Quando pensate a una lezione in classe cosa vi viene in mente? L’insegnante che spiega e tutti gli studenti seduti che ascoltano? Allora state pensando a quella che viene chiamata “lezione frontale”. La lezione frontale è un tipo di lezione che vede il professore al centro della scena e gli alunni come ascoltatori. Negli ultimi anni questo tipo di lezione è stata messa in discussione, a favore di una “lezione dialogica”.
Quali sono le differenze?
La lezione dialogica, al contrario di quella frontale vede come protagonisti tutti i membri del gruppo classe, insegnanti e studenti. Se la lezione frontale è spiegata tramite la metafora dell’acquisizione (gli studenti assimilano quello che il docente spiega), questo tipo di apprendimento è associato alla metafora della partecipazione. Ogni studente partecipa in maniera attiva alla lezione: intervenendo e non dialogando unicamente con l’insegnante, ma anche con i pari. La trasmissione del sapere, nella lezione tradizionale, è unidirezionale e il docente è colui che detiene il controllo, colui che decide chi può parlare, come e quando. Le domande che il docente pone sono mirate e spesso contemplano solo una risposta possibile. Una delle critiche fatte a questo tipo di lezione è quello di insegnare come se tutti gli studenti fossero identici nel modo di comprendere i concetti, come se apprendessero tutti allo stesso modo. Non è così.
Lezioni frontali alternative
Vi sono casi in cui, come la trasmissione di regole grammaticali, l’insegnante non può far altro che utilizzare la lezione frontale. Esistono alcune varianti a questo tipo di lezione, che, anche se sempre legate alla metafora dell’acquisizione, offrono un tipo di lezione diversa dal solito. La flipped classroom, ovvero la “classe capovolta”, in cui gli studenti studiano la lezione a casa e dedicano il tempo in classe ad attività di vario genere, o la lezione miliare, un tipo di apprendimento diviso in quattro momenti che prende in considerazione ciò che gli studenti già sanno.
La lezione dialogica: partecipare e creare
Da una didattica centrata sulla figura dell’insegnante si passa a una didattica che si concentra sullo studente. L’insegnante è visto come un facilitatore delle discussioni, il mediatore, un aiutante degli scambi dialogici. Il docente e gli studenti lavorano insieme, in un rapporto fondato sulla reciprocità. Ogni membro di questo sistema è aperto alla collaborazione e all’esplorazione. La conoscenza non viene detenuta solo dall’insegnante, ma anzi viene prodotta e trasformata da tutti. La lezione dialogica aiuta a sviluppare il pensiero critico degli studenti, la loro capacità di ascolto e la cooperazione, tramite diverse attività, che possono cambiare in relazione all’età.
Voti e volti
La scuola è ancora il santuario dei voti. Gli studenti spesso arrivano a credere di essere quel voto, a non saper scindere i voti da loro stessi. Quindi prendere un cinque significa essere un cinque nella vita, non saper fare niente, non andare bene, essere fuori posto. Prendere un otto significa, magari, non essere abbastanza, dover pensare di poter dare di più, sempre di più, tanto da non sentirsi mai, inesorabilmente, completi. Premettendo che si debba sempre ricordare agli studenti che loro non sono i voti che prendono, sarebbe bello se la scuola non fosse vista solo come un luogo di valutazione delle proprie conoscenze, ma come un luogo di partecipazione, di creazione e di condivisione. Un luogo dove non esiste solo l’insegnante e la materia che insegna. Vedere i volti dietro ai voti; vedere, magari, prima i volti.
Un modo diverso di valutare
Il giudizio nella lezione dialogica non si basa unicamente sulle conoscenze dello studente, si prende in considerazione tutti i fattori che entrano in gioco nel processo di interazione: il confronto, l’ascolto reciproco, l’originalità, la capacità di analisi, l’impegno nella partecipazione attiva.
Perché in Italia viene dato poco spazio a questo tipo di insegnamento?
La lezione dialogica è utile per sviluppare il senso civico degli studenti e i valori propri di una società democratica. Perché, allora, la lezione prediletta è quella frontale? Non vi è una risposta univoca a questa domanda. Forse perché il sistema scolastico italiano è rimasto attaccato a un’idea di scuola che imponeva ordine e disciplina, una scuola che voleva i ragazzi tutti identici: degli studenti senz’anima. In questo modo potevano essere plasmati come era imposto dall’alto. Il potere che aveva l’insegnate una volta non è molto diverso da quello che ha oggi. Adesso una differenza c’è però: gli insegnanti possono scegliere. Possono scegliere di non essere i controllori dell’ordine, ma educatori, aiutanti, motivatori. Porre al centro della lezione, oltre alla conoscenza, il dialogo, la curiosità, le discussioni, l’agentività degli studenti.
Ginevra Dinami