tale da far aprire sedi in tutto il Paese. Oggi l’ IBM è presente ovunque: da Kolkata a Hyderabad, da Bangalore a Pune.
Sebbene la maggioranza dei dipendenti indiani siano dediti a servizi di consulenza e gestione di aspetti tecnologici delle aziende, non mancano anche i ricercatori che, quotidianamente, sviluppano nuove idee.
Un esempio concreto? Un team di Bangalore si è servito di Watson, sistema di intelligenza artificiale, per indicizzare più di 500mila foto delle sfilate di moda più importanti e dei film Bollywoodiani. Lo scopo? Andare incontro agli stilisti per aiutarli a non rifare modelli già esistenti. Database approvato. Obiettivo centrato. “In un paio di secondi possiamo fare una ricerca che altrimenti richiederebbe troppo tempo”, ha detto Shane Peacok, gestore di un’importante casa di moda di Mumbai.
Ma non solo consulenti e ricercatori, i dipendenti dell’ IBM India sono anche degli ottimi progettisti. Tantissime sono le app per iPhone e iPad che vengono continuamente create: da quella che consente alle compagnie aeree di ricollocare i passeggeri, a quella che consente di collegare il frigorifero a internet per verificare quali elementi ci siano al suo interno. Il tutto per inviare una ricetta con tanto di video e un elenco degli ingredienti che mancano per completarla.
Obiettivi futuri dell’ IBM India.
Ad oggi, il mercato indiano è al centro degli innumerevoli sforzi che l’Ibm sta facendo per supportare le imprese a servire tutte quelle persone che, per problemi di soldi, sono ancora escluse dalla rivoluzione digitale.
Secondo i dirigenti dell’Ibm, il futuro dell’azienda consisterà in progetti simili a quello già avviato con la Manipal hospitals, una catena di cliniche di Bangalore; ovvero quello di adattare Watson e renderlo utile ai medici per curare pazienti affetti da alcuni tipi di tumore. Un progetto ambizioso che fa ben sperare per il futuro.
Insomma, “L’Ibm India è nel vero senso della parola un microcosmo dell’azienda IBM” per usare le parole della direttrice Vanitha Narayanan!
Francesca Conti