LGBTQ+: le unioni in Asia avanzano verso il progresso

Le molteplici sfaccettature di una realtà in crescita.

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I diritti LGBTQ+ in Asia si rivelano essere un panorama complesso e piuttosto articolato specialmente a causa delle differenze, anche sostanziali, che si rilevano fra Paesi e Regioni prossime fra loro. Accanto a realtà dove i diritti arcobaleno possono mostrarsi ancora in via di sviluppo, a un occhio attento non possono sfuggire quelle che sono le novità importanti, che danno speranza in fatto di libertà e tutele.

LGBT è l’acronimo dell’inclusione ma abbiamo consapevolezza di quanto questa comunità contempli una grande ricchezza di segmenti e, pertanto, pur estendendo al più recente LGBTQ+ la consapevolezza di star rappresentando qualcosa di ancor più grande non tarda a farsi avvertire.

E parlando di diritti LGBTQ+ in Asia, non possiamo non premettere quanto siano un fatto culturalmente complesso e non poche siano le evoluzioni, così come gli stravolgimenti, che il continente ha vissuto nel corso dei decenni. Quando si pensa all’Asia, le prime immagini che vengono in mente sono quelle scene veicolate dai media, le grandi fabbriche della Cina, le strade luminescenti del Giappone o le verdeggianti coste dei Paesi del Sud Est Asiatico. Ma l’Asia è molto più di ciò che mostrano i suoi stereotipi e questo concetto vale specialmente in fatto di cultura e società.

Guardandoci indietro e attingendo alle fonti storiche e letterarie apprendiamo come nelle grandi corti dell’Estremo Oriente del passato, fra la nobiltà ma anche nei quartieri del popolo, l’omosessualità non venisse vissuta uniformemente come un tabù. Basti pensare alla letteratura del Giappone Antico, ai molti versi e racconti che celebrano il cosiddetto “amore per i giovinetti”. Così le corti della Cina, dove l’amore fra uomini non era che uno degli aspetti dell’intimità. Poi il teatro, il trucco, le opere.

Cos’è successo poi? Alcuni studiosi suppongono che l’influsso della cultura occidentale possa aver condizionato l’evolversi della libertà di amare in Asia; tuttavia, rintracciare tutti gli elementi specifici che hanno innescato questi mutamenti risulta complesso. Dopotutto, se volgessimo uno sguardo verso la tradizione dell’Antica Roma, potremmo affermare che anche il nostro amato Vecchio Continente ha subito questi mutamenti e che tutt’oggi le varie ragioni teorizzate non raccolgono unanime consenso.

Tornando ai nostri giorni, ciò che si osserva in Asia è un insieme miscellaneo di società e culture che, anche sulla questione dei diritti, presentano una profonda disomogeneità. Dopo un’epoca, quella a cavallo fra Ottocento e Novecento, in cui la libertà sessuale ha visto castranti restrizioni, abbiamo potuto via via osservare i primi mutamenti a partire dai Paesi maggiori.
Il Giappone ha legittimato nel 1880 i rapporti omosessuali, mentre si è attesa l’alba dei Duemila per la scelta di Cina e Corea. Difatti, La Repubblica Popolare Cinese ha fatto da nuovo apripista, legittimando i rapporti fra persone dello stesso sesso nel 1997 e revocando l’omosessualità dal Chinese Classification and Diagnostic Criteria of Mental Disorders nel 2001, mentre la Corea del Sud ne ha sancito ufficialmente la declassificazione come dannosa e oscena nel 2003.

Allora, cos’è cambiato nell’ultimo ventennio ai diritti LGBTQ+ in Asia? La cultura pop attraverso i media, la letteratura e le altre fonti di intrattenimento è riuscita a dare un grande impulso verso l’inclusione e questo poi ha avuto modo di ripercuotersi sull’immaginario collettivo, toccando la società e arrivando fino alle aziende più interconnesse con il complesso globale. Questo ha determinato una nuova presa di coscienza, specialmente nelle generazioni più giovani che leggono, viaggiano e aprono i loro orizzonti su nuovi modi di pensare la collettività, riportando poi in patria e attorno al proprio contesto quanto appreso.

Questa grande spinta sociale che imperversa il globo e che ha trovato il modo di mettere radici e crescere anche nel panorama asiatico ha portato nuovi Paesi ad aprirsi all’inclusione.
Il 19 novembre 2022, a seguito del precedente annuncio da parte del Primo Ministro Lee Hsien Loong, il Governo di Singapore ha abrogato la Section 377A, ovverosia, una legge di epoca coloniale che criminalizzava i rapporti sessuali fra uomini. La novità è stata accolta con ottimismo dalla comunità LGBTQ+ locale e dai suoi sostenitori che hanno potuto celebrare durante il “Pink Dot” annuale il successo del passo in avanti guadagnato. Ulteriori balzi in avanti sono quelli mossi da Taiwan nel gennaio 2023: i matrimoni fra coppie omosessuali, già consentiti dal 2019, da quest’anno contemplano anche le unioni fra taiwanesi e stranieri, garantendo pari tutele legali a tutte le coppie. Sulla medesima scia, nel giugno scorso anche il Nepal ha legalizzato le unioni ufficiali fra coppie LGBTQ+.

Ognuno dei Paesi del Continente Asiatico conduce una politica differente in fatto di diritti LGBT e possiamo trovare questa varietà non soltanto sulle unioni, ma anche sulle questioni di genere, sul femminismo, e sulle generali garanzie del diritto all’inclusione. In parallelo a dei passi in avanti, tuttavia, permangono ancora difficoltà e insoluti che spingono la comunità LGBTQ+ a chiedere tutele e interventi, poiché una necessità condivisa dalla maggior parte delle realtà, siano esse Occidentali o Orientali, è affiancare a leggi adeguate una solida riorganizzazione delle fondamenta sociali.
Sebbene da una parte le leggi possano garantire una uguaglianza de iure, d’altro canto è vero che permangono ancora diversi stereotipi sociali che inibiscono le persone dal vivere liberamente la propria identità per paura di ripercussioni di tipo sociali a lavoro o nei contesti nei quali vivono, come riportato dalle principali associazioni LGBTQ+ dell’Asia.

A ben guardare, il confronto fra l’Oriente e l’Occidente ci suggerisce che di passi avanti nel tempo se ne sono fatti ma il rischio di inciampare e tornare indietro è sempre in agguato.

 

 

Stefania Barbera

 

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