Bangladesh, l’ex prima ministra Sheikh Hasina è indagata per omicidio

ex prima ministra dimissioni di Sheikh Hasina

L’ex prima ministra del Bangladesh Sheikh Hasina è finita sotto indagine con l’accusa di omicidio per la repressione molto violenta messa in atto dalla polizia in occasione delle manifestazioni studentesche esplose quest’estate a Dhaka, la capitale del paese. Attualmente Hasina è in India dove è fuggita dopo essersi dimessa dal governo del paese il 5 Agosto scorso. Assieme alla prima ministra sono sotto indagine anche altre sei importanti personaggi del suo governo tra cui il ministro dei Trasporti Obaidul Quader.

Le manifestazioni, di stampo soprattutto studentesco, sono andate avanti per varie settimane in tutto il paese e sono esplose in seguito alla decisione di riservare alcuni posti pubblici ai familiari dei reduci della guerra di indipendenza dal Pakistan del 1971. Tale decisione, considerata da molti discriminatoria e non meritocratica, riguarda anche una professione estremamente ambita in Bangladesh poiché ben retribuita.

Durante quei giorni la polizia, su ordine del governo ha utilizzato la violenza contro i manifestanti e in più occasioni ha sparato indiscriminatamente contro la folla. Le stime più accertate hanno contato oltre 400 persone uccise, in certi casi fucilate sul posto, e oltre 11.000 arresti spesso su ordine della stessa Hasina la quale ha definito i manifestanti non studenti, ma «terroristi decisi a destabilizzare la nazione».

L’accusa contro l’ex prima ministra è stata presentata dall’avvocato Mamun Mia per conto di un cittadino privato, l’imprenditore Amir Hamza. L’indagine prende in esame l’omicidio di Abu Saeed: un negoziante ucciso il 19 Luglio scorso con un colpo alla testa mentre attraversava la strada. Secondo lo stesso Hamza quel giorno:

«La polizia ha sparato indiscriminatamente su una folla di studenti che protestavano pacificamente e in quell’occasione un proiettile ha colpito Abu Saeed »

Lo stesso imprenditore ha anche chiarito che non ha legami di parentela con la vittima, ma ha deciso di rivolgersi al Tribunale per sostenere la famiglia del droghiere che non avrebbe avuto i mezzi finanziari per presentare il caso. L’apertura dell’indagine rappresenta il primo passo del processo penale secondo la legge bengalese.


L’ex prima ministra Hasima, sostituita adesso a Dhaka da Muhammad Yunus, professore di economia e premio Nobel per la Pace nel 2006, era al governo del paese da 15 anni e il suo governo negli anni è stato più volte accusato di corruzione dilagante e violazione dei diritti umani. Nel novembre del 2023, ad esempio, in occasione delle elezioni politiche il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite segnalò gravi abusi e continue violenze contro la popolazione civile da parte del governo.

In particolare in quell’occasione vennero registrati numerosi arresti, sparizioni forzate, torture ed esecuzioni extragiudiziali accompagnate dal blocco di Internet con lo scopo di non far diffondere notizie avverse al governo. Quelle elezioni vennero poi vinte dalla Lega Awami, il partito di Sheikh Hasina, che ottenne, anche per via del boicottaggio delle opposizioni, oltre ¾ dei seggi parlamentari.

Grave anche il trattamento riservato dal governo bengalese ai rifugiati di etnia Rohingya provenienti dal Myanmar. Si tratta di oltre un milione di persone a cui sono state imposte crescenti restrizioni e a cui l’accesso all’istruzione e al lavoro è stato gravemente limitato. Al loro arrivo in Bangladesh i rifugiati sono spesso radunati all’interno di campi di accoglienza dove però non è garantita la loro sicurezza e sono invece sempre più diffuse violenze e abusi da parte di gruppi armati.

Le dimissioni della ex prima ministra bengalese, che come annunciato dal figlio Sajeeb Wazed Joy tornerà nel paese quando solo quando saranno indette nuove elezioni, arrivano al culmine di un lungo periodo di tensioni e violenze interne al paese. Il nuovo governo Yunus ha come obbiettivo principale quello di portare il paese a nuove elezioni come espressamente richiesto anche dai manifestanti. Gli stessi manifestanti hanno chiarito anche che non accetterebbero mai alcun governo guidato da militari. Possibilità che in passato si è più volte concretizzata in Bangladesh.

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