Libero Grassi, l’imprenditore che si ribellò alla mafia

Libero Grassi 10 gennaio 1991

Il 10 gennaio è una data che ricorda il gesto straordinario di Libero Grassi, imprenditore palermitano che nel 1991 affrontò apertamente la mafia con una lettera pubblicata sul Giornale di Sicilia. Un atto di resistenza che, purtroppo, vide il suo tragico epilogo con l’assassinio di Grassi, ucciso dalla mafia il 29 agosto dello stesso anno. Il coraggio di Grassi non fu vano, anzi rappresentò l’inizio di una ribellione civile in Sicilia contro le estorsioni, un tema che continua a essere tristemente attuale.

A distanza di oltre trent’anni, la lotta contro il pizzo e il racket non è ancora vinta. La mafia, purtroppo, non è solo una questione di paura, ma anche di connivenza e convenienza per tanti. Nonostante i numerosi progressi, il fenomeno delle estorsioni è ancora radicato e si è evoluto in forme nuove, difficili da combattere. Tuttavia, il 10 gennaio resta un simbolo di speranza e di coraggio per chi continua a combattere ogni giorno per dire “no” al pizzo.

Il gesto di Libero Grassi un monito per tutti

Quando Libero Grassi scrisse quella famosa lettera, non fece altro che mettere in luce una realtà che, fino ad allora, molti avevano preferito ignorare: la mafia non solo ammazza, ma esige denaro, controllo e potere. La sua lettera, indirizzata all’estortore che lo minacciava, rappresentò un atto di sfida importante. Scrisse con chiarezza: “non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia”. Non si trattava solo di un rifiuto economico, ma di una chiara volontà di ribellarsi all’intero sistema mafioso che, in quegli anni, opprimeva l’intera città di Palermo e la Sicilia.

La pubblicazione della lettera suscitò una reazione violenta, ma il suo messaggio si diffuse rapidamente e la sua morte divenne un simbolo. Francesco Foresta, giornalista che ha scritto un articolo sulla sua “resistenza”, definì l’evento come uno spartiacque tra un passato di omertà e un futuro in cui il coraggio, anche se pagato con la vita, poteva dare speranza. La sua morte, quindi, non segnò solo la fine di un uomo, ma l’inizio di una mobilitazione sociale contro il racket.

La battaglia del presente

Nel corso degli anni, il fenomeno delle estorsioni non è scomparso. Anzi, ha assunto forme più subdole e difficili da individuare. Nel 2024, gli investigatori hanno ricostruito oltre cento episodi di racket, e Addiopizzo ha assistito ben 23 vittime che hanno deciso di denunciare e di costituirsi parte civile in 11 processi. Il numero di denunce è in crescita, ma spesso il fenomeno rimane nascosto. In molte situazioni, i commercianti e gli imprenditori, per paura o convenienza, preferiscono non denunciare, rendendosi complici del sistema mafioso.



Questa situazione non è solo frutto della paura, ma anche della convinzione che i boss mafiosi siano in grado di risolvere le problematiche quotidiane in maniera più rapida ed efficace di quanto possa fare lo Stato. La connivenza con la mafia è spesso una questione di sopravvivenza economica, una condizione che rende difficile scegliere di affrontare la mafia quando le alternative sociali e economiche non sembrano realistiche.

La resistenza delle associazioni e il supporto ai denuncianti

Le associazioni come Sos Impresa e Addiopizzo sono in prima linea nella lotta contro le estorsioni, ma il loro compito non si limita a raccogliere denunce. Da anni, promuovono programmi di supporto a chi ha il coraggio di opporsi alle richieste di denaro, offrendo sia supporto legale che psicologico. Secondo Fausto Amato, coordinatore nazionale dei legali di Sos Impresa, è fondamentale che il 10 gennaio venga riconosciuto come data simbolo della lotta contro il racket, per ricordare non solo il sacrificio di Libero Grassi, ma anche il valore della resistenza, della speranza e del coraggio che continuano a ispirare chi oggi si oppone al fenomeno.

Ma denunciare il racket non è sufficiente. La vera svolta, secondo le associazioni, arriva solo quando la politica si impegna a risolvere le radici profonde del fenomeno. La povertà, il degrado e l’assenza di opportunità economiche e sociali sono, infatti, le condizioni che favoriscono l’espansione della mafia. Le istituzioni devono lavorare per garantire diritti fondamentali come quello alla salute, al lavoro, all’istruzione e alla casa, che altrimenti rimangono un miraggio per molti.

La proposta di una Giornata Nazionale Antiracket

Per non cadere nella trappola della retorica, le associazioni lanciano una proposta concreta: istituzionalizzare il 10 gennaio come la Giornata Nazionale Antiracket. La proposta è chiara: il giorno in cui Libero Grassi scrisse la sua famosa lettera deve diventare una data ufficiale per sensibilizzare il paese e ricordare a tutti che la lotta contro la mafia non è una battaglia del passato, ma una lotta quotidiana.

Secondo Addiopizzo, infatti, la sfida principale è combattere la mafia non solo con azioni repressive, ma creando alternative sociali ed economiche che possano neutralizzare il consenso mafioso. Solo così si potrà sperare di sconfiggere definitivamente un sistema che, nonostante i decenni di lotta, continua a condizionare la vita dei cittadini e delle imprese.

Il futuro della lotta contro il racket

L’impegno contro il pizzo è più che mai una battaglia di civiltà, che deve coinvolgere tutti: istituzioni, imprese, cittadini. Se davvero si vuole una Palermo e una Sicilia libere dalla mafia, occorre una forte alleanza tra chi lotta quotidianamente contro le estorsioni e chi ha il compito di cambiare le condizioni sociali ed economiche che alimentano la mafia. Solo in questo modo, ricordando sempre il sacrificio di Libero Grassi, si potrà sperare in un futuro più libero e giusto.

Vincenzo Ciervo

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