La libertà è un concetto complesso. Per essere liberi è sufficiente poter scegliere o è necessario prendere in considerazione anche altri fattori? E ancora: se, e quando, è realmente possibile scegliere in piena ed assoluta libertà? Si tratta di interrogativi ancestrali, originari, archetipici. Domande aperte entro cui si confrontano individuo e comunità, unità e molteplicità, frammenti e intero. Questioni mai del tutto solubili che, oggi, continuano a riguardarci.
Concetto complesso. Realtà a lungo agognata, poi afferrata e conservata con cura. Umiliata, persa, ritrovata e, poi, normalizzata e custodita. La libertà. Custodire, coltivare. È questo ciò che siamo chiamati a fare con concetti-realtà di tale fattura. Con orizzonti teorici e prassici di fondamentale ed ineludibile importanza per la nostra esistenza individuale e comunitaria. Ma complesso, arduo, intricato è l’itinerario da percorrere. Asintotica la cavalcata.
È invalsa, ormai da tempo, l’abitudine di intendere la libertà come l’indiscriminata capacità individuale di poter agire. Da questa prospettiva, ad un soggetto basterebbe poter prendere questa o quella scelta in totale autonomia per essere libero. Per esercitare pienamente la propria libertà. Tocca chiedersi, se tutto ciò – in linea di principio, necessario alla realizzazione del concetto di libertà – basti. O se occorre rivolgersi anche ad altri piani, livelli, dimensioni.
LA DIMENSIONE INDIVIDUALE
Quanto appena delineato si potrebbe porre in altri termini. Se è vero che la libertà consiste nel mero poter agire, ne consegue che qualunque scelta attuata in piena autonomia sia libera. E non solo per l’individuo che la compie, ma anche per il contesto in cui avviene. Se così non fosse, infatti, bisognerebbe intendere la libertà come un concetto meramente individuale. Scevro, quindi, di qualunque implicazione sul piano relazionale, sociale, comunitario. Cosa che ne inficerebbe non poco la gittata esistenziale ed esistentiva. In tal caso la libertà assumerebbe la forma di un dispositivo di realizzazione meramente individualistico e, in ultima istanza, autoreferenziale.
Seguendo questo meccanismo formale, emergono ulteriori, e non poche, criticità. Innanzitutto, bisognerebbe chiedersi: quando si è realmente del tutto liberi? Lo si è, tirando la questione allo stremo, nell’atto di venire al mondo? Nel ritrovarsi gettati in un determinato – questo e non quello – contesto, ambiente, perimetro? E ancora: si posseggono sempre e comunque gli strumenti, le conoscenze, la lucidità indispensabili a rendere ogni scelta che si presume libera, realmente tale? In altri termini, basta poter scegliere per realizzare la propria libertà? Un individuo che scelga liberamente di stare al mondo in un determinato modo, tutela – in ogni caso – la propria libertà? Si ha la piena ed indiscriminata facoltà di ingannare, manipolare, truffare, addirittura delinquere. Costituirebbe, tutto ciò, l’espressione di una qualche nobile forma di libertà?
ULTERIORI DIMENSIONI, PIANI, LIVELLI DELLA LIBERTÀ
Se, allora, l’indiscriminata capacità individuale di poter agire è condizione necessaria alla libertà, vi sono ulteriori dimensioni, piani, livelli da tenere in considerazione affinché si possa parlare di libertà nel senso forte del termine.
In prima istanza – come si è anticipato – il fatto di essere singoli ma anche molteplici. Frammenti dotati di un’identità ma anche parti dell’intero. Essenzialmente metamorfici, cangianti, protèsi al costante ed asintotico arricchimento. La ricerca si configura come un continuo dialogo con l’alterità. Come un processo, senza posa, di strutturazione, destrutturazione e ristrutturazione. Così come il discorso sulla libertà.
In secondo luogo – sulla scia di quanto appena introdotto – perché la pretesa di agire in totale libertà si rivela, nella maggior parte dei casi, illusoria. Come ben evidenziato dal pensatore ed economista Cass R. Sunstein nei suoi ultimi studi, ogni individuo – cosciente o meno che lo sia – è libero di agire in un determinato ambiente. Un contesto, «un’architettura della scelta» che, inevitabilmente, ne condiziona l’agire. Entro questi argini, allora, è possibile accrescere – rifacendosi ad un’altra felice espressione di Sunstein – la propria «navigabilità». Ovvero, la capacità di orientarsi nel mondo e, orientandosi, realizzare la propria libertà.
LE SPINTE GENTILI
Il punto è questo. Se al poter agire liberamente si affianca un costante affinamento della propria conoscenza, si aprono sempre-nuove regioni di applicazione della propria libertà. Si innesca un processo di espansione vitale in cui il sé, inevitabilmente, si confronta con l’altro da sé. In questa cornice, Sunstein evidenzia la fondamentale importanza di ciò che definisce «nudges, “pungoli” o “spinte gentili: interventi che guidano le persone in determinate direzioni, pur tutelando la loro libertà di scelta». Ed ecco che il concetto-realtà di libertà si configura – e riconfigura – come un interrogativo fondante entro cui si confrontano individuo e comunità, unità e molteplicità, frammenti e intero.
Lo si è già visto. Solo in parte l’uomo può dirsi totalmente libero nel momento in cui compie le proprie scelte e per il fatto stesso di poter scegliere. Sottolinea il già citato Sunstein nel breve, ma denso, saggio Sulla libertà:
Può darsi che le persone non sappiano come raggiungere il luogo dove vogliono andare. Al pari di Adamo ed Eva, possono cadere in tentazione. A volte non hanno autocontrollo. Molto dipende dalle condizioni di partenza. A volte le scelte non sono autonome, nel senso più profondo del termine, perché vengono compiute da individui impoveriti, ingannati o manipolati. A volte le persone non dispongono di informazioni cruciali. A volte le loro preferenze sono il frutto dell’ingiustizia o della miseria. A volte commettono semplicemente degli errori. Di conseguenza, la loro vita peggiora, e di molto.
CUSTODIRE E COLTIVARE LA LIBERTÀ
In altri termini – continua Sunstein – le scelte di ogni individuo sono «spesso […] il prodotto di un’architettura della quale nessuno essere umano è responsabile». Da qui l’importanza di custodire e coltivare la libertà con «nudges, “pungoli” o “spinte gentili». Interventi tesi a tracciare proposte alternative, itinerari di ricerca che contribuiscano ad accrescere la consapevolezza dei singoli individui – la «navigabilità» – pur tutelandone la libertà di scelta. Si ritorna alla questione iniziale: la libertà non va solo custodita – salvaguardando ogni scelta autonoma – ma anche coltivata. Tanto sul piano relazionale e sociale-comunitario, quanto a livello sistemico. Ognuno dalla propria prospettiva, secondo le proprie possibilità, a partire da ruoli ricoperti e funzioni svolte. In quell’ancestrale, originaria, archetipica intercapedine che si articola tra individui e collettività, frammenti ed intero, unità e molteplicità, stasi e movimento. Domande prime ed ultime che non finiranno mai di riguardarci.
Mattia Spanò