Lettera allo Stato che è stato

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Rosanna Marani

Di Rosanna Marani 

 

Scrivo per sfogarmi questa letterina, a nome di un qualsiasi cittadino che vive in Italia oggi e che non avrà mai risposta se non la rivolta civile, non violenta.

Caro Stato che è stato, desidererei sapere cosa fai con le mie tasse, ovvero cosa fai per me.

Ho la casa e il negozio allagati, ti ricordi i condoni edilizi che hai regalato a man bassa?

Ecco il conto che pago io. Rabbia.

Sono ammalata e faccio in tempo a morire prima di farmi visitare nella data fissata, tra un anno alla Asl di competenza.

E se dovrò essere operata meglio che scelga molto bene un medico non medico raccomandato dai tuoi soloni, che magari sbaglia col bisturi e zacchete risolve tutti i miei problemi in un minuto. Così i miei figli poi dovranno fare a botte per seppellirmi bypassando la lobby dei becchini.

Ecco il conto che pago io. Sofferenza.

Sono disoccupata, la ditta dove lavoravo, ora commissiona la mano d’opera all’estero. Ed io devo vivere di carità.

Ecco il conto che pago io. Angoscia.

Sono stata sfrattata, e non posso occupare una casa che è già stata occupata da un altro poveraccio come me. Vivo in roulotte.

Ecco il conto che pago io. Disagio.

Ho una età quasi da pensione, ma la pensione sarà se sarà minima, insufficiente a farmi vivere una vecchiaia decente. Che debbo fare? Rovistare nei cassonetti?

Ecco il conto che pago io. Povertà.

I miei figli non vanno a scuola. Perché? È caduto un calcinaccio dal soffitto sotto un tetto di eternit che per poco non li ammazzava. Resteranno ignoranti ma almeno vivi.

Ecco il conto che pago io. E che pagano i miei figli. Ignoranza.

Mia figlia non può uscire di casa la sera. Orde di assatanati giovinotti che provengono da terre lontane e che hanno la donna schiava al loro paese, pensano che le nostre figlie, le nostre donne siano ragazze facili.

Così le stuprano, che tanto se lo sono voluto loro.

Tu, corsi di informazione per avvisarli che qui è un’altra musica li fai oppure ti limiti ad ammassare gente come topi nelle fogne dopo averli accolti?

Ecco il conto che pago io. E che paga mia figlia. Paura.

Non possiamo girare per la città, non è garbato vedere gente che urina e defeca e si fa la doccia nelle fontane.

Ecco il conto che pago io. Indecenza.

Caro Stato, fai attenzione. Io non ho votato i tuoi onorevolissimi onorevoli parassiti, non me lo hai permesso. È faccenda tua, tutta tua.

Sappi però che la misura è colma, esonda.

E come puoi constatare, condona una volta condona due volte, alla terza, il fiume straripa e si porta a valle ogni cosa.

Compreso i detriti di una politica che sa solo di fango, di appropriazione indebita, di interessi personali, di corruzione, di inciuci. Di spregio e sfregio alla civis. E alla Nazione.

Ecco, io il conto l’ho pagato.

Ora aspetto che sia tu a saldare ogni debito. Con gli interessi.

Tua ex cittadina

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