Olimpia Coral Melo è una giovane messicana nata a Huauchinango, nello Stato di Puebla, diventata attivista dopo aver subito molestie sessuali da parte del suo partner. Dopo un lungo periodo di malessere, a causa delle violenze subite, decide di attivarsi per creare una tutela, fino a quel momento inesistente, nei confronti di questa specifica molestia. La lotta contro le violenze digitali di Olimpia Coral Melo da vita, così, alla “Ley Olimpia”.
Una violenza non riconosciuta
È ancora una ragazzina, Olimpia, quando il suo partner diffonde video e fotografie della loro vita intima, che diventano velocemente virali contenuti pornografici diffusi da migliaia di utenti. Questo episodio ha gravi effetti emotivi sull’ancora giovanissima Olimpia, che le causano una grave depressione che la porterà a tentare il suicidio. Olimpia trova la forza per reagire nella sua famiglia: “la prima persona che mi disse che non era colpa mia fu mia mamma, il mio posto sicuro”, per settimane si rifugia in casa al riparo da giudizi e insulti che arrivano dalle chiacchere del piccolo paese di provincia e dal web. La difficoltà che molte persone trovavano nel provare a comprendere la sua sofferenza, dichiarerà Olimpia anni dopo all’interno di un’intervista, stava nel fatto che è una tipologia di violenza, quella digitale, che non ha a che fare con l’abuso fisico, “se non ti hanno toccata non è vera violenza”, le dicevano. A questo si aggiungeva il tabù sessuale che riguarda ancora troppo le donne e il loro diritto al piacere. Olimpia Coral Melo decide quindi di dare un nome e una riconoscibilità a un atto che non è sessuale ma che è violazione.
La gente non ha idea di cosa crei quel tipo di violenza. Limitano la tua libertà, la tua privacy, la tua mobilità, la tua vita. E lo accetti perché credi di essere colpevole. Ecco perché l’accesso alla giustizia è quasi impossibile. Ogni “mi piace” a quelle pubblicazioni è un’aggressione, ogni “mi piace” è un colpo. Ogni volta che qualcuno condivide contenuti intimi di una persona che non lo ha permesso è come uno stupro.
La lotta contro le violenze digitali di Olimpia Coral Melo da vita alla “Ley Olimpia”
La lotta contro le violenze digitali di Olimpia Coral Melo inizia nel 2014, quando presenta una proposta di legge al Congresso di Puebla. Quattro anni dopo lo stato stabilisce delle modifiche al Codice penale introducendo la tipizzazione del delitto di violazione della privacy sessuale, di cyberbullismo e di diffusione di contenuti sessuali senza il consenso dei soggetti coinvolti. L’8 dicembre 2018, con voto unanime, il Congresso di Puebla approva la riforma e nei mesi a seguire sono molti gli Stati che decidono di aderire al rinnovamento. Nel 2019, è il turno del Congresso dell’Unione di Città del Messico, che approva la “legge Olimpia” che determina l’aumento delle sanzioni penali per chi commette violenza digitale contro le donne. Il momento storico arriva con l’estensione a livello nazionale della legge data dall’approvazione del Senato. È il 5 novembre 2020 quando Olimpia Coral Melo e le decine di attiviste arrivate da tutto il Paese festeggiano la vittoria della loro battaglia presenziando alla seduta del Senato. Quel giorno la giustizia si colorò di viola, il colore con il quale le femministe scelsero di truccarsi e vestirsi.
È una storia di coraggio quella di Olimpia Coral Melo che ha deciso di identificare la violenza subita, scelto di darle un nome e, inoltre, trovato il modo per sanzionarla. Ha trasformato la sua esperienza in un evento plurale, promovendo la creazione di una legge che ha la capacità di difendere tutte le donne messicane. Il suo attivismo continua ogni giorno portando avanti la sua e altre battaglie.