Lettera al Presidente Draghi. Dovete fermare l’assedio in Palestina!

Palestina assedio in Palestina

Egregio Signor Presidente del Consiglio dei Ministri,

La gravità degli eventi degli ultimi giorni in Palestina è sotto gli occhi di tutti e non c’è da essere ottimisti su una risoluzione spontanea in tempi brevi. Gli organismi internazionali e le potenze mondiali non stanno facendo abbastanza per fermare la carneficina che si sta consumando a Gaza, le violenze e le uccisioni in Cisgiordania e nelle città israeliane.

Lei e i suoi colleghi, Presidente, avete una responsabilità e un potere molto più ampio di quello di “esprimere preoccupazione” e “sollecitare la de-escalation”. Portate sulle spalle le responsabilità dei governi che vi hanno preceduto, avete il potere politico e diplomatico per agire, oltre che il dovere morale di farlo in fretta.




Lei ha chiamato “dittatore” il Presidente turco Erdoğan perché, diceva, bisogna chiamare le cose con il loro nome. Ha ragione, dobbiamo essere in grado di nominare precisamente quello che vediamo e quello che accade: è il primo passo per poter cercare di capire.

Ma allora come dovremmo chiamare quello che sta succedendo in questi giorni? Come dobbiamo chiamare la decisione illegittima di cacciare delle famiglie dalle loro case se non espulsioni forzate? Che parola usare per i bombardamenti su una striscia di territorio di 40 km, da cui non è possibile fuggire in nessun modo, se non crimine di guerra? Sono obbiettivi mirati quelli che uccidono decine di civili, tra cui donne e bambini, per neutralizzare uno o due dirigenti di Hamas? Qual è il nome da dare ai linciaggi e ai rastrellamenti che stanno avvenendo a Lod, Gerusalemme, Bat Yam, Haifa, Acri e in tante altre città?

Quella che stiamo vedendo non è una guerra. Non ci sono due eserciti in campo. C’è una forza occupante, che possiede uno degli eserciti più potenti del mondo, e una resistenza che sta rispondendo con le armi che ha. Dalle proteste pacifiche, ai sassi, fino ai razzi Qassam. Se si condannano i razzi, perché perdoniamo le bombe? Il diritto di difesa va esercitato in maniera proporzionale e non può avere un senso così arbitrariamente manipolabile. Israele non si sta difendendo: sta attaccando, dobbiamo riconoscerlo. E lo sta facendo da decenni, con il preciso scopo di rendere invivibile la condizione dei palestinesi e ridurne la presenza fino a farli scomparire.

Il 15 maggio 1948 viene ricordato dal popolo palestinese come il giorno della Nakba (la catastrofe) quando, in seguito alla creazione dello stato di Israele, decine di villaggi vennero distrutti e 700 mila palestinesi furono costretti a fuggire dalle proprie case. Oggi, 15 maggio 2021, dobbiamo ammettere che la Nakba non ha mai avuto fine.
L’Italia, l’Europa e il mondo (con pochissime eccezioni) sono stati troppo a lungo a guardare in silenzio la pulizia etnica che da decenni sta andando avanti in Palestina. Anzi, hanno voltato lo sguardo altrove, come sempre fanno, verso i loro interessi e le loro convenienze.

La condizione che subisce il popolo palestinese ha nomi ben precisi: occupazione, apartheid, colonialismo, violazione sistematica dei diritti umani. Quando finalmente cesserà il fuoco, quando la conta dei morti sarà terminata, tutto questo rimarrà.

Lei è mai stato in Palestina, Presidente? Io sì, ho avuto questa fortuna. Ho visto il muro della vergogna e i check point che i palestinesi sono costretti ad attraversare ogni giorno per andare al lavoro o per spostarsi da una città all’altra. Ho visto le scuole fatte di copertoni perché non c’era più altro per costruirle. Ho visto la Spianata delle Moschee e la cupola d’oro di Al-Aqsa, luoghi sacri e bellissimi, che anziché essere protetti come impone il diritto internazionale sono stati macchiati di sangue.
Lei e io, Presidente, siamo fortunati. Possiamo facilmente prendere un aereo e arrivare in questi luoghi. Perché ai palestinesi del ’48 questo diritto non viene riconosciuto? Perché i gazawi sono rinchiusi in uno dei territori più densamente popolati della terra senza possibilità d’uscita?

Signor Presidente, lei non è un politico di professione, ma non serve un politico per comprendere l’ingiustizia. Non c’è un altro modo di chiamare quello che da decenni subisce la Palestina. Gli ultimi eventi ne sono la prova più tragica e recente. La manipolazione oscena dei mezzi di comunicazione e il silenzio colpevole delle nostre istituzioni deve finire.

Questo è un appello disperato di chi non riesce più a vedere le immagini di morte che ci sommergono tutti i giorni da dietro uno schermo senza fare nulla. Migliaia di persone in tutto il mondo stanno scendendo in piazza per protestare, ma non basta. Finché i nostri governi non ascolteranno queste proteste e non agiranno con determinazione, l’odio continuerà a prevalere. E tutti voi, che avete avuto la possibilità di agire ma non l’avete fatto, continuerete ad avere le mani sporche di sangue.

Giulia Della Michelina

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