Di Paolo Brogi
Bruno Baldinotti, vent’anni, pilota di un carro M, arso vivo in quella scatoletta di latta con cui il 10 settembre del 1943 aveva attaccato poco sopra le Terme di Caracalla una colonna corazzata tedesca.
Una piccola lapide lo ricorda in Viale Baccelli, sotto un albero. Ogni tanto qualche fascistello passa e l’abbatte. Fa niente, a lungo ne ha difeso la memoria sua sorella Anna lavorando al Museo di via Tasso. Anna è morta cinque anni fa, in una casa di riposo. Poi tre anni fa qualcuno ha riportato a via Tasso la medaglia d’argento conferita alla memoria di Bruno Baldinotti. L’aveva trovata su una bancarella a Porta Portese. Difficile sapere come fosse finita lì…
La colonna dei tedeschi era annidiata tra le sterpaglie, con cannoni da 88 e da 37 mm. Baldinotti li vide, fermò il carro e il cannoncino fece fuoco. I tedeschi risposero. Il carro di Baldinotti fu colpito, Baldinotti e il suo compagno Carlo Lazzerini erano rimasti feriti. Ma il carro italiano continuò a sparare eliminando due postazioni di cannoni da 37. Poi, trafitto da 14 colpi che avevano attraversato quelle lamiere sottili, il carro prese fuoco. E dentro rimase solo cenere insieme a pochi resti anneriti, conservati in una bacheca del Museo di via Tasso.
Ecco, via Baccelli con quella lapide e via Tasso con questa e tante altre cupe storie dei duemila italiani transitati dal carcere nazista per finire magari poi nel famigerato terzo braccio di Regina Coeli. Inizia da questi posti un percorso di memoria che nella città di Roma ha molte stazioni di sofferenza, morte, eroismo, resistenza. A Via Tasso manifesta oggi l’Aned, l’associazione dei deportati.
Il giorno prima, il 9 settembre, era toccata alla Montagnola. Dall’Eur i tedeschi avevano attaccato il Forte Ostiense. La battaglia durò tutto il giorno. Il bilancio fu di 11 civili uccisi e di 42 militari italiani ammazzati. Il panettiere Quirino Roscioni e sua cognata, i contadini Carmine e Maria Dieli-Barile…Salvò molte vite sfidando la morte il quattordicenne Romoletto Corinzi che facendo lo slalom tra le pallottole corse ad avvertire i militari italiani dell’imminente attacco. Romoletto fu ferito…Un monumento ricorda i caduti della Montagnola, da lì parte oggi il corteo indetto dall’Anpi, che si conclude a Porta San Paolo teatro della battaglia del 10 settembre ingaggiata da civili e militari, bilancio finale 400 civili morti di cui 43 donne. Molti i giovanissimi, come Carlo Del Papa di 14 anni, Maurizietto Cecati di 17 o Salvatore Lo Rizzo di 18.
Un po’ oltre alla Magliana sul ponte sul Tevere sono invece caduti le prime vittime della difesa di Roma, otto granatieri del Primo Reggimento di Sardegna. Lo scontro con paracadutisti tedeschi era iniziato alle 21,30 dell’ 8 settembre.
Mancavano ancora parecchi mesi – i nove lugubri mesi dell’occupazione nazista di Roma – alla liberazione del 4 giugno ‘44. Cosa ricordare? Il Portico d’Ottavia con la deportazione degli oltre mille ebrei il 16 ottobre del ’43, il Quadraro con la deportazione di 800 civili il 17 aprile del 44, Ponte Mammolo con i suoi 19 partigiani di Bandiera Rossa fucilati il 22 ottobre (una lapide li ricorda nel carcere di Rebibbia), l’assassinio dello studente Massimo Gizio davanti al liceo Dante e di Teresa Gullace in viale Giulio Cesare, le esecuzioni del Forte Bravetta, la strage delle Fosse Ardeatine il 24 marzo ’44 con i suoi 335 martiri di cui due appena quindicenni (Michele Di Veroli e Duilio Sibei) e nove ancora ignoti, l’assalto ai forni e la strage di donne come in via del Porto Fluviale, i 14 ammazzati a La Storta…
E poi ecco il giugno ‘44, la Liberazione. In via Balbo, dove manifesta oggi la Comunità Ebraica, sorge la sede dei militari della Brigata Ebraica. Una bella foto li mostra sotto il Colosseo libero. L’ultimo caduto della difesa di Roma è un ragazzino di dodici anni, Ugo Forno detto Ughetto. A lungo dimenticato da questa città oggi il suo sacrificio compiuto il 5 giugno, con gli alleati già dentro Roma, mentre cercava con successo di impedire che i tedeschi facessero brillare il ponte ferroviario sull’Aniene, viene ricordato con una scritta al parco Nemorense, una lapide sotto casa in via Nemorense 15, un’altra messa dallewferrovie sotto il ponte salvato e con un giardinetto a lui intitolato a Vescovio. Che cosa manca infine a Roma? Una targa che ricordi le vittime della banda Koch. Bisogna ancora convincere il condominio di via Principe Amedeo 2.