Nell’isola greca di Lesbo una donna e un bambino sono morti nell’incendio di un container che sembra sia stato di natura accidentale: le fiamme sarebbero scaturite dal corto circuito di un cavo. Ma è bastato per far scoppiare la rivolta dei migranti, soprattutto afghani che, esasperati dalle invivibili condizioni del campo profughi di Moria, hanno appiccato il fuoco nelle tendopoli. Si sono verificati violenti scontri con la polizia che è ricorsa all’uso dei gas lacrimogeni.
15 i feriti portati fuori dal campo e assistiti da Medici senza frontiere, che a Mitilene gestisce la clinica pediatrica e attività per la salute mentale, dove ha eccezionalmente ricevuto 21 pazienti, di cui 8 codici gialli, oltre a diversi bambini e adolescenti ai quali sta fornendo supporto psicologico. La ONG ritiene l’accaduto, lungi dall’essere un incidente, la diretta conseguenza dell’ospitare 13.000 persone nella struttura di Lesbo, che ha una capienza di 3.500 posti.
La situazione nel campo è sfuggita di mano, sembra anche a causa dei ritardi nell’arrivo dei vigili del fuoco. I soccorsi sono stati ulteriormente rallentati dalle pietre lanciate contro i pompieri e la polizia dai migranti stessi, attualmente indagati.
C’è confusione anche nelle informazioni che si susseguono dal luogo della tragedia: la notizia della donna deceduta, data dall’Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, è stata confermata dalle autorità locali, ma al Ministero della Sanità greco non risulterebbe la morte del bambino.
La crisi nella gestione dell’ondata migratoria nonostante gli accordi con la Turchia
La Grecia non riesce più a gestire i flussi migratori, un problema denunciato da tempo dal sindaco Stratis Kytelis, il quale ha confermato che la situazione nell’isola è piuttosto tesa. Per allentare la pressione, il governo greco sta discutendo un nuovo progetto di legge che modifichi le procedure di asilo.
A Lesbo già da mesi si era registrato un aumento degli sbarchi di migranti dalla Turchia, nonostante gli accordi stretti dall’UE con quest’ultima: oltre 7.000 persone nel solo mese di settembre, più di 9.000 a partire da agosto. L’intesa prevede che le persone che non sono in possesso dei requisiti per la domanda di asilo ritornino da dove sono partite, a fronte di un importante contributo economico messo in campo dall’Europa per la Turchia, che ha aumentato i controlli.
Ma alla iniziale diminuzione delle partenze è seguito un ulteriore aumento; peraltro sono stimati in oltre 10.000 i candidati che sarebbero in possesso dei requisiti per ottenere lo status di rifugiato, che in quanto tali non potrebbero comunque, in base agli accordi, tornare in Turchia.
Trasferimenti insufficienti e strutture inadeguate
Un problema fondamentale è dato dalla lentezza nelle pratiche. La richiesta dei migranti, sfociata nella protesta, era quella di essere spostati sulla terraferma, ma i trasferimenti nella zona continentale della Grecia sono lenti e insufficienti. Il ministero per la Protezione dei cittadini ha varato un piano che prevede il trasferimento nelle strutture interne alla penisola di 10.000 richiedenti asilo attualmente alloggiati nei centri presso le isole, dove vivono circa 28.000 rifugiati.
Nelle strutture provvisorie, del tutto inadeguate all’accoglienza di un così alto numero di persone, vi sono richiedenti asilo alloggiati da mesi, in alcuni casi da oltre un anno. Nel 2018 l’UNHCR aveva esortato le autorità greche a spostarli, dopo aver preso atto delle condizioni in cui erano alloggiati.
Medici Senza Frontiere: “Evacuazione immediata”
Secondo Medici Senza Frontiere, il 40% della popolazione è composta da bambini, di cui circa 1000 sono minori non accompagnati. “I nostri medici e psicologi vedono ogni giorno pazienti che dovrebbero essere evacuati urgentemente, per essere accolti in strutture mediche attrezzate. E invece sono costretti a sopravvivere in condizioni impietose nel campo di Moria, in una lotta quotidiana per la sopravvivenza”, ha commentato Marco Sandrone, capo progetto a Lesbo per MSF.
“È chiaro come la responsabilità di questa situazione sia di natura politica”, ha aggiunto. “Chiediamo l’evacuazione immediata per i più vulnerabili affinché siano trasferiti in strutture adeguate dove possono accedere alle cure mediche di cui hanno bisogno”.
Camillo Maffia