È da poco tempo che il mercato della cannabis ha aperto le sue comunicazioni a un tipo di mercato più grande, che va oltre lo stereotipo dell’appassionato. Poiché ad oggi tanto in America quanto in europa l’utilizzo ricreativo di determinati principi attivi derivanti dalla pianta della canapa è da considerarsi legale, c’è una crescita culturale costante che sta portando a degli smottamenti non di poco mondo per l’universo del marketing per chi vende CBD.
Sempre più marchi stanno quindi cesellando le proprie strategie di marketing per aumentare i segmenti di consumatori interessati da eventuali campagne pubblicitarie. Basta farsi un giro in rete per trovare dichiarazioni di CFO e altri figure apicali in grandi aziende che trattano in questo genere di prodotti per scoprire che avere USP specifiche per dei mercati diversi da quello standard porta a piccole rivoluzioni numeriche e non.
Ad oggi acquistare dei vaporizzatori per vegetali essiccati è un qualcosa che si può fare anche soltanto se si è curiosi nei confronti del mondo della cannabis, non si deve per forza essere degli appassionati.
Questa evoluzione culturale in che maniera sta cambiando il modo di vendere CBD? Andiamolo a scoprire insieme.
Non si può fuggire dal tempo che passa
Da un punto di vista percettivo è indubbio: la cannabis sta cambiando agli occhi dei potenziali consumatori, diventando una specie di bene di lusso. Guardando all’America, ad esempio, l’utilizzo di prodotti a base di CBD sta andando a sostituire il gusto del vino lussuoso da provare a fine pasto, all’interno di un ottica in cui si identifica il prodotto al CBD come un qualcosa da fare per il gusto del proprio benessere.
È chiaro che non è una sorpresa per nessuno vedere alcuni grandi marchi d’oltre oceano iniziare a modificare il proprio aspetto visivo dal punto di vista del marketing per iniziare a diventare appetibili per questo genere di consumatori: persone che non sono interessate all’aspetto ribelle della cannabis, quanto più alla sua nuova posizione di sostanza legata al benessere personale.
Secondo delle dichiarazioni fatte dal CMO di MyRemede, piccolo brand di CBD americana, il mercato della cannabis sta anche “invecchiando”. Se una volta tutto quello che si poteva immaginare da un punto di vista economico verteva sui portafogli dei giovani e dei giovani adulti, a oggi la forbice si sta allargando verso l’anzianità. Questo perché sempre più ricerche scientifiche suggeriscono delle ampie potenzialità della sostanza all’interno di contesti di lotta a particolari sintomi e malattie che sono più comuni nelle fasce di popolazione più anziane.
Avere a che fare con gli anziani, inoltre, implica un fattore particolarmente interessante: il potere d’acquisto nel contesto economico attuale è maggiore; questo implica che c’è maggiore possibilità di penetrazione dei prodotti anche con prezzi maggiori e maggiore spazio di manovra per realizzare prodotti dall’aspetto (e dal prezzo) premium.
Cosa è possibile ottenere dai nuovi canali di comunicazione per il marketing?
Nonostante la pandemia sia ormai un ricordo del passato è inutile girarci attorno: alcune delle nozioni apprese dalle aziende durante quel particolare periodo di tempo sono restate nella cultura comune e sono diventate parte integrante delle strategie dei più illuminati.
Nonostante il passaparola resti ancora lo strumento di comunicazione più efficace per questo genere di prodotti, caratterizzati dall’importanza dell’esperienza personale e dall’assenza di un collegamento con eventuali status symbol, diverse testimonianza vanno a favore dell’importanza di comunicazione digitale efficace.
In questo caso la comunicazione digitale efficace sembra essere anche accompagnata da tutta una serie di documentazione di carattere scientifico, utile nella trasformazione della narrativa che accompagna il CBD.
Un’altra scelta che si sta dimostrando positiva dal punto di vista del marketing, anche se in Italia ancora non ha attecchito molto a causa della fiscalità tutto fuorché amichevole verso questo genere di impresa, è il mondo dell’affiliazione. Le grandi aziende che vendono prodotti a base di CBD per cercare di incentivare il passaparola solitamente spingono gli utenti a diventare partner di programmi di affiliazione, in modo da creare un sistema pro attivo per parlare dei prodotti di quell’azienda a chi si ha vicino.
La narrativa deve modificarsi, costi quel che costi
È chiaro che restino in gioco tutta una serie di meccanismi narrativi e legali che ancora impediscono al mondo della cannabis di fare il salto di qualità in termini di comunicazione, diventando sostanzialmente sovrapponibili a quanto abbiamo visto fare con altri prodotti entrati nel mercato di massa.
In questo caso, oltre a cambiamenti nelle leggi che sono attesi da molti, quello che le aziende devono fare è portare avanti una rivoluzione narrativa di come la cannabis e il CBD vengono percepiti dall’acquirente medio. Più facile a dirsi che a farsi, di questo ne siamo certi, ma anche obbligatorio per poter rendere i prodotti in questione adatti ai mercati globalizzati di oggi.